Schede
Durante la guerra l'industria venne "mobilitata e "militarizzata" , cioè venne messa a disposizione dello stato e delle autorità militari che indicavano, tenendo principalmente conto delle esigenze dell'esercito al fronte, il fabbisogno mensile della produzione. Furono militarizzati circa 600.000 operai, soggetti alle leggi di guerra: l'Ansaldo (metallurgia) passò da 4.000 a 56.000 operai, la Fiat da 4.000 a 45.000 (per la costruzione di motori, carri, aerei, materiale bellico vario), il laboratorio pirotecnico di Bologna da 1.500 a circa 12.000 operai. Il regolamento della mobilitazione industriale e la militarizzazione degli operai in Italia non ebbe uguali nella maggior parte degli stati europei: né in Francia, né in Gran Bretagna e neppure in Austria furono emanate e applicate norme così severe. Il lavoro era coatto: il regolamento impediva lo sciopero e proibiva anche le dimissioni senza previo consenso del comitato regionale; né era possibile sottrarsi ad orari e a ritmi di lavoro massacranti. Da una indagine svolta dall'Ufficio del Lavoro in 13.931 stabilimenti che occupavano 981.519 operai, risultava nel 1913 che l'80,14% degli operai lavorava dalle 10 alle 11 ore giornaliere; nel 1915 l'orario "normale" era passato già a 12 ore giornaliere. La produzione nei 4 anni del conflitto subirà un incremento enorme: dal 5,6% del 1915, al 10,8% del 1916, al 21,6% del 1917, al 30,51% del 1918. Verranno comminate 1.650.000 multe e 28.600 saranno le condanne alla prigione. Paolo Antolini