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Massimo Rendina detto/a Max

4 gennaio 1920 - [?]

Scheda

Massimo Rendina, «Max», da Federico e Maria Manara; nato il 4 gennaio 1920 a Mestre (VE). Nel 1943 residente a Bologna. Studente alla facoltà di giurisprudenza dell’università di Bologna.
Prestò servizio militare in fanteria nei guastatori con il grado di sottotenente e partecipò alla campagna in URSS.
Congedato nell’autunno 1942, nel dicembre fu nominato condirettore di “Architrave”, il mensile del GUF bolognese, diretto da Eugenio Facchini, pure lui reduce dal fronte russo. Nelle intenzioni dei gerarchi fascisti bolognesi i due reduci avrebbero dovuto dare un tono più fascista al giornale, considerato un foglio della fronda.
Pio Marsilli e Vittorio Chesi, il direttore e il condirettore della gestione precedente, erano stati destituiti d’autorità e proposti per il confino di polizia, perché considerati antifascisti.
I due nuovi giornalisti diedero al giornale un contenuto e un tono che non era più di fronda, ma di aperta contestazione del regime e della guerra.
Nella nota Motivo ideale, siglata M.R. (Massimo Rendina) si legge: «Ormai la retorica illusione di una vittoria facile e di una guerra lampo è sprofondata nell’abisso del passato». La nostra «è sempre stata, sin dal primo colpo di cannone, una guerra difensiva» e «Ora soltanto il conflitto appare definitivamente difensivo nella sua intima essenza e si trasmuta in una lotta integrale, assoluta, di vita o di morte, estranea ad ogni altro pensiero che non sia di sopravvivere alla distruzione di tutto il mondo» (“Architrave”, 31 gennaio 1943).
Nello stesso numero, in una nota dal titolo Indagine sulla Russia, parlando dell’esperienza fatta sul fronte orientale, si chiese: «a) come mai il popolo russo, che non è convinto della bolscevizzazione, la tollera come un gioco, resiste, non si ribella, combatte con valore?; b) come mai dopo un’improvvisa e stupefacente disfatta militare, creduta da tutto il mondo irreparabile, ha opposto un’accanita resistenza e proprio sul principio dell’ultimo atto del grande dramma riconquistando parte delle posizioni perdute con un successo che ha del soprannaturale?». «Noi non crediamo - proseguiva Ñ in una serie di astute ed avvedute manovre da parte del governo rosso: le ragioni sono piuttosto da ricercarsi nel sistema organizzativo e nelle vicende naturali della guerra che vedono l’alternarsi della fortuna, da una parte e dalla altra dei combattenti». Concludeva che se i russi «hanno sorpreso chiunque, la situazione delle armate tedesche non va considerata assolutamente nel campo del “disastroso”».
Chiuso “Architrave”, dopo la fine della dittatura, passò a “il Resto del Carlino”.

Quando, dopo l’8 settembre 1943, al giornale fu nominato un direttore repubblicano, intervenne all’assemblea dei redattori per annunciare pubblicamente che non avrebbe collaborato con la RSI. Abbandonò il giornale e si trasferì in Piemonte, dove prese parte alla lotta di liberazione.
Militò prima nella 19a brg Giambone Garibaldi con funzione di capo di SM e successivamente nella 103a brg Nannetti della 1 a div Garibaldi, della quale fu prima comandante e poi capo di SM. Ferito. È invalido di guerra.
Lo zio Roberto Rendina fu ucciso alle Fosse Ardeatine a Roma.
Riconosciuto partigiano dall’1 novembre 1943 al 7 maggio 1945.
Ha pubblicato: Italia 1943-45. Guerra civile o Resistenza?, Newton, Roma 1995; Dizionario della Resistenza italiana, Riuniti, Roma 1995. [O]