Schede
Giovanni Barbieri (Bologna, 1780 - 1864), Naufragio, olio su tavola, cm. 32,8 x 42,3, firmato e datato sul retro della tavola Giovanni Barbieri fece 1852. Anche per Barbieri, come per Campedelli, le fonti ricordano un apprendistato sotto la direzione di Gaetano Tambroni. Le vicinanze tra i due pittori non si arrestano qui. Anche per Barbieri, infatti, come per il più giovane Campedelli, il primo riconoscimento era avvenuto nel genere del “paese di storia”, con la vittoria nel 1808 del Premio Grande Curlandese con una tela sul soggetto obbligato di Saffo che si getta dalla rupe di Leucade (Bologna, Galleria d’Arte Moderna); entrambi i due artisti, inoltre, si erano specializzati nella pittura di cavalletto, esponendo con continuità le loro opere alle mostre dell’Accademia, che nei primi decenni del secolo rappresentavano l’unica forma, ancora embrionale, di moderno mercato dell’arte; tutti e due, infine, hanno avuto significativi riconoscimenti accademici. Le vicinanze s’arrestano però a questi elementi, in certo senso esterni, perché lontane, se non opposte, appaiono le scelte stilistiche dei due pittori e lo stesso modo di interpretare il loro ruolo di artisti.
Se, infatti, Campedelli sembra poter entrare nel cliché dell’artista romantico che mette in campo emotività e tecnica, pronto a mutare stilisticamente secondo un percorso nel quale vita e arte si intrecciano nell’evolversi della sensibilità individuale, Barbieri appare, all’opposto, un distaccato professionista dell’arte, per il quale differenti stili e maniere sono interscambiabili, al fine di raggiungere l’obiettivo di accontentare il gusto della propria clientela. Dotato di un solido mestiere, Barbieri era in grado di rendere con buona fedeltà l’impressione del vero naturale, così come sapeva comporre una veduta alla maniera di Poussin o Lorrain: non faticava a trovare le giuste forme per paesaggi ideali, sublimi o pittoreschi, dei tempi antichi o dei “bassi tempi”, in pieno giorno o nella notte fonda, con dovizia di tutti i vari accidenti atmosferici e la opportuna presenza di ben sistemate macchiette. La produzione di Barbieri è stata vasta, e certamente larga è stata la sua clientela che veniva dai ranghi della borghesia medio alta, desiderosa di affermarsi culturalmente sebbene priva di grandi disponibilità economiche.
Tipico rappresentante di tale ceto rampante a Bologna negli anni della Restaurazione era il medico, professore universitario e poeta dilettante Vincenzo Valorani, il quale nel suo appartamento di strada Maggiore, non potendo realizzare una “stanza a paese”, si accontentò di raccogliere una discreta collezione di paesaggi e vedute disposte sulle pareti della sua abitazione, e con una particolare regia nella cosiddetta “camera verde”. Nella raccolta Valorani, donata per volontà testamentaria al Municipio di Bologna nel 1853, su un numero complessivo di 23 opere, facevano bella mostra 2 Fantuzzi, 2 Termanini, 1 Campedelli, 1 Bassi e ben 12 Barbieri, con titoli del tipo: Campagna amena di stile del lorenese, Luogo alpestre con caduta d’acqua, Luogo di stile possinesco e così via fino al Luogo senza positivo carattere. Pur con una preferenza per soggetti della tradizione classicista, Barbieri non ha disdegnato la frequentazione di tematiche più propriamente romantiche, soprattutto nel sesto decennio, quando anche a Bologna, grazie a figure come Ferdinando Fontana e Luigi Venturi, si era diffuso il gusto del paesaggio storico letterario alla Massimo D’Azeglio. Al repertorio aperto sulle novità stilistiche degli anni Cinquanta appartiene questo Naufragio che si assesta su un livello qualitativo alto della produzione di Barbieri, incline a volte a un fare più corrivo e disimpegnato, probabilmente per una clientela dalle esigenze limitate. A prima vista il motivo del naufragio, qui descritto da Barbieri, può apparire estremamente generico per la inevitabile presenza degli elementi che caratterizzano la scena: onde tempestose, scogli, relitti, naufraghi e via dicendo. Pur nella fissata iconografia della pittura di marine, sembra, però, che Barbieri abbia in questo caso tentato un aggiornamento su modelli che si stavano affermando a livello internazionale, guardando in particolare alle opere dell’armeno Ivan Ajvazovskij. Quest’ultimo aveva viaggiato in Italia nel 1841, ritraendo tra l’altro la scogliera amalfitana, le cui imponenti scogliere si distinguono in un grande Naufragio (San Pietroburgo, Museo Russo di Stato) dipinto tre anni dopo e dal quale sembra abbia tratto ispirazione Barbieri per la propria tela. D’altra parte il passaggio di Ajvazovskij in Italia aveva suscitato notevole interesse e il pittore, la cui fama era cresciuta con il trascorrere degli anni, era ben conosciuto anche a Bologna. Certamente a Barbieri non era, infatti, scappata la recensione alla Esposizione delle opere di pittura di Aivazovschi in Odessa, apparsa sulle pagine della rivista cittadina “L’Osservatore” del 28 settembre 1850 e certamente non gli deve essere stato difficile procurarsi incisioni delle opere dell’illustre pittore russo-armeno.
In collaborazione con Galleria de' Fusari, Bologna. Testo tratto da: Claudio Poppi (a cura di) 'Da Antonio Basoli a Luigi Busi: Bologna, Ottocento ...Senza macchia!', 2005.