Schede
Assieme alla Salmace, la Psiche seduta a terra che contempla una farfalla è uno dei primi soggetti messi a punto autonomamente da Cincinnato Baruzzi. Viene citata per la prima volta nello studio di Roma nel febbraio 1823, in un documento in cui Baruzzi si impegna a terminarla entro la fine dell’anno assieme all’Amore che cattura una farfalla per il marchese Londonderry. Una Psiche di dimensioni metà del vero venne scolpita anche per il conte inglese Milton tra il 1823 e il 1824. Una replica ulteriore della statua fu inviata a Bologna nel luglio del 1824, come saggio del quarto anno dell’alunnato romano e venne giudicata molto positivamente da Giacomo De Maria, tanto che venne richiesta per il giovane scultore una gratificazione che poi si decise di non concedere, dato il suo precedente comportamento, non proprio esemplare. Questa scultura potrebbe essere identificata con quella attualmente esposta a palazzo Milzetti (Faenza), in deposito dalla Pinacoteca Nazionale di Bologna. Dalla documentazione superstite è possibile dedurre che nel 1825 erano in lavorazione altre due versioni della statua, una di formato ridotto ed una al naturale. Nel 1827 lo studio Baruzzi risulta aver eseguito due Psiche, una di tre palmi romani (circa 22,24 centimetri), donata a un misterioso monsieur Pécoul e una al vero, ma di destinazione ignota. Nel 1828 il pagamento di quattro farfalle in rame dorato da fissare al dito di altrettante repliche della statua permette di ipotizzare che tante ne fossero state prodotte dallo studio.
Una versione della Psiche sarà commissionata anche dal conte Heberstein di Graz nel 1830 e si trovava nel suo castello in Stiria fino alla Seconda guerra mondiale, quando venne distrutta, con altre opere di Baruzzi, dalle truppe tedesche. Nel 1829 lo scultore inviò una versione della statua all’esposizione di Brera, alla quale partecipava per la prima volta proprio in quell’anno, riportando giudizi molto positivi da parte della critica, non altrettanto favorevole ai suoi busti di Teodoro e Marco Arese, anch’essi esposti in questa occasione. Nonostante ciò la statua rimase invenduta e lo scultore incaricò il conte Carlo Arese di ospitarla a Milano per esibirla a possibili acquirenti e tentò di coinvolgere nell’operazione anche il critico Defendente Sacchi, che aveva scritto una bella recensione sulla scultura, sottolineando il magistero canoviano in essa presente. Nel maggio 1832 la Psiche si trovava ancora a Milano, come ci informa la contessa Fagnani Arese in una lettera a Baruzzi. Ricordando la fuga dalla città di Carlo Arese, la contessa si propone come nuova responsabile della vendita della scultura che purtroppo non può permettersi di acquistare personalmente e che ha già rischiato di finire svenduta in una riffa. La difficoltà di vendere la Psiche a Milano spingerà lo scultore, trasferitosi nel frattempo a Bologna, a riportarla nel suo studio nel febbraio 1833 e a presentarla all’esposizione bolognese di quell’anno. Nel 1838 una richiesta di esportazione ci informa che la Psiche veniva inviata nuovamente a Milano, assieme ad altre opere destinate a Brera. Forse di lì Baruzzi meditava di inviarla in Francia, come farebbe pensare una lettera da Parigi dell’amico Rubin, che lo informa che per una statua simile il prezzo corrente nella capitale francese era di 12.000 franchi. L’idea dovette rientrare, se nel 1839 il collezionista ed amico di Baruzzi, Ambrogio Uboldo, gli scrive da Milano che non gli creava problemi ospitare nella propria casa la Psiche, che ne ornava le stanze destando l’ammirazione dei suoi ospiti, anche se per il momento non era possibile trovarle un compratore. La situazione sembra protrarsi no al 1844. Non è certo che la statua di Psiche, venduta nel dicembre 1845 allo zar di Russia Nicola I per 12.000 franchi e oggi esposta nel castello di Peterhof, sia la stessa o se si tratti di una nuova versione. In ogni caso nell’aprile 1846 si otteneva, a nome dell’agente bolognese dello zar, il conte Francesco Albergati Capacelli, il permesso di esportazione per la statua che venne inviata subito in Russia, a di erenza dell’altra opera commissionata dal monarca, la Venere dormiente che doveva ancora essere scolpita.
Nel 1850 Baruzzi decise di presentare all’Esposizione universale di Londra una replica in marmo della Psiche per la quale richiese una collocazione sopraelevata e centrale rispetto alle altre due opere inviate, la Timpanista e la Trasgressione. Il gesso della statua, ancora oggi conservato presso la villa Baruzziana, è documentato in quella collocazione sia nell’inventario del 1873 che nel successivo inventario testamentario. Recentemente una replica della Psiche in marmo, alta 46 centimetri, è passata sul mercato antiquario. Proveniente dalla collezione Rotschild la statua passò per via ereditaria al sesto conte di Rosebery, Mentmore, che la mise in vendita presso la stessa casa d’asta nel 1977 dove venne acquisita da “mr and mrs. Jack Bailey” che l’hanno rimessa sul mercato nel 2011 (Sotheby’s). Psiche è seduta a terra, con le gambe avvolte da un panneggio ripiegate elegantemente di lato. Il panneggio, raccolto sul pube in forma di nodo, come nella Anfitrite, è lavorato con grande abilità. La figura, nuda dai fianchi in su, appoggia il peso del corpo sul braccio destro, mentre con la mano sinistra alzata avvicina al volto una farfalla, posata su un dito. La farfalla, realizzata in rame dorato, veniva applicata successivamente alla scultura ed è perduta in tutte le versioni superstiti. I capelli della fanciulla sono raccolti sul capo in forma di coda di cavallo trattenuta da un fermaglio da cui sfuggono dei boccoli. L’acconciatura è completata da un nastro legato alla sommità del capo e da una benda che raccoglie sulla nuca i capelli. I lineamenti della figura sono ancora improntati alla regolarità classica e tutta la posa risente del “grazioso” canoviano, ma anche dello stile di Thorvaldsen, alla cui Ebe si richiama il nitido profilo della fanciulla. Il terreno su cui Psiche è seduta è cosparso di fiori e descritto anche nella sua parte erbosa. Sulle spalle della giovane donna si aprono le delicate ali di farfalla che la caratterizzano come personaggio mitologico, ali che nel giudizio accademico di Giacomo De Maria sulla versione prodotta come saggio dell’alunnato romano non erano compatibili con la presenza della farfalla posata sull’indice di Psiche e simbolo dell’anima umana. Tra la versione matura di Peterhof e quella giovanile di Faenza sono evidenti numerose piccole varianti imputabili non solo alle mani diverse degli esecutori presenti in studio, ma anche ad una vera e propria evoluzione del gusto del pubblico e dello stile dell’autore.
Antonella Mampieri
Testo tratto dalla scheda realizzata dall'autrice per il volume 'Cincinnato Baruzzi (1796 - 1878)', secondo numero della Collana Scultori bolognesi dell'800 e del '900, Bononia University Press, Bologna, 2014