Scheda
Umberto Tirelli (Modena, 22 febbraio 1871 – Bologna, 1 agosto 1954) è stato un artista che si è distinto tra i maggiori caricaturisti della sua epoca. Oreste Cenacchi in 'Vecchia Bologna' (Zanichelli, 1926) ci consegna un suo vivido ritratto insieme ai mattatori dell'Accademia della Lira: "Ricordo di avere visto una sera quel meraviglioso caricaturista che è il Tirelli declamare e mimare un canto dantesco con tali accenti, tali mosse e tali contorcimenti da far meravigliare l'uditorio, non facile a sorprendersi di molte cose, e da uscirne lui senza voce e tutto madido di sudore".
In occasione della sua morte diversi amici e conoscenti poterono ricordarlo nei quotidiani. "Ieri, nella sua casa di via Montegrappa 10, si è spento il pittore e caricaturista Umberto Tirelli. Era nato a Modena nel 1871. A Modena aveva diretto il Duca Borso e il Marchese Colombi, giornali umoristici famosi negli anni dal 1907 al 1910. A Bologna aveva, con Testoni, dato vita al Punto, rivista teatrale ed al Mulo in contrasto con l’Asino. Nel 1918 aveva vinto il concorso internazionale della caricatura a Londra, con «I protagonisti» caricature spietate dei capi di Stato belligeranti della prima guerra mondiale: lo paragonarono a Max Birbon. Dal 1919 al 1922 aveva dato vita al «Teatro delle teste di legno», (burattini riproducenti in caricatura trecento personaggi della politica dell’arte della letteratura e del teatro dell’epoca) con il quale fece una famosa tournée. Disegnò per il Resto del Carlino fino al 1935 le caricature degli attori cinematografici. Nel '51 espose alla Quadriennale d'arte a Roma con terrecotte dipinte che furono acquistate quasi tutte dalla Galleria d'Arte Moderna. Nel '52 tenne a Bologna un'altra esposizione. Nel '53 ne tenne un'altra a Modena. Nel '54 espose alla mostra di «Vecchia Bologna». Con Tirelli, lontano essendo ormai Majani (Nasica), scompare la testimonianza di mezzo secolo di vita artistica bolognese (viveva nella nostra città dal 1908) l’ultima scanzonata scapigliatura. Per cinquant'anni Tirelli ha fissato su grandi fogli di carta o in piccole sculture gli avvenimenti e i personaggi della città. La sua alta, massiccia figura nella quale spiccavano due occhi piccoli e impietosi, era facile, fino all’ultima guerra, vederla rannicchiata in un angolo di qualche caffè: con le grandi dita maneggiava una piccola matita su esigui pezzetti di carta, lanciando occhiate attentissime ai più noti frequentatori (che tremavano). Un bel giorno, veniva fuori una composizione nella quale i personaggi erano portati al limite estremo della deformazione caricaturale. Straordinariamente riconoscibili, la loro umanità era tuttavia ridotta ad un rapporto si sarebbe detto animale, di irresistibile effetto. Fu l’illustratore della vita degli ultimi caffè cittadini. Ma nascondeva, sotto la matita spietata del deformatore, un delicatissimo, pudico, tenero amore per la pittura pura. Diceva che di lui, vivo, si dovevano conoscere solo le caricature; morto, avrebbe invece affidato al giudizio degli altri i suoi quadri: paesaggi di piccolo formato, che pochi intimi conoscevano, e dei quali cercava, quasi con trepidazione, il giudizio. Macchie di colore, scorci rapidi colti in momenti felici di spirito, in rapporti esatti di luce. Dalla spietatezza della caricatura passava alla poesia. Ha lavorato fino all’ultimo, in quel suo studiolo sui tetti della sua casa, zeppo di quadri, e di grandi album di caricature (aveva una collezione fra le più ricche possibili di tutte le pubblicazioni satiriche d’Europa) di piccole sculture dove il suo estro trovava un altro valido sfogo. Lo ricordiamo seduto vicino al trespolo, il viso squadrato e segnato, gli occhi vivi e acutissimi, la risata arguta e tonante, la battuta pronta, a ottant’anni come quando era giovane. E il segreto della sua arte era forse in quella prorompente vitalità, che conservava il cervello miracolosamente vivo e brulicante di idee e di progetti. Preparava una mostra, l’ultima, che voleva tenere a Modena dov’era nato. A Modena invece tornerà lui, morto, com'era suo desiderio. Lo accompagna il nostro commosso, affettuoso ricordo".
Anche Alessandro Cervellati ne dà la notizia sui giornali: "Avevamo visto Umberto Tirelli nel maggio di quest’anno, quando in occasione della Mostra Visioni di Bologna, ci eravamo recati da Lui perchè volesse, con il suo concorso contribuire al successo della indovinata iniziativa de La famèia bulgneisa. Ed infatti con quella gentilezza che gli era propria, mise a nostra disposizione e statuette e disegni che destarono interesse e ammirazione vivissima. Ci disse allora Tirelli, che il desiderio di lavorare, di produrre sia nel campo delle caricature come in quello della pittura (per la quale aveva una passione che teneva pudicamente celata), ci disse che lo assillava continuamente, e che la sorte gli aveva riservato la dolorosa condizione di togliergli la possibilità fisica per poter realizzare, lasciandogli intatte invece quelle della mente. Ma di fatto Tirelli aveva lavorato fino all’ultimo: la statuetta riproducente il pittore Gino Marzocchi, opera mirabile per l’acutezza con cui i caratteri più riposti del soggetto sono rivelati, fu realizzata nel 1953. Povero Tirelli! Le penose condizioni fisiche, che gli rendevano la vita una continua sofferenza, gli facevano in questi ultimi tempi desiderare la morte nei momenti di scoramento: il 2 agosto questo artista, questo caricaturista la cui arte poteva farlo considerare uno spietato denunciatore delle tare fisiche dei nostri simili, e che invece era uomo di sentimenti delicati e generosi, ha chiuso gli occhi per sempre, quegli occhi, che avevano indagato con estremo interesse e con singolare acume il rebus della fisionomia umana. Per quanto nato a Modena (nel 1871), Bologna lo considerava artista concittadino: del resto da quasi mezzo secolo il Tirelli era fra noi (essendo ospite della nostra città dal 1908); da quell’anno la sua matita ha ritratto tutto il mondo bolognese della politica, dell’arte, della mondanità, continuando a ritrarre i suoi simili fino a poco prima che la morte ce lo strappasse. Il numero dei personaggi caricaturati da Tirelli è straordinariamente numeroso: la raccolta dei giornali umoristici bolognesi ce ne offre un esempio cospicuo; basta sfogliare i numeri del Fittone, del Punto, del Bianco e Nero, del Giornale delle Beffe, ecc., per sincerarsene. Inoltre il suo estro si è sbizzarrito in numerose tavole riproducenti personaggi al caffè, o radunati in ampie composizioni realizzate con le tecniche più svariate, dall’acquerello alla tempera, dal pastello all’olio. Numerosissime sono le statuine policrome di figure bolognesi che il Tirelli ha modellato sempre con quello spirito caustico e quell’evidenza del carattere di cui solo quest’artista possedeva il segreto. Per intendere bene le possibilità del Tirelli, basterebbe esaminare attentamente la serie di personaggi ed attori del cinematografo da lui caricaturati durante gli anni 1930-33 nella pagina dedicata al cinematografo del Resto del Carlino. Alcune fisionomie dei divi di quel tempo sono state ritratte e rese con prodigiosa e inequivocabile sorprendente rassomiglianza. Tirelli è stato davvero, un maestro nell’afferrare energicamente e denunciare radicalmente tutti gli elementi caratteristici che valorizzano una fisionomia; spesso anzi, ha spinto la ricerca del carattere alle sue più estreme conseguenze tanto da giungere a deformazioni perfino allarmanti, ma che nulla toglievano alla somiglianza assoluta. Salutiamo la partenza di Tirelli con accoramento: con lui scompare un artista dotato di rarissime possibilità d’intuizione e d’osservazione, uno dei rari superstiti di un’arte la cui linfa pare oggi sia andata disseccandosi e disperdendosi".
Nel 2018 il Comune di Modena ha siglato un accordo con un collezionista per "avviare una campagna di studi sulla figura di Umberto Tirelli a partire dai materiali del privato messi a disposizione degli operatori dei Musei, finalizzata a realizzare una mostra temporanea e un catalogo antologico - scientifico dedicati all’artista".