Schede
Il PCdI, al momento della nascita, aveva due quotidiani “L’Ordine Nuovo” a Torino e “Il Lavoratore” a Trieste, ai quali si aggiunse “Il Comunista” di Roma dall’11.10.1921 al 28.10.1922.
Chiuso “L’Ordine Nuovo” nell’ottobre 1922 e “Il Lavoratore” nel luglio 1923, il Comintern cioè l’Internazionale comunista - ordinò al PcdI di pubblicare un nuovo quotidiano «per controbilanciare l’influenza dell’“Avanti!” sulle masse».
Secondo il Comintern -come si legge in una lettera inviata il 5.9.1923 al PCdI - «Il giornale, che deve apparire senza un’etichetta di partito, sarà redatto in comune da appartenenti al P.C.d’I. e da membri della frazione fusioni- sta del P.S.I.», i cosiddetti “terzini”.
In una lettera all’esecutivo del partito, Gramsci suggerì il titolo “l’Unità” e confermò che il giornale avrebbe dovuto «essere redatto in modo che la sua dipendenza di fatto dal nostro partito non appaia troppo chiaramente» per assicurargli «una posizione dominante, una tribuna legale che permetta di giungere alle più larghe masse con continuità e sistematicamente».
Il Comintern garantì un terzo della spesa. Il giornale uscì a Milano il 12.2.1924 con il sottotitolo “Quotidiano degli operai e dei contadini” e con Ottavio Pastore direttore.
Nel luglio, quando i “terzini” entrarono nel PCI, il sottotitolo fu mutato in “Organo del Partito Comunista d’Italia”. Dopo avere resistito alle persecuzioni fasciste il giornale fu soppresso - come gli altri fogli antifascisti - il 31.10.1926.
Durante il ventennio fascista la direzione del PCdI curò la pubblicazione di numerose edizioni clandestine de “l’Unità”, alcune stampate in Italia e altre in Francia. Dopo la liberazione “l’Unità” riprese le pubblicazioni come quotidiano in quattro città: Roma, Milano, Genova e Torino.
Corrispondente da Bologna, nel 1924, era Leonildo Tarozzi già corrispondente dei precedenti quotidiani comunisti e, per qualche tempo, redattore de “Il Lavoratore”. Finito in prigione Tarozzi, corrispondente da Bologna divenne Arsilio Colombini detto Ersilio. [O]