Schede
Ammesso con riserva nel 1894, Cesare Alessandrini sarà confermato solo due anni dopo e rimarrà in Collegio, come studente, fino al 1902. In seguito, riceverà uno speciale sussidio che gli consentirà di preparare l’esame necessario al conseguimento della “patente di insegnante di disegno alle scuole tecniche del Regno” e di affiancare Achille Casanova nell’insegnamento presso il collegio. Il piccolo lavoro a olio e eseguito, dall’allora sedicenne Alessandrini, durante il soggiorno estivo presso Medola. Datata 20[?] agosto 1898. L’opera ritrae verdeggianti colline con uno stile compendiario e veloce reso attraverso una tecnica che mescola larghe campiture piatte, stese in maniera piuttosto “liquida”, a veloci pennellate di colore più denso. Una gamma variegata di verdi, applicati a piccoli tocchi, costruisce un paesaggio agreste pedecollinare, il centro del quale è segnato dalla verticale perfetta di un alto pioppo cipressino (Populus pyramidalis). Sulla destra la composizione accenna a un robusto basamento bugnato, al di sopra del marcapiano una balaustrata contraddistingue il loggiato al livello del piano nobile. Si tratta dell’edificio che ospitava abitualmente i ragazzi nel periodo estivo, citato nelle memorie dell’alunnato come Villa Cospi, Casino Ranuzzi al Meldolo o anche Palazzo Cospi Ranuzzi. Il palazzo, noto oggi come Villa Ranuzzi (via Casteldebole, 12), è identificabile, oltre che per via delle indicazioni toponomastiche, in virtù degli invariati caratteri architettonici dell’edificio tardo settecentesco. Sono perfettamente riconoscibili infatti il rivestimento a bugnato e gli elementi della balaustra dell’imponente pronao aggettante della villa.
Nella parte sinistra della composizione l’orizzonte è sbarrato dalla massa di un colle non molto alto e caratterizzato da un gruppo di costruzioni nella tipica tonalita rossastra del mattone bolognese. Volumi appena abbozzati descrivono il profilo dell’Eremo di Tizzano con il suo massiccio campanile e corpi di fabbrica che furono, prima delle soppressioni napoleoniche, foresteria dei monaci, casa del priore e cenobio. Nonostante la pittura veloce e l’assenza di disegno, l’abilità del giovane è in grado di suggerire in modo preciso, con pochi essenziali tocchi, un paesaggio estremamente riconoscibile, in una atmosfera atemporale quasi priva di ombre.
Gli studenti del collegio erano soliti passare i mesi di agosto, settembre e ottobre nella villa di Medola, dalla quale partivano di tanto in tanto per gite a Praduro e Sasso (oggi Sasso Marconi) e a Casalecchio, facendo occasionalmente ritorno in città per brevi periodi. Fa eccezione l’estate del 1891, quando la villeggiatura viene trascorsa sulle colline del Valdarno fiorentino. Durante questi soggiorni i giovani artisti erano sollecitati soprattutto a compiere studi dal vero en plein air. A questo proposito è suggestiva la descrizione di una giornata di vacanza che ci ha lasciato, attraverso le pagine delle Memorie dell’alunnato, uno dei compagni di corso di Alessandrini, Ferruccio Scandellari che, il 4 agosto 1898, scrive “Stamane ci siamo alzati alle 2 per andare al Sasso. La gita e lunghetta, un po’ noiosa, ma le viste che si godono da quel punto, ricompensano assai la fatica fatta. Là, dove s’erge a picco la massa compatta del Sasso, sostenuta da un gran muro che ricorda la terribile catastrofe di pochi anni fa, l’occhio tuo può spaziare per una infinita di bellezze innanzi alle quali si perde e si confonde. Vede di lontano colli e monti che si accalcano, si addossano gli uni sugli altri, coi clivi che scendono rapidamente in profondi burroni, o dolcemente in ubertose pendici e i bianchi sassosi letti del Setta e del Reno che si congiungono in uno solo. E mentre esterefatto [sic.] contempli quelle meraviglie, ti risveglia l’acuto sibilo del vapore, che passa sotto ai piedi a pochi metri d’altezza dal letto del fiume e spare sbuffando fra le montagne”. La catastrofe alla quale il ragazzo fa riferimento è il crollo della Rupe avvenuto il 24 giugno del 1892. La fresca narrazione del ragazzo, poco più che adolescente, descrive perfettamente la contraddittoria condizione dell’uomo di fine Ottocento, agitato tra natura e tecnologia, tradizione e spirito di rinnovamento.
Elisa Baldini
Testo tratto dal catalogo della mostra "Angelo Venturoli - Una eredità lunga 190 anni", Medicina 19 aprile - 14 giugno 2015.