Scheda
Nacque a Bologna il 5 Maggio 1779 e si formò nella scuola di Vincenzo Martinelli, con il quale fu l'esponente più rappresentativo della pittura decorativa parietale alla fine del XVIII secolo. Fu inoltre accademico clementino, professore e segretario dell’Accademia di Belle Arti. Nel 1810 fu a Roma, dove probabilmente soggiornò a lungo e dove ebbe modo di completare la sua educazione artistica anche a contatto con la nuova generazione di paesisti europei. Tuttavia è a Bologna che Fantuzzi realizzò le sue opere, dipinti e numerose "stanze a paese", prediligendo sempre il paesaggio, ligio ad una tradizione locale che ebbe radici sin dalla prima metà del Seicento e che fu rappresentata fin oltre la metà dell'Ottocento.
È dunque all'interno di questa "specialità" della pittura decorativa bolognese che va inquadrato il percorso dell’artista, Nei dipinti che si sono conservati appare evidente una aderenza al vero, anche se sempre idealizzata: la Veduta dell'ingresso di Villa Borghese (Bologna, Collezioni comunali d'arte),; due Paesaggi su tela di palazzo Bianconcini; due "corrette scene di paese" del Museo Davia Bargellini di Bologna; alcuni paesaggi di collezioni private, tra i quali si segnala Saffo consolata da Venere (Bologna, coll. Weiss). La produzione più apprezzata rimane quella delle stanze ornate "alla boschereccia" o "stanze di paese" all'interno dei palazzi e delle ville bolognesi, dove inventò "un genere che, mentre dilata all'estremo il quadro di paesaggio portandolo alle dimensioni del vano ambientale, applica ad un tempo criteri scenografici utili ad organizzare unitariamente la decorazione, con effetto di illusionistico plein air che inaugura una formula nuova e preromantica" (Roli, 1977). Vincenzo Martinelli e Rodolfo Fantuzzi furono quindi i protagonisti di questa gradevole riscoperta dell’ambiente, cui presiedono criteri che stanno a mezza via tra l’abilità scenografica e il giardino all’inglese.
La più celebrata fra le “stanze-paese” rimane quella di palazzo Hercolani eseguita tra il 1815 e il 1816 ed inserita all'interno di un più vasto piano decorativo. Fantuzzi, con illusionismo prospettico-scenografico, dipinse al piano terra del palazzo la fantastica rappresentazione di un giardino signorile, dove un tempietto dorico, balaustre, statue neoclassiche si alternano a piante che occupano tutte le pareti e salgono alla volta: l'intento era di abolire la parete a vantaggio di una natura saggiamente ordinata. Fra le “stanze-paese” si cita quella di casa Baravelli con un paesaggio e una marina di cui resta solo il progetto datato 1822. Gli si deve, inoltre la Camera del cacciatore con rovine e assi malamente sconnesse. Poco fuori città, in località Corticella, opera a villa Malpighi - Salina, progettata da Vincenzo Leonardi e Luigi Marchesini, insieme agli scultori Giacomo De Maria e Giovanni Putti ed il pittore Onofrio Zanotti. Realizzò inoltre una sala simile a quella di palazzo Hercolani nella villa Cavazza a Belpoggio, poi demolita; sono ancora visibili le pitture a tempera di palazzo Malvasia e di palazzo Garagnani, valenti documenti del paesismo bolognese. Eseguì infine alcune prospettive dipinte tra cui si ricordano quella all'entrata del collegio "Venturoli" (1825) e la prospettiva nel cortile di palazzo Zambeccari, entrambe realizzate in collaborazione con Luigi Cini (1776-1845). Al Fantuzzi vanno assegnate anche tre tempere un tempo di proprietà Ricci-Curbastro ed ora nelle collezioni della Cassa di risparmio di Bologna, già attribuite al Martinelli (Emiliani-Varignana, 1973) ma affini agli esiti del Nostro per il tratto pittorico e le allusioni di imminente arcadia romantica.
Opera del Fantuzzi è anche un taccuino (firmato e datato 1830) di disegni, contenente 34 fogli con vedute e schizzi di volti, di proprietà della fondazione Cini di Venezia (Zauli, 1979). Gli vanno attribuiti anche la stanza paese e i diversi Paesaggi dipinti su muro nell’attuale canonica della chiesa dei Santi Gregorio e Siro, a Bologna e la “boschereccia” nella villa Achillini a Sasso Marconi però ridipinta. Il Fantuzzi lo troviamo presente anche nella Certosa di Bologna dove collaborò con Flaminio Minozzi, Giovanni Putti e Giacomo Savini per la realizzazione di diversi monumenti, fra questi ricordiamo il Monumento Ottani (già Baldi Comi) uno dei rari sepolcri bolognesi decorati "a tecnica mista". In collezione privata è conservato un acquerello policromo datato 1822 con una prima idea per la decorazione di Casa Baravelli in via San Procolo a Bologna. Viene rappresentato uno specchio lacustre e una fontana: anche qui, come in palazzo Hercolani, viene eseguita la proposta di mimetizzare le porte con elementi di finzione in muratura: cippi e muretti con bassorilievi di gusto archeologico, supporto per finte statue sgorganti acqua. Della sua abbondante produzione ancora si ricordano quattro Paesaggi su tela nel palazzo Arcivescovile di Bologna. All’opera pittorica l’artista affianca una vasta produzione grafica, alle volte raccolta in album di disegni e incisioni che furono assai ricercati da collezionisti del tempo. Presso le collezioni della Cassa di Risparmio di Bologna si trova un album di 27 fogli, databile al primo decennio dell’Ottocento e diversi disegni con appunti presi dal vero nella campagna bolognese. Morì a Bologna nel 1832. Riposa alla Certosa, nella tomba di famiglia n.32 collocata nel braccio ovest della Galleria degli Angeli.
Così viene ricordato in un necrologio comparso nella Gazzetta di Bologna del 23 ottobre 1832: "nato nel 1781. Cittadino bolognese di animo nobile, dalla prima giovinezza intento alle arti belle, al disegno di paese, diede forte presagio di un genio futuro. Adulto, fuor di patria, cercò la natura più ridente, più viva, ed a perfezione seppe imitarla. Il valore delle opere sue commendato, non mai potè in Lui la modestia scemare: infiammavalo anzi a cose maggiori. Rimpatriato, diè a conoscere essere dipintore di elettissima mano, in molte cose eguale al maestro, in molte maggiore; e fu ascritto tra i membri dell'Accademia di Belle Arti. Dalla traversa fortuna per tutta sua vita vessato, generosamente sostenne le più accorate vicende, solo cercando conforto nel seno di sua famiglia, che con tenerezza e sollecitudine allevò. Di finissimo sentire dotato, formò la delizia de' parenti e degli amici. Gli animi loro trepidanti per lo malore, che da lungo tempo il crucciava, colla parlante ilarità dello sguardo, col faceto dire, colla vivacità de' suoi motti spesso rasserenava. Ma, allorchè compiuta con tanto studio e filantropia dal Professore Gaetano Baroni la triturazione della pietra, che lo affaticava, le più dolci speranze di sua ripristinata salute a tutti porgean conforto; improvviso morbo lo rapì allo affetto degli amici, allo amore dei parenti, de' soccorso di nostra augusta Religione munito. Oh forte spirito! Altre volte colla morte lottasti, e vittorioso ne uscisti: ahi! fu questa per te la lotta fatale! Buono, onesto, pio, e di ogni lode maggiore, vivi fra noi una vita la cui anima sono le virtù. Siati caro questo ultimo tributo di amore col quale un'amico, riconoscente alla tua cara benevolenza, alla memoria dei posteri te raccomanda".
Carolina Calegari