Schede
L’astuccio con i due Ferri chirurgici dei quali si valse il dottor Cesare Conti a medicare la ferita riportata da Giuseppe Garibaldi nel combattimento di Monte Suello (3 luglio 1866). Entro apposita busta il legno, con vetro interno dalle due parti e con cartello relativo di pugno del Conti venne donato nel 1896 dal dottor Conti al marchese Filippo Giacomo Rusconi, che a sua volta lo cedette al Municipio di Bologna, unitamente ad una breve memoria degli eventi.
In questa memoria, dal titolo Ricordo storico, il dottor Conti scrive: …Visitai la ferita d’arma da fuoco, posta nella parte anteriore della coscia sinistra, vicino all’inguine, interessante la cute, il tessuto sottostante e poche fibre muscolari; e potei assicurare che realmente era ferita di nessun pericolo e da poter permettere fra pochi giorni di diriggere in carrozza operazioni guerresche e mi accinsi a medicarla. Il generale accese un mezzo sigaro toscano… Dalla ferita e dai due fori di essa, quasi paralleli, risultava essere Egli stato ferito di fianco e non di fronte come egli si trovava. Medicai la ferita, dalla quale estrassi qualche brandello del tessuto dei calzoni ed i ferri che usai – una pinzetta ed uno spicillo – ancora insanguinati, conservai per ricordo…
Nella campagna del 1866 i volontari arruolati al seguito del generale Garibaldi, per la prima volta reclutati alla luce del sole, furono oltre 30.000: tanti, forse troppi, pieni d’entusiasmo, ma spesso scarsamente preparati, poco avvezzi alla disciplina e forniti di armi scadenti. Vennero mandati in Trentino, un fronte marginale, con gravi problemi logistici e poco adatto alle azioni di sorpresa e ai movimenti improvvisi in cui Garibaldi eccelleva. Nonostante questo, i garibaldini furono gli unici combattenti italiani in quella Terza guerra di Indipendenza a distinguersi ed a riportare vittorie, sebbene lo stesso Garibaldi venisse ferito proprio all’inizio della campagna. Fu uno dei suoi stessi soldati che per errore lo colpì mentre si portava a cavallo alla testa dei volontari. Una ferita alla coscia abbastanza superficiale, che fu medicata da Ruggero Barni, Enrico Albanese e dal bolognese Cesare Conti (1828-1907).
Quando tornò sul campo di battaglia, il Generale non poté più salire a cavallo e dovette partecipare ai combattimenti da una carrozza o da una lettiga. L’andamento complessivo della campagna risentì negativamente di questo evento. Garibaldi dovette fidarsi dei suoi luogotenenti o delle carte geografiche, non potendo verificare in prima persona la situazione reale; ma il suo intuito militare era intatto, e si rivelò decisivo in più occasioni. Restava immutato anche il suo carisma: a Bezzecca, saputo dell’attacco a sorpresa degli austriaci, arrivò con la carrozza sul campo di battaglia per rianimare i suoi uomini e ordinare il contrattacco, trasformando l’iniziale sconfitta in vittoria. Una vittoria inutile, però: l’armistizio con l’Austria e la successiva pace avrebbero costretto Garibaldi a tornare indietro. La liberazione del Trentino era ancora lontana.
Ferri chirurgici, 1860 ca. Acciaio, legno, vetro, stoffa scatola: cm 11,5 x 20,5 x 3,5 forbice: cm 14,5 x 3,8 specillo: lunghezza cm 13,5 inv. n. 1380.
Mirtide Gavelli
In collaborazione con IBC - Istituto per i beni culturali dell'Emilia Romagna.