Schede
Nel 1787 lo stampatore Venanzio Monaldini si occupò della pubblicazione di "Serie di trecento tavole in rame rappresentanti pitture di vasi degli antichi etruschi" provenienti da vari musei italiani. Egli fu dunque un libraio, stampatore e mercante di libri e si occupò di numerose cartografie di piante della Roma sia antica che moderna. Le tavole in questione sono state inserite in tre volumi a stampa (cento tavole in ogni volume) e facevano parte della biblioteca privata di Angelo Venturoli, confluiti per sua volontà testamentaria al patrimonio del Collegio, ad uso dei giovani artisti. Esse rappresentano le pitture presenti sui vasi degli antichi Etruschi, vasi che si trovano nella Biblioteca Vaticana ed in altri musei italiani. Alcune volte è presente un’immagine sola per vaso, altre volte due, una per la parte anteriore ed una per la parte posteriore. Ogni tavola ha il proprio numero scritto in numeri romani in alto a destra, l’immagine del vaso e il nome del museo nel quale si trova il vaso relativo. Talvolta sono presenti anche il nome dell’incisore e le misure di grandezza. Ogni volume inoltre ha una prima immagine introduttiva, la quale fa sempre riferimento al mondo dell’arte e dell’archeologia.
Questo aspetto è molto interessante in quanto quelli erano gli anni del Neoclassicismo, ovvero quella corrente di pensiero che guardava con curiosità e amore al passato, interessandosi per la prima volta di ciò che erano state le grandi opere del passato e dell’importanza che indubbiamente continuavano ad avere. Nel XVIII secolo infatti vennero scoperte Ercolano, Pompei, Villa Adriana a Tivoli e i tempi di Paestum; grazie a queste scoperte, quelli divennero gli anni in cui vennero mossi i primi passi nel mondo dell’archeologia, cominciando a cercare di ricostruire il passato dell’uomo e del mondo sulla base dei reperti antichi e dei luoghi che, sebbene all’apparenza fossero scomparsi, erano ancora sotto ed attorno all’uomo moderno. Si era ancora ai primi passi di una corretta e moderna scienza archeologica, come possiamo vedere dal fatto che ogni reperto antico italiano veniva classificato come etrusco: ma sicuramente senza quei primi approcci azzardati ora non avremmo le conoscenze necessarie per poterli smentire o modificare. Neoclassicismo ed illuminismo erano basati su principi razionali e reali, in contrasto con il barocco fastoso e fantasioso. La volontà era quella di studiare la realtà del passato grazie alla nuova tecnica di scoperta e studio dell’uomo: l’archeologia. Osservando le tavole di Monaldini, vediamo come questi principi si possano ritrovare chiaramente nelle immagini che aprono ogni libro.
Il primo volume, infatti, comincia con la rappresentazione dei primi archeologi, i quali scavano un sito in modo rudimentale. Sotto l’immagine vi e la dicitura “Mario Carloni fecit”. Marco Gregorio Carloni fu un grande incisore dalla fame costante che nacque nel 1742 a Roma, città nella quale morì probabilmente nel 1796. Dopo questa prima immagine, ci sono le prime cento tavole. Gli scultori di cui compare il nome sono Vincenzo Franceschini nella tavola XIV ed Andrea Scacciati, incisore fiorentino, nella tavola XXXIII. Franceschini nacque nel 1695 a Roma e fu introdotto all’arte incisoria da Arnold van Westerhout, lo zio materno. Dopo i primi studi e lavori nella città natale, ebbe grande successo soprattutto grazie alla realizzazione di vedute di Firenze, città nella quale si era trasferito. Il secondo volume inizia con una immagine nella quale ci sono due pittori, uno dei quali sta dipingendo rovine e reperti degli antichi etruschi, mentre l’altro osserva. Sotto il disegno c’e il nome dell’incisore Mario Carloni. Infine, il terzo volume vede l’immagine di due personaggi che osservano delle rovine etrusche, con vasi ed una statua. Sotto vi è scritto “Hieron. Bosius inv. et delin.” e il nome dell’incisore Joan Cassini.
Come detto precedentemente, sotto ognuna delle trecento tavole c’è scritto il nome del museo in cui si trova il vaso di cui e riprodotta l’immagine. I musei sono tanti e tutti italiani, ma si può notare che alcuni sono citati piu frequentemente. Questi sono: la Biblioteca Vaticana, il Museo Vaticano, il Museo Kircheriano (raccolta di antichità fondata nel 1651 dal gesuita Kircher, all’interno del Collegio romano), il Museo Mediceo e il Museo Gorio di Firenze, il Museo Barberinio di Roma e il Museo degli Oratori di Napoli.
Si è dunque potuto vedere come il nuovo interesse nei confronti del passato abbia riunito gli artisti e gli studiosi del tempo, grazie all’osservazione delle opere e alla volontà non solo di riprodurle tramite l’attività incisoria, ma anche di pubblicarle su stampa al fine di diffonderle nel mondo. E grazie a loro studiosi e curiosi neoclassici che ora possiamo osservare queste opere dal nostro, ma anche dal loro, punto di vista.
Barbara Valdinoci
Testo tratto dal catalogo della mostra "Angelo Venturoli - Una eredità lunga 190 anni", Medicina 19 aprile - 14 giugno 2015.