Note sintetiche
Scheda
Attivo a Bologna fino agli anni Novanta del secolo scorso, Romano Franchi studia alla Regia scuola per Industrie Artistiche di Bologna, fondata da Raffaele Faccioli nel 1885, ma, schivo di carattere, svolge il suo lavoro quasi sempre in modo appartato prendendo parte a poche esposizioni. Negli anni successivi alla Seconda guerra mondiale, Alfredo Barbacci gli affida i restauri di alcuni edifici e monumenti storici della città danneggiati dai bombardamenti: il Palazzo della Mercanzia, la Chiesa di San Francesco e l'aquila di Nicolò dell'Arca in San Giovanni in Monte. È grazie a questa esperienza che nell'artista si conferma e si consolida l'amore per la scultura prerinascimentale alla quale, da questo momento in poi, farà riferimento per la realizzazione di gran parte delle opere in travertino o botticino che si trovano nel Cimitero della Certosa di Bologna. Un esempio apprezzabile è il bassorilievo raffigurante la Madonna con Bambino della Cappella Pattini (Chiostro del '500), dove Franchi, riprendendo moduli quattrocenteschi e reinterpretandoli con un linguaggio non retorico, ritrae i volti di Maria e di Gesù come quelli dei suoi cari: la moglie e il figlio Andrea. Per quanto riguarda la ritrattistica funebre giunge a esiti più maturi lavorando a fianco dello scultore Mario Sarto, interprete di un tardo stile liberty, elegante e corretto dal punto di vista esecutivo, ma non sempre originale nella resa formale.
La matrice per ritratto conservata in collezione privata, utilizzata per la fusione in bronzo di un ritratto commemorativo del quale non si conosce l'attuale collocazione, fu commissionato all'artista presumibilmente per essere posto sulla lapide di un sepolcro alla Certosa. Si tratta del volto, ricavato in negativo dentro la materia, di una signora di età matura ma non ancora segnata dalla vecchiaia più fonda. La data, che insieme alla firma di Franchi è posta in basso nella zona centrale della matrice, riconduce l'opera alla piena maturità dell'artista: il 1975, quando Romano può ormai esprimere un maggior lirismo rispetto ai tratti più espressionisti e meno pacificati della medaglia dedicata a Enrica Beghelli Cattabriga (1946). Ora, in anni lontani dalla guerra, l'anonima signora è rappresentata in un'espressione quieta e dignitosa, riconducibile a una posa fotografica. In questa matrice, scaldata dal calore e dalle soffusioni del gesso, Franchi tratteggia con linearità e compostezza il ricordo della signora e lo fa ritraendola in una dimensione quasi familiare, senza orpelli e senza sfarzi, vestita semplicemente con una camicetta sobria ed elegante abbottonata fino al collo, come fosse pronta per una festa intima in famiglia. Se nelle lapidi per le tombe Minganti (Aula Foresteria) e Capi (Chiostro V o Maggiore) Romano Franchi esprime, senza ostentazione né retorica, la sua fiducia nel valore sociale e morale del lavoro, nella matrice per ritratto il suo interesse pare essere rivolto all'uomo, al mistero dell'individuo. I dati fisiognomici non sono solo dati fisici, ma vengono in parte plasmati dal mondo interiore.
Francesca Passerini
Bibliografia essenziale sull'artista: La Certosa di Bologna. Immortalità della memoria, G. Pesci (a cura di), Bologna 1998, pp. 327; 334 - La Certosa di Bologna. Guida, G. Pesci (a cura di), testi di C. Rocchetta e C. Zaniboni, Bologna 2001, pp. 29; 32; 81; 85; 88.