Scheda
"Nel cimitero della Misericordia di Soffiano, sulla tomba di un nostro illustre concittadino, leggesi questa epigrafe dettata dal dotto barnabita G. Boffito: Per il candore dell’animo per la santità della vita – Per l’acutezza dell’ingegno – Per la lucidità dell’insegnamento – Vivo è nei presenti il ricordo – E per le molteplici invenzioni e scoperte – Imperitura rimarrà la fama tra i posteri – Del Padre Timoteo Bertelli Barnabita – Nato a Bologna il 26 ottobre 1826 – Morto a Firenze il 6 febbraio 1905 – Nel Collegio alle Querce – Sua abituale dimora negli ultimi trentasette anni – Dove al declivio dei colli fiesolani – Sentì dentro risvegliarsi – Il divino spirito indagatore del grande Arcetri – Interrogando assiduamente la natura – Con l’aiuto del suo tromometro – Intese primo rispondersi l’occulto tremito tellurico – Interrogando la storia – A noi apprese – Che Cristoforo Colombo – Primo fu a scoprire la declinazione magnetica – E che un mito era – Il nome di Flavio Gioia.
Padre Timoteo Bertelli fu invero grande, semplice e buono. Fin dai più teneri anni coltivò in cuor suo due amori: Iddio e la scienza, ai quali più tardi ne aggiunse un terzo: la gioventù. Aveva appena diciassette anni quando si trovò di fronte a suo padre Francesco Bertelli dotto professore alla nostra R. Università ed a Quirico Filopanti, i quali ragionavano di un sistema ideato a render immuni da certi guasti le arginature dei fiumi. I due uomini insigni si trovarono di fronte ad una difficoltà che arenò improvvisamente la discussione. Timoteo Bertelli entrò nella disputa sciogliendo la difficoltà con meraviglia del padre commosso e di Filopanti estatico, il quale ammirando la maturità e l’acume del giovane, disse: “Egli farà, un giorno, parlare molto di sé”. Il presagio di Filopanti non venne smentito anche se Timoteo nella sua umiltà, l’anno appresso, prendeva altra via per diventare barnabita e per allontanarsi così dai rumori del mondo. Mente vigile ed acuta, spirito imparziale e sereno, osservatore finissimo e continuo, in possesso della più vasta cultura teorica e storica delle scienze, ha lasciato circa centoventi poderose pubblicazioni, notissime in America, specialmente negli Stati Uniti e nel Brasile, e nell’estremo Oriente, dove il nome di Timoteo Bertelli suona accompagnato da quel rispetto che ispira la scienza e la bontà della vita.
Scienziato, erudito, letterato, critico, per lungo volger d’anni si occupò della ricerca dei moti microsismici e della teoria dei terremoti, riuscendo a creare il tromometro per analizzare i tremiti del suolo, perfezionato più tardi nel tromosismometro, complesso di tre apparecchi: l’isosismometro, l’ortosismometro e l’avvisatore sismico. Né si limitò il P. Bertelli a studiare semplicemente il fatto dei microsismi, ma ne studiò l’origine e sostenne la teoria pseudodinamica. Alle numerose pubblicazioni sismologiche fece seguire una lunga serie di lavori sui magneti e magnetismo e relativa applicazione alla bussola marina. Non volle onori né gloria, compiacendosi piuttosto di fare e non di comparire, nonché di di rivelare e di rivendicare, a uomini dotti, meriti dimenticati o contestati. Infatti rivendicò il Barnabita Cavalleri le leggi delle oscillazioni dei pendoli e la prima prova dei proiettori elettrici a grande distanza e la loro applicazione in guerra, al Nobili un istrumento comunemente attribuito al Barlou; al Volta l’invenzione dell’endiometro; a Cristoforo Colombo l’onore della scoperta della declinazione magnetica e della sua variazione nello spazio; al Torricelli l’esperienza celebre del tubo barometrico e la conoscenza della vera causa di tale fenomeno, cioè la pressione dell’aria atmosferica. Se dai dotti Timoteo Bertelli fu ritenuto “principe de’ fisici”, poiché la sismologia riconosce la sua paternità nell’eminente nostro concittadino, a questi devesi ascrivere un altro merito come storico, l’avere cioè demolito la leggenda di Flavio Gioia, preteso inventore della bussola, anche se ciò viene contestato da uomini insigni. Padre Bertelli fu anche ottimo insegnante a Napoli, a Moncalieri, nella nostra città, e dal 1868 a Firenze; resse per alcuni anni la specola vaticana e fu chiamato anche alla presidenza dei Nuovi Lincei. Ma pur vivendo in mezzo alla gioventù, cui prodigò le sue cure paterne, non abbandonò mai i suoi studi, le sue ricerche, le sue investigazioni. Della terra aveva studiato i convulsi delle catastrofi e delle desolazioni; del sole che tramonta interpretò le righe semoventi nelle eclissi e scrutò le macchie che ne contristano la fronte e anzi in queste ricerche che lo avvicinò la morte: un altro Sole che non ha macchie e sta “sempre al meriggio e non tramonta mai” a sé lo rapiva. Padre Bertelli, calmo e sereno, dopo aver baciato il Crocifisso: “fratelli si passa, addio” disse e spirò il 6 febbraio 1905 a 78 anni di età.
Giustamente Padre Pietro Gazzola scrisse di Timoteo Bertelli: “Ebbe le intuizioni del bene, la semplicità del fanciullo, la bontà di un santo”. Ai funerali partecipò ogni ceto di persone, che vollero tributare l’ultimo onore a Colui che popolarmente era considerato “il babbo dei terremoti”. Bellissime commemorazioni di Lui a Firenze ed a Pisa furono fatte dall’illustre Card. Maffi, ed altra al Collegio delle Querce fu tenuta da Mons. Pietropaoli. Per questa sua vita dedicata con tanto merito a Dio, alla scienza, alla gioventù e pei suoi titoli di benemerenza, il Consiglio Comunale di Bologna il 5 gennaio 1911, con voto unanime decretava gli onori del Pantheon a Padre Bertelli, il cui busto è opera pregevole dello scultore Borghesani".
Testo tratto dalla rivista ‘Il Comune di Bologna’, aprile 1928.