Schede
All'inizio dell'Ottocento l'unico fra i concorsi settecenteschi della soppressa Accademia Clementina di Bologna che ebbe prosecuzione per volere del Comune fu il premio Curlandese. Dopo un viaggio compiuto a Bologna nel 1785, Pietro Duca di Curlandia aveva donato alla città mille zecchini in segno di gratitudine per l'accoglienza ricevuta e con lo scopo di istituire un premio a favore degli studiosi delle belle arti. Passato sotto l'amministrazione del Municipio il concorso non perse la sua identità. Premi in denaro si sostituirono alla medaglia d'oro assegnata annualmente, con il criterio della rotazione, a un artista nelle discipline pittoriche, incisorie e plastiche o architettoniche. All'Accademia rimase il diritto di proporre i temi e scegliere i giudici mentre l'opera premiata sarebbe divenuta proprietà del Comune ed esposta nelle sale dell'Accademia.
Nel 1903 il premio Curlandese viene bandito per la scultura e l'incisione. Il collegio accademico il 17 aprile propone al Municipio la seguente terna di temi per la scultura: Un episodio della distruzione di Pompei, L'aratura e Maternità, i primi due da svolgersi a bassorilievo della misura di un metro e venti per il lato maggiore, il terzo a tuttotondo della misura di due terzi dal vero. Per l'incisione il collegio stabilisce la riproduzione di un quadro di «buon autore» da farsi all'acquaforte o a bulino. La giunta comunale il 23 aprile sceglie come tema di scultura L'aratura e dispone il premio di 1.200 lire per quest'ultima e di 600 lire per l'incisione in rame (premio raddoppiato in quanto nel 1900 non era stato conferito). I lavori degli artisti partecipanti dovranno essere da regolamento consegnati entro le ore quindici del 15 aprile 1904 alla segreteria dell'Accademia. Mancando la documentazione d'archivio, dispersa per motivi bellici, si hanno notizie su questo concorso solo dai giornali dell'epoca da cui si evince che le opere del Curlandese vengono esposte insieme a quelle del concorso Baruzzi lungo il loggiato inferiore dell'Archiginnasio. Tra i bozzetti, la cui collocazione è curata dall'accademico professor Colombi e dallo scultore Ettore Sabbioni, vi è il gesso di Silverio Montaguti contraddistinto dal motto O che solenne come un monumento, verso della poesia Il bove di Giosuè Carducci, le cui liriche furono già fonte di ispirazione per il gruppo scultoreo del concorso all'8 Agosto 1848. Il giornalista del “Carlino” ritiene il bozzetto dell'artista il migliore tra i dodici esposti per la maturità di esecuzione e per una «migliore dignità di linea». Critica aspramente l'istituto di questi concorsi considerandoli «in assoluta antinomia con lo spirito dell'arte moderna» soprattutto il Curlandese che nell'assegnare un tema distrugge ispirazione e invenzione. Il 20 maggio 1904 la commissione assegna il premio all'opera di Montaguti.
Vibrante brano di vita rurale, L'aratura presenta una composizione equilibrata che mette in risalto il graduare dei piani dallo stiacciato del contadino all'altorilievo delle teste dei buoi. Il taglio diagonale imprime alla scena un forte movimento rafforzato dall'incedere della figura femminile che pungola gli animali controllando la loro grave marcia, dalle superfici mosse che creano giochi chiaroscurali e dal maiale in primo piano che stabilisce una direttrice opposta alla principale. L'attenzione al dato verista si evidenzia nella magrezza degli animali rilevata dalla sporgenza delle costole e dalla pelle raggrinzita, nelle zampe che sprofondano nel terreno appena smosso, a rappresentare la fatica del lavoro agricolo a cui tutta la famiglia partecipa. L'aratore e la donna sono figure in secondo piano in quanto l'intera scena è dominata dai buoi. Carducci nella sua poesia ne elogia la servilità: il bove è un animale umile che asseconda l'opera dell'uomo pur mantenendo dignità e fermezza che lo rendono «solenne come un monumento». Nel partecipare i sentimenti carducciani Montaguti guarda con occhio benevolo anche alla vita delle classi lavoratrici di cui offre un felice spaccato nella figura femminile scalza con in braccio il figlioletto. Spesso i temi a lui cari si insinuano profondamente nel suo animo da non rendergli sufficiente il primo sfogo creativo ma costringendolo a elaborazioni successive. L'aratura diviene così il soggetto di un piccolo studio in gesso patinato notevolmente stilizzato e di un bassorilievo in gesso (62 x 133 cm) dove, con una modellazione più sommaria, l'artista raffigura il fecondo lavoro nei campi ponendo nuovamente in posizione predominante gli umili e servili animali cantati dal Carducci. La composizione, meno efficace e incisiva rispetto al rilievo presentato al premio Curlandese, si svolge lungo un'unica direttrice che con un debole moto ascendente, appena accennato dall'incedere degli animali e dal contadino che li guida, tutto proteso in avanti, attraversa l'intera opera. Entrambi i rilievi, conservati presso gli eredi Montaguti a Roma, vengono realizzati nei primi anni del Novecento.
Federica Fabbro
Testo tratto da: F. Fabbro, Silverio Montaguti (1870 - 1947), Bononia University Press, 2012. Fonti: Bologna, Archivio Storico Comunale, Titolo XIV, Rubrica 2, anno 1903. Bibliografia: I Concorsi Curlandese e Baruzzi, “Il Resto del Carlino”, 21 - 23 maggio 1904; Catalogo della galleria d'arte moderna, Villa delle Rose, a cura di G. ZUCCHINI, Bologna, 1936, p. 11; A. BARUFFI, Commemorazione di Silverio Montaguti, tenuta il 26 febbraio 1948, “Atti e memorie dell'Accademia Clementina di Bologna”, IV (1948), p. 49 - 50; Opere del ventesimo secolo nelle raccolte comunali d'arte, a cura di F. SOLMI, Bologna, Grafis, 1975, p. 204; Francesco Francia. Associazione per le arti 1894 - 1994, Villanova di Castenaso, Renografica, 1995, p. 30; E. CONTINI, I “Satiri” del Montaguti rivivono a Porta Galliera, “Art Journal”, I (2003), p. 15; F. FABBRO, Silverio Montaguti un artista ritrovato, tesi di laurea, relatore Prof. M. DE GRASSI, Università degli Studi di Trieste, Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a. 2007 – 2008, pp. 29 – 32; La Certosa di Bologna. Un libro aperto sulla storia, catalogo della mostra di Bologna, Museo civico del Risorgimento 25 maggio - 15 luglio 2009, a cura di R. MARTORELLI, Bologna 2009, p. 166.