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Manico di specchio a forma di figura femminile

fine XVIII - inizi XIX dinastia (ca. 1319 - 1279 a.C.)

Schede

Il corpo aggraziato e sensuale di questa fanciulla serviva da manico per uno specchio, uno degli oggetti da toilette più ambiti dalle signore egiziane facoltose. Un disco in bronzo o in argento, ora scomparso, era fissato alla testa della statuetta in legno: il foro d'incastro è ancora visibile all'interno del copricapo di piume (modio) sovrastante la parrucca. I lunghi riccioli, trattenuti da una fascia che si annoda dietro la testa, e i grandi orecchini in avorio attirano sul volto l'attenzione di chi guarda. Il gesto noncurante con il quale la fanciulla sposta una ciocca di capelli dietro la spalla destra, mentre stringe al petto un uccellino dalle ali dischiuse, avanza in modo quasi impercettibile la gamba sinistra e divarica un poco i piedi, induce poi a scoprire l'intera nudità del corpo, modellato con bilanciata armonia, delicata prosperosità e vitale tensione. Era forse così, eternamente giovane, che la proprietaria dello specchio avrebbe desiderato scoprirsi ogni mattina, nell'utilizzarlo per la cura e la cosmesi del proprio corpo.

Manico di specchio a forma di figura femminile. Provenienza: Egitto: località ignota. Collezione Palagi. Datazione: Nuovo Regno: fine XVIII - inizi XIX dinastia (ca. 1319 - 1279 a.C.). Materiale: legno e avorio. Dimensione: cm 14,5 x 3,4 x 3. Numero di inventario: KS 1859. Bibliografia: Museo Civico di Bologna. Catalogo di Antichità Egizie descritte dal prof. cav. Giovanni Kminek-Szedlo, Torino, 1895, n. 1859; Laurenzi, Luciano, Un capolavoro del Museo Civico di Bologna. La fanciulla egizia, in: Strenna Storica Bolognese, Bologna, 1956, 6, pp. 57-59; Curto, Silvio, L’Egitto antico nelle collezioni dell’Italia settentrionale, Bologna, 1961, n. 199; tav. 56; Pelagio Palagi artista e collezionista, Bologna, 1976, n. 519; Il senso dell’arte nell’antico Egitto, Milano, 1990, n. 91; Morigi Govi, Cristiana, La collezione egiziana, Milano, 1994, p. 78; Ziegler, Christiane, I Faraoni, Milano, 2002, n. 146; Sparagni, Tulliola, Un diavolo per capello. Dalla sfinge a Warhol Arte Acconciatura Società, Milano, 2006, B 65.

"Non è vero che il popolo egizio sia stato oppresso dal pensiero della morte e che pertanto non abbia saputo raggiungere le sfere superiori dell'indagine filosofica e l'espressione di quell'arte che rende insieme il vero e il pensiero. L'egizio fu un popolo che espresse in ogni sua manifestazione il proprio ambiente geografico, la perennità dei ricorsi delle inondazioni del suo fiume, la solennità di quella grandiosa oasi che è la valle del Nilo, ricca, evoluta, civile, isolata allora nello squallore del deserto immenso che la contorna; tutto fu eterno per l'Egizio com'è eterna la vita e eterna la morte, che non esistono, poichè i morti vivono nei viventi e questi in quelli. Insieme con i popoli della Mesopotamia, l'egizio costruì la civiltà moderna, fece uscire l'umanità dallo stato primordiale del nomade in ricerca continua di terreni freschi per la sua misera coltivazione, costruì città, inventò le scienze e con esse la ricchezza e il bisogno del superfluo, cioè dell'ornamento d'arte. E fu felice perchè pensò che l'uomo non dovesse mai morire. La preservazione della forma terrena nell'antichità è già il tema della plastica nel Regno Antico. Il defunto è costruito nella sua realtà essenziale, nei suoi volumi precisi, senza alcuna annotazione minuta che dia una qualsiasi impressione di mimica, di mutevolezza, di provvisorietà. Le teste delle statue funerarie dell'antico regnosono veri ritratti, ma destinati ad essere intesi in una fissità immortale, non come descrizioni di un momento psicologico della vita dei rappresentati. Allo stesso modo il corpo dei rappresentati è esattamente nella realtà, ma in una realtà fatta di volumi essenziali, come di una umanità pietrificata, doventutte le annotazioni superficiali siano scomparse. Per giungere a questa cristallizzazione dell'umanità del defunto, l'artista egiziano ha ricorso alla semplificazione tettonica, all'impostazione frontale delle figure, alle gravitazioni elementari. Durante il Regno Medio, perduta la fede del popolo nella presenza in terra del monarca-dio e quindi nella perenne attualità del carattere sacro della terra d'Egitto, scompare la solidità granitica dell'impostazione delle statue dell'antico regno e alla costruzione con volumi essenziali si sostituisce un modellato più morbido da cui esce una espressione psicologica più umana e quasi pensosamente triste. Ciò per quanto riguarda la grande plastica; ma durante il Regno Medio ebbe ampio sviluppo anche la produzione di statuette di varie materie, soprattutto di legno, rappresentanti servi o comunque dipendenti del defunto, al lavoro, resi con schemi ritmici che hanno ancora la rigidità dell'antico regno, ma con particolari precisi riproducenti la realtà. Con qualità d'arte superiore e con una originalità che esclude la meccanicità, essi rientrano in quell'orizzonte artigiano che comprende le figure dei nostri presepi e le riproduzioni di numerosi esemplari di soldati e di combattenti che allietano i nostri bimbi. Come per questi i giocattoli rappresentanti l'artigliere o il lanciere sono figure reali che la fantasia può ingrandire, così le figurette di legno del Regno Medio erano, per chi le aveva dedicate al defunto, figure reali destinate ad aiutare il morto nell'al di là. Anche se convenzionali e monotone nella rappresentazione collettiva, esse hanno tuttavia quei particolari minuti che precisano la funzione; così la domestica che porta in capo il canestro e in mano il volatile è veramente la domestica che si vede tutti i giorni, così la sfilata di truppe davanti a un capo militare è la precisa riproduzione in scala ridotta di una vera sfilata di truppe, poiché se mancassero i particolari riproducenti la vita terrena, l'efficacia magica delle figure sarebbe nulla. Il Regno Nuovo, dopo un lungo periodo di oppressione straniera, nasce sotto l'insegna del nazionalismo, in una temperie politica che si potrebbe chiamare moderna. Esiste nel mondo orientale alla metà del secondo millennio avanti Cristo un equilibrio di grandi potenze, degli Ittiti, dei Babilonesi, degli Achei e degli Egizi. I re, convenzionalmente "fratellI" fra loro, tengono una corrispondenza attiva in una lingua diplomatica, il babilonese; fervidi sono i rapporti commerciali. L'Egitto è più ricco di prima, il suo re è teoricamente dio, figlio di Ammon-Ra e teoricamente possiede tutta la terra d'Egitto; in realtà è il primo funzionario dello stato con molti doveri, oltre ai suoi innumerevoli diritti, e ha diviso le terre fra i collaboratori maggiori e minori. Esiste peraltro anche una vasta classe artigiana, libera non schiava, di difficile manovra. L'Egitto del Regno Nuovo è dunque di più facile comprensione, più facilmente rievoca per noi che non l'Egitto delle età precedenti. Epperò comprendiamo come l'orgoglio della rinascita, la fortuna di avere avuto per lungo tempo una serie di Faraoni attivi e intelligenti, la ricchezza facilmente conseguibile in un lungo periodo di pace e di intensi rapporti internazionali abbiano creato un nuovo gusto sconosciuto ai regni di prima, quello della raffinatezza. Nell'arte del Regno Nuovo, non si giunge alla idealizzazione, non si devia dai principi di fissità veristica ereditati dal Regno Antico, ma il fine diventa l'eleganza, l’espressione della gioia del vivere, reto in scene di delizie, in delicatissime figure femminili. Questa statuetta del Museo Civico di Bologna illustra come poche al are il nuovo gusto rinascimentale sostanziato di eleganza e di naturalismo insieme. E di legno, probabilmente di carrube, come molte delle statuette di quell'età che non venivano dipinte, perchè col tempo il legno acquistava durezza e insieme un tono caldo, scuro, ma non nero, molto simile a quello dell'epidermide del popolo egizio; rappresenta una fanciulla nuda con in capo la benda nemes » e la chioma sparsa sulle spalle. Ha due begli orecchini di avorio a forma di disco e porta la mano destra dietro l'orecchio. Potrebbe essere un grazioso gesto femminile, come di una che si aggiusta i capelli, ma potrebbe anche essere interpretato con un'atteggiamento della toilette» femminile: la giovinetta ha infatti nella sinistra un oggetto a forma di volatile, che forse non era un uccello vero, ma ana pisside col coperchio a forma di uccellino e contenente profumi. In tal caso si potrebbe pensare che la bella fanciulla si profumasse il retro delle orecchie come ancora oggi costumano le nostre eleganti. Sopra il capo è un giro di foglie di papiro creato per ospitare il manico di un qualche oggetto. Si è pensato ad uno specchio, ma bisogna aggiungere che doveva essere uno specchio votivo, destinato a una tomba, perchè la sta troppo fragile per essere stata impugnata ogni giorno. Era destinata a una morta-viva, come tutte le defunte d'Egitto e contiene in sè tutta la storia affascinante di quella terra. Ha l'immobile vivezza eterna del meraviglioso scriba del Louvre, più antico di molte centinaia di anni,e ha la delicata, fine, veritiera bellezza del Ramesse II del Museo Egizio di Torino. Io credo sia proprio di quell’epoca. LUCIANO LAURENZI". (Testo tratto da "UN CAPOLAVORO DEL MUSEO CIVICO DI BOLOGNA, LA FANCIULLA EGIZIA", in "Strenna storica bolognese", anno sesto, 1956.

In collaborazione con il Museo Civico Archeologico di Bologna ed il Comitato per Bologna Storica e Artistica.