Schede
Mario De Maria (Bologna, 1852 - ivi, 1924), L’Alunna, 1886, olio su tela, 70 x 40 cm. Museo Ottocento Bologna.
A Natale del 1886 usciva su «La Tribuna» l’Isaotta Guttadauro di Gabriele D’Annunzio, che fu illustrata nell’edizione “Picta” dagli artisti che frequentavano l’omnibus del Caffè Greco: Giulio Aristide Sartorio, Giuseppe Cellini, Enrico Coleman, Onorato Carlandi, Alfredo Ricci, Vincenzo Cabianca Cesare Formilli, Alessandro Morani, presero parte all’esperienza e Mario De Maria scelse di rappresentare due sonetti, Eliana e L’Alunna. Quest’ultima segue esattamente la poesia del Vate, descrivendo le fragilità e le paure di una giovane fattucchiera: «In due momenti diversi egli fermò il viaggio della donna cui saranno dischiusi i penetrali della magia. Nel primo i vecchi bianchi e taciturni seguono la donna cavalcante: una falce di luna li illumina a sprazzi passando traverso un groviglio di serpenti; nel secondo possiamo scorgere un primo saggio di quella strana vivificazione umana della luna, di cui l'artista ci offrirà poi quadri completi. In fondo la stessa palude, ma più livida sotto lo sguardo della luna quasi piena e come invecchiata e trasfigurata in teschio sghignazzante: anche più spaventoso è il corteo delle nubi» (Pantini, Emporium, 1902). Raccontava Ugo Ojetti di un serpente, trovato nelle campagne romane, che il pittore custodiva con orgoglio nel suo studio di via Margutta 33 a Roma. Quello stesso serpente fu tra i protagonisti dell’Alunna: «In fondo all’acque cupe di tristizia si muovono talor vaghe figure» scriveva D’Annunzio, e De Maria inserì, in primo piano, tre teste sinuose di viscidi rettili che rappresentavano le paure della protagonista.
Con L’Alunna l’artista toccò straordinari effetti luministici, attraverso l’uso della biacca, tipico di questo primo periodo romano e che, tuttavia, abbandonerà presto (e rinnegherà) arrivato a Venezia, a favore di nuove sperimentazioni con il colore rembrandtiano. Si noti la maestria con cui egli media le diverse tonalità di nero, costruendo i personaggi in primo piano, illuminati dalla «notte di latte». La luna a teschio diventa l’emblema del Naturalismo spiritualistico di Mario De Maria, parallelo italiano alle ricerche del Simbolismo francese di Odilon Redon. L’opera è stata recentemente ritrovata da chi scrive ed è oggi permanentemente esposta presso il Museo Ottocento Bologna. Il primo momento dell’Alunna, la versione con la luna a falce e senza nubi, è tuttora dispersa.
Mario De Maria, attraverso il linguaggio di D’Annunzio -con cui condividerà un rapporto di amicizia di anni-, diede vita a potenti mondi parnassiani: la giovane donna dell’Alunna, chiusa in un’«armatura di gioielli», sfida la realtà circostante dove «l’aria forme truci assume». Si può notare poi sullo sfondo la suggestione delle nuvole che evocano la forma dell’Italia, dove il teschio è posizionato sulla città di Fiume.
Francesca Sinigaglia
Bibliografia: G. D’Annunzio, Isaotta Guttadauro ed altre poesie, Ed. La Tribuna, Roma 1886. Museo Ottocento Bologna, Guida del Museo, Bologna 2023. Marius Pictor (1852-1924): Ombra cara, (a cura di) F. Sinigaglia, Museo Ottocento Bologna, 2024.