Schede
Nel 1913 viene inaugurato il bel monumento funerario commissionato a Tullo Golfarelli (1852 - 1928) da Giuseppina Flajani per il sepolcro del compianto consorte, il barone Francesco(?) De Angelis, nel cimitero di Ascoli Piceno. Il tema che egli si trova a svolgere in questa circostanza – l’amore coniugale – è dettato dalla volontà espressa dal nobile che, in vita, aveva amato di un amore tenerissimo la sua sposa. «Lo scultore, dunque, […] scelse tra i simboli che più comunemente nell’arte cristiana stette a significare la mutua fede di due sposi, vegliata, animata e sorretta dallo spirito che santifica, nobilitandole, le teneri unioni volute dalla natura. Ideò perciò due giovani, che nell’età dei sogni, guardandosi amorosamente, mentre un nastro annoda i loro bracci, confondono nell’intimo del cuore i loro destini, e quasi non securi di sé, si riscaldano all’alito vivificatore di un angelo, che dall’alto in una compostezza ieratica stende su tutti e due le braccia in atto benigno d’amore, e nelle pieghe sottili de’ suoi veli ha scritta a lettere d’oro la parola Fede. La figura dell’angelo potrà essere discussa e i critici forse ci troveranno a ridire; ma quanta vita, quanta nobiltà, quanta verità sopra tutto nelle figure dell’uomo e della donna. Questa in un movimento che parrebbe dirsi alquanto molle e voluttuoso se non fosse sostenuta da un’aria irradiata di purezza e di grazia del volto bellissimo, pare che dica al giovane: mi affido a te; l’uomo nella sua posa classica, ma viva, energica, sognando nell’amore di lei la pace dell’animo agitato, blandamente sereno, accoglie l’offerta generosa della giovinezza in fiore con tutto il fascino della sua bellezza. E poiché nessuno potesse dire che siffatto simbolo, che è simbolo di vita, male si attaglia là dov’ha regno la morte, lo scultore sapientemente appoggia il gruppo a una grande Croce, segno solenne di morte; ma in pari tempo di resurrezione e di vita; e dalla Croce fa sorgere insensibilmente l’angelo protettore. Così l’idea di vita e di morte nobilmente è fusa nel gruppo, il quale sorge sopra l’urna funeraria di forma rettangolare, con brevi ornati lucenti d’oro agli angoli superiori. Sulla fronte dell’urna sono scolpiti in alto rilievo le figure dei due coniugi in grandezza naturale e in mezzo vi è la scritta: Quos unus in terris sociavit amor hos neque mors separabit. Bellissima la figura del Barone, modellata con forza e vigore così da ricordare immediatamente i moti a prima vista un po’ convulsi del compianto Barone e scorgere negli occhi l’anima nobile e buona. Forse la difficoltà di cogliere tutto l’essere della donna nelle linee vanescenti, nei rapidi mutamenti, nella fugacità dei moti ha tormentato nell’arduo lavoro lo scultore e ha impedito che apparisse la perfetta simiglianza coll’originale; ma l’arte dello scalpello è tanta che fa perdonare e pensare un cuore nobilmente amoroso, che vive, come un giorno, fissa nel pensiero del suo diletto».
Il grande marmo viene segnalato anche da 'Il Cittadino – periodico settimanale liberale' di Cesena, del 6 dicembre 1914: Il camposanto di Ascoli Piceno, ricco già di bei monumenti, si è arricchito di un nuovo pregevolissimo lavoro dovuto allo scalpello del chiaro nostro concittadino Tullo Golfarelli: il monumento dedicato alla pietà della baronessa De Angelis alla memoria dl suo compianto marito. L'allegorico gruppo, di cui lo scultore volle adornare la tomba, simboleggia il concetto dell'amor coniugale, vegliato e sorretto dalla Fede. Esso rappresenta due figure giovanili, che guardandosi amorosamente, mentre un nastro annoda i loro bracci, confondono nell'intimo del cuore i loro destini, vegliati da un angelo, la Fede, che dall'alto, in atto di sorgere da una croce, quasi stilizzato in una rigidità ieratica, protende su ambedue le sue braccia in atto di benigno di protezione. Questo superbo gruppo, appoggiato ad una grande Croce, segno solenne di morte, di risurrezione e di vita, (ed ecco perchè dalla Croce l'artista ha voluto far sorgere l'angelo protettore della Fede), sorge sopra l'urna funeraria, nella cui fronte sono scolpite in magnifico altorilievo le figure somigliantissime dei due coniugi, in grandezza naturale. E' quest'opera del Golfarelli un gioiello di concezione aristica e di espressione cristiana. Il motto Quos unus in terris sociavit amor hos neque mors separabit, che campeggia in mezzo all'urna funeraria, ha ispirato l'eminente scultore in tutta la creazione della tomba, che è di una esecuzione finissima, ed in tutte le sue parti corretta e modellata con coscienza d'arte e con espressione viva e oltremodo suggestiva.
Il sepolcro resta, ad ogni buon conto, uno dei saggi d’arte più interessanti conservati nel cimitero della città marchigiana, e «testimonio d’onore» per lo scultore e della pietas che lo ha eretto. In quello stesso anno, il 1913, Golfarelli viene ammesso alla Mostra permanente di Belle Arti di Ferrara, promossa dalla “Società Benvenuto Tisi da Garofalo”, dove presenta la scultura Il Mietitore per la quale gli viene assegnata la medaglia d’argento messa in palio dal Municipio di Ferrara (“Arte e Storia” 1913, p. 346). I tempi si fanno cupi, la crisi economica e sociale si acuisce e i timori della guerra incombono. Da questo momento le possibilità di lavoro pian piano scemano per il nostro scultore.
Silvia Bartoli