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Monumento di Genuzio Bentini

bassorilievo 1949

Schede

Presso le società occidentali di matrice culturale cristiana il monumento funebre non è mai da vedersi come opera d’arte fine a se stessa o volta all’unico scopo di esprimere il cordoglio; esso è da intendersi infatti anche come un riflesso, come un eco, di particolari momenti storici, culturali, persino politici e da tali ne è inevitabilmente influenzato. Un caso rappresentativo e del quale abbiamo notevole documentazione è il monumento alla memoria di Genuzio Bentini, situato nel Cortile della Chiesa di S. Girolamo della Certosa bolognese.
Molto interessante è osservare la progressione di stadi, anche a livello concettuale, subita dai vari progetti di realizzazione della tomba, dei quali abbiamo ampia documentazione: si va da un vistoso simbolismo di cultura ottocentesca, a un progressivo realismo, passato attraverso allegorie di gusto neoclassico. Il primo progetto che fu presentato dal pittore bolognese Ferdinando Silva, come si può notare, è caratterizzato da una spiccata simbologia ottocentesca, per la decifrazione della quale è stato ritenuto necessario dall’autore allegare un foglio che ne spiegasse sia l’intento (“Si vuole alludere all’azione compiuta dal penalista e dall’apostolo per l’elevazione materiale e spirituale degli uomini”, vi si legge) sia il significato di tutti i simboli:
Catena spezzata/liberazione; Magli/redenzione nel lavoro; Spada priva di punta/difesa, non offesa; Serpe trafitta/contro l’invidia; Stilo/arte oratoria; Fiaccola/fede; Bilancia/Giustizia.
Questo iniziale progetto non sarà preso in considerazione sia perché prevedeva il rivestimento completo della parete, sia perché manca un’opera in scultura. Di conseguenza il professor Silva modificherà il progetto in una direzione spiccatamente neoclassica, in chiave simbolica ed evocativa: ed ecco, quindi, comparire l’allegoria della Giurisprudenza velata a lutto per la perdita dell’insigne penalista da fare scolpire all'artista Enzo Pasqualini. Per quanto quest’ultima proposta si avvicinasse maggiormente alle aspettative dell’amministrazione comunale, è ragionevole dedurre che sia stato richiesto un ulteriore cambiamento: siamo nell’immediato dopoguerra, la città reca ancora ben visibili le ferite del conflitto e c’è tanta voglia di riscatto, di concretezza. Alla luce di ciò è comprensibile che per celebrare la memoria di un cittadino tanto attento all’interesse collettivo e fermo oppositore del regime fascista si sia preferita una lapide dal gusto realista recante una forte tematica sociale: un uomo stringe la destra ad un altro e contempora neamente gli appoggia la sinistra sulla spalla come per rassicurarlo ed incoraggiarlo, è l’emblema de “la solidarietà umana”, come precisa Ferdinando Silva in calce a questo terzo progetto.
La versione definitiva del monumento funebre, quella che vediamo oggi, realizzata sempre dallo scultore Enzo Pasqualini, sarà proprio una evoluzione di quest’ultima idea: vi compaiono, a figura intera, una madre con in braccio il suo bambino, un lavoratore a torso nudo girato di schiena e un ultimo personaggio che si dispera con la testa tra le mani. Infine, l’avvocato Genuzio Bentini accoglie con le mani le due figure maschili. Sotto al bassorilievo compare una lunga epigrafe, dai toni retorici, che ne tesse le lodi.

Francesca Canuti

Bibliografia: F. Andreucci, T. Detti (a cura di), Il movimento operaio italiano - Dizionario biografico (1853- 1943), Roma, Editori Riuniti.

Testo tratto da: Buscaroli B., Martorelli R. (a cura di), Luce sulle tenebre: tesori preziosi e nascosti della Certosa di Bologna, catalogo della mostra, Bologna, Bononia University Press, 2010