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Antonio Barberini

4 Agosto 1607 - 4 Agosto 1671

Scheda

ARMA: D'azzurro a tre api d'oro: 2-1.
Lo scudo è accollato ad una croce biforcata d'argento (Croce di Malta) e sormontato da un cappello cardinalizio con cordoni e fiocchi laterali.
Il cartiglio sottostante dice: CAR· ANT. BARBERINVS / VRB· PP. VIII. NEPOS LEG. / 1629. (Cardinale Antonio Barberini. Legato 1629).


I Barberini erano originari di Ancona ove si erano arricchiti con il commercio. Essi in origine si chiamavano Tafani e questo spiega la presenza delle tre vespe sullo scudo con evidente allusione al cognome (Esempio di "arma parlante").
Le tre vespe col tempo si trasformarono in api. La famiglia prese poi il nome dal castello Barberini sito in Val d'Elsa.
Essi si trasferirono nel XIII secolo a Firenze e vennero ascritti a quella nobiltà partecipando alla vita pubblica e dando alla città quattro priori dal 1490 al 1511.
Un Francesco Baberini fu notaio e poeta ai tempi di Dante (1260).

Antonio Barberini detto il Giovane, per distinguerlo dal vecchio Cardinale Antonio fratello di Urbano VIII, nacque a Firenze nel 1607 come ultimogenito di Carlo e Costanza Magalotti.
Destinato in un primo tempo alla carriera delle armi, la sua vita prese una piega decisamente differente.
A soli 20 anni lo zio lo creò cardinale con il titolo di S. Maria in Aquiro che successivamente cambiò con quello di S. Agata e poi di S. Maria in Via Lata.
Nel 1630, dal maggio al giugno, fu Legato a Bologna (e non nel 1629 come scritto sul cartiglio).
Passò poi Legato a Ravenna, Ferrara ed Urbino e nel 1633 divenne Legato di Avignone.
A queste nomine si aggiunsero diversi benefici e titoli, come il titolo di priore dell'Ordine gerosolimitano, la titolatura delle abbazie di Tre fontane (1628) e di Nonantola (1632), uniti alla carica di camerlengo.

La sua grande occasione si presentò quando venne incaricato dalla Santa Sede di fare da mediatore tra il Duca di Savoia, la Francia e la Spagna che erano in guerra per la successione del Monferrato. La trattativa ebbe esito felice e
in Italia venne ristabilita la pace. Durante questo tempo dimorò sempre a Bologna.
Rientrato a Roma fu nominato presidente della Segnatura e segretario dei Brevi.
In questi anni romani acquistò fama di mecenate finanziando restauri e costruzioni di chiese, come quella di S. Andrea al Quirinale e promuovendo la rappresentazione nel teatro del suo palazzo di diverse opere drammatiche e melodrammatiche del tempo.
Nel 1642 venne di nuovo nominato Legato a Bologna.
Fu questo il periodo in cui la sua fortuna politica toccò l'apice, essendo diventato il capo riconosciuto del partito filo francese e la personalità più influente del Santo Uffizio.
Con l'elezione di Innocenzo X, che era di sentimenti antifrancesi, le cose per il cardinale volsero però al peggio.
I Barberini vennero accusati dal nuovo Papa di essere responsabili della guerra di Castro, considerata da lui una guerra privata. Innocenzo X ordinò quindi l'apertura di un'inchiesta sui profitti realizzati dai Barberini durante il pontificato di Urbano VIII e in particolare sull'amministrazione delle risorse economiche durante il conflitto. Quest'inchiesta rivelò gravi irregolarità e la famiglia non riuscì a trovare giustificazioni.
Il papa allora sequestrò i loro beni e richiese il rimborso delle spese sostenute dalla Santa Sede per il conflitto.
Il Barberini fu costretto allora a fuggire in Francia dove trovò pronta accoglienza e protezione.
Poco dopo, per la decisa presa di posizione del Mazarino, potè rientrare a Roma.
Nel 1652 veniva nominato Vescovo di Poitiers dal Re di Francia e nel 1657 Vescovo di Reims, ma le nomine non gli furono riconfermate da Alessandro VII poichè il Barberini non aveva ceduto la carica di camerlengo in favore di un nipote del nuovo Papa.
Nel 1661 venne nominato Vescovo di Palestrina e solo nel 1667 potè ottenere la bolla di conferma dei vescovati francesi.
Negli ultimi anni venne fortemente accentuato l'aspetto religioso della sua attività. Sia in Francia che in Italia agì come vescovo e sacerdote, specialmente (pare) sotto l'influenza dei gesuiti, ai quali fu sempre molto legato.
Morì a Nemi il 4 agosto 1671 e venne sepolto nella Chiesa di Palestrina.