Schede
Nell’ottobre del 1858 Luigi Serra, dodicenne, viene ammesso al Collegio Artistico Venturoli di Bologna insieme a Raffaele Faccioli, Filippo Buriani, Gustavo Guarini, Nicola Massa e Alfonso Tambroni.
Era nato a Bologna l’8 giugno del 1846 da Federico e Giulia Chichisioli e in collegio riceve i primi insegnamenti da Gaetano Serrazanetti e poi da Luigi Busi. Nel 1863 inizia gli studi all’Accademia di Belle Arti di Bologna dove segue i corsi di Antonio Puccinelli, Giulio Cesare Ferrari e dello scultore Salvino Salvini.
Non mancano i premi accademici e i successi scolastici fino al 1866, anno in cui partecipa al concorso per il Pensionato Angiolini, che permetteva agli allievi del Venturoli di usufruire di un assegno mensile e studiare fuori Bologna per quattro anni. Serra lo vince con un soggetto d’invenzione “nel genere della pittura storica”, Saul tenta di uccidere colla lancia Davide che gli sta dappresso toccando l’Arpa (Bologna, Fondazione Collegio Artistico Venturoli), giudicato meritevole da una commissione in cui figura Giulio Cesare Ferrari, professore in Accademia sia di Serra che dell’amico e compagno di studi Faccioli, anch’egli vincitore della pensione.
La destinazione scelta per il primo biennio di studio è la città di Firenze, dove Serra ha modo di studiare l’arte del Quattrocento, così come espressamente previsto dal programma di pensionato, ma anche di aggiornarsi sugli ultimi sviluppi della pittura moderna.
Questo studio di nudo accademico, insieme a quelli dei due frati presentati in questa stessa occasione, sono i primi saggi inviati dall’artista a Bologna durante il pensionato, regolato da un rigido programma di valutazione dettato dagli amministratori del collegio.
Il dipinto mostra una sicurezza tecnica che esce dagli schemi della pittura tradizionale bolognese, di cui esempio primo per Serra è certamente Luigi Busi, e appare invece maggiormente impegnata verso una ricerca pittorica volta ad una resa luministica attenta ai valori tonali, attraverso i quali Serra modula tutta l’anatomia della figura. Non è la poetica dei Macchiaioli (che comunque a Firenze frequenta e conosce) a segnare la sua arte, ma la vicinanza di Saverio Altamura a influire maggiormente sul nostro artista e il richiamo alla pittura di storia di matrice romantica tipica dell’arte napoletana di quel giro di anni, rappresentata in primis da Domenico Morelli, esempio imprescindibile per un’opera come L’esilio di Maria de’ Medici, dipinta dal Serra durante il soggiorno fiorentino e presentata alla Protettrice bolognese proprio nel 1868, oggi purtroppo dispersa.
In questo nudo l’attenzione particolare dell’artista per la resa del ‘vero’, come rileva Poppi, lo porta a dimenticare la “posa rigida e convenzionale del modello” al quale è ovviamente obbligato, e a “creare un’immagine più spontanea e immediata possibile, evitando così lo stereotipato ‘clichè’ di tanti esercizi accademici”. Ecco allora che il modello diventa la figura fiera che impugna decisa il bastone e sfida l’artista, e noi, con sguardo altero. Ci colpisce la sintesi del fondo, appena accennato con tratti veloci e sicuri, e l’evidenza plastica della figura che vi si staglia con grande chiarezza, in virtù degli accorgimenti pittorici che ne esaltano l’effetto chiaroscurale: il lieve contorno della parte in ombra sulla destra e il contrasto della parte illuminata del corpo con un fondo leggermente oscurato.
Già in questa prova, appare evidente la volontà di fare dell’arte qualcosa che vada oltre il vero e che sia portatrice di un’ideale non solo per ciò che concerne la forma, ma soprattutto il carattere.
Barbara Secci
Testo tratto dal catalogo della mostra "Angelo Venturoli - Una eredità lunga 190 anni", Medicina, 19 aprile - 14 giugno 2015.