Schede
A Bologna, nel settembre 1942, fu costituito il Comitato unitario d'azione antifascista, su iniziativa del Partito Socialista Italiano (PSI), Partito Comunistra Italiano (PCI) e Movimento di Unità Proletaria (MUP). Nel giugno 1943 fu rinominato Fronte per la pace e la libertà, dopo l'adesione del Partito d’Azione (PdA), del Partito Repubblicano Italiano (PRI) e di alcuni esponenti cattolici, a titolo personale. Durante il periodo badogliano il Fronte svolse un'intensa attività e curò la pubblicazione di due numeri clandestini di "Rinascita". Del Fronte facevano parte i rappresentanti del PCI, del PdA e del Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria (PSIUP) (nato dalla fusione tra PSI e MUP). Nei primi giorni dell'armistizio il Fronte si riunì numerose volte, in un appartamento di via San Felice e nella sartoria Dall'Alpi, in via Oberdan 6, gestita dalla moglie di Armando Quadri del PdA.
Il 16 settembre 1943 il Fronte mutò il nome in Comitato di liberazione nazionale e, nei primi tempi, ebbe carattere provinciale. Primi dirigenti furono Carmine Mancinelli del PSIUP, Leonildo Tarozzi del PCI e Mario Jacchia del PdA. Nei primi mesi della Resistenza, i membri del CLN mutarono spesso. Verenin Grazia prese il posto di Mancinelli, Massenzio Masia e Quadri quello di Jacchia e Paolo Betti quello di Tarozzi. Secondo uno scritto di Grazia, del CLNER fece parte sin dall'inizio anche Francesco Colombo del PRI. Dopo avere preso parte alle prime riunioni, il PRI si ritirò, in obbedienza alla decisione della direzione nazionale per la «pregiudiziale antimonarchica», non volendo collaborare con il governo Badoglio emanazione della monarchia.
Con il passare dei mesi il CLN di Bologna assunse compiti di coordinamento regionale e il 15 marzo 1944 mutò denominazione in CLNER o regionale. Un CLN provinciale fu ricostituito dopo la liberazione. Sino alla tarda estate del 1944 il CLN regionale fu diretto da 3 partiti: PSIUP, PCI e PdA. Al CLN aderirono, ma a titolo personale, alcuni esponenti cattolici nella parte ovest della regione e militanti del PRI in Romagna.
Il 16 settembre 1943 il Fronte mutò il nome in Comitato di liberazione nazionale e, nei primi tempi, ebbe carattere provinciale. Primi dirigenti furono Carmine Mancinelli del PSIUP, Leonildo Tarozzi del PCI e Mario Jacchia del PdA. Nei primi mesi della Resistenza, i membri del CLN mutarono spesso. Verenin Grazia prese il posto di Mancinelli, Massenzio Masia e Quadri quello di Jacchia e Paolo Betti quello di Tarozzi. Secondo uno scritto di Grazia, del CLNER fece parte sin dall'inizio anche Francesco Colombo del PRI. Dopo avere preso parte alle prime riunioni, il PRI si ritirò, in obbedienza alla decisione della direzione nazionale per la «pregiudiziale antimonarchica», non volendo collaborare con il governo Badoglio emanazione della monarchia.
Con il passare dei mesi il CLN di Bologna assunse compiti di coordinamento regionale e il 15 marzo 1944 mutò denominazione in CLNER o regionale. Un CLN provinciale fu ricostituito dopo la liberazione. Sino alla tarda estate del 1944 il CLN regionale fu diretto da 3 partiti: PSIUP, PCI e PdA. Al CLN aderirono, ma a titolo personale, alcuni esponenti cattolici nella parte ovest della regione e militanti del PRI in Romagna.
L'accordo dei tre partiti sulla conduzione della guerra di liberazione fu sempre totale, salvo sulla tecnica della guerriglia per l’eliminazione diretta dei principali esponenti della Repubblica Sociale Italiana (RSI). La decisione di giustiziare i segretari provinciali del Partito Fascista Repubblicano (PFR) della regione e i segretari comunali fu presa dopo lunga e non facile discussione.
Negli ultimi giorni dell'agosto 1944 - quando gli alleati erano alle porte di Bologna - al CLNER aderirono la Democrazia Cristiana (DC) e il Partito Liberale Italiano (PLI). Il PRI aderì nel gennaio 1945.
Negli ultimi giorni della lotta di liberazione il CLNER era così composto: Antonio Zoccoli (PLI) presidente; Verenin Grazia (PSIUP) segretario; Giuseppe Bentivogli (PSIUP); Enrico Giussani e Adriano Marzocchi (PdA); Paolo Betti e Mario Peloni (PCI); Filippo Cavazza e Angelo Salizzoni (DC); Filippo Ercolani (PLI); Francesco Colombo e Umberto Pagani (PRI). Essendo andato perduto l'archivio del CLNER clandestino, non è possibile ricostruire la storia del governo del popolo dell'Emilia-Romagna durante la Resistenza.
Sulla conduzione della guerra di liberazione ci fu sostanziale unità, salvo due problemi: DC e PLI non approvarono la decisione di giustiziare i principali dirigenti della RSI e minacciarono di uscire dal CLNER se i rinati sindacati non avessero interrotto le vertenze sindacali - rinviandole al dopoguerra - che avevano iniziato nelle campagne. [Nazario Sauro Onofri]