Schede
La copertina raffigura la facciata di Casa Carducci, in cui ha sede dal 1990 il Museo civico del Risorgimento di Bologna.
Segni convenzionali
• Le linee disegnano i profili di certi elementi architettonici come archi, cornici e davanzali;
• le superfici piene a rilievo sono gli elementi verticali (colonne e lesene), il portale, i frontalini dei balconi ed il tetto;
• le superfici a righe verticali sono le ringhiere dei balconi;
• le superfici retinate sono le grate alle finestre.
Inoltre:
• lo sfondo è di colore arancione;
• le finestre con le ante chiuse sono di colore verde;
• le finestre con le ante aperte nonché una lapide al secondo piano sono di colore bianco.
Tutte le scritte sono in nero e in braille.
Esplorazione
Disponiamo il plico in verticale e con la rilegatura a sinistra. Nella metà inferiore del foglio troveremo quattro scritte: dall’alto verso il basso sono nell’ordine “Due mani per vedere” (il nome di questo progetto) e “Museo civico del Risorgimento di Bologna” su fondo rosa; poi, su fondo arancione, “Lions Club Bologna S. Petronio” (che ha promosso la raccolta fondi per questo progetto) e “La Girobussola APS”. Quest’ultima è l’associazione che ha realizzato gli interventi di accessibilità, tra cui le mappe che avete fra le mani e le descrizioni che state leggendo!
Nella metà superiore del foglio, invece, abbiamo il prospetto della facciata di Casa Carducci, nel cui piano terra è ospitato proprio il Museo civico del Risorgimento. Se la esploriamo a due mani possiamo rapidamente individuarne il tetto a due spioventi, rappresentato con una superficie piena a rilievo, tre ordini di finestre le cui cornici sono disegnate con linee semplici ed il portale al centro, anch’esso dalla superficie piena.
Prima che diventasse la residenza del poeta Giosuè Carducci, l’edificio era una chiesa poi confiscata e rivenduta a privati sotto il governo napoleonico. Di quest’epoca porta ancora memoria: se dai lati portiamo le mani verso il centro lungo il piano terra, sentiremo due colonne esterne (con relativi basamenti e capitelli) dalla superficie piena da cui partono due archi disegnati con linea semplice, poi altre due doppie colonne dalle quali si sviluppa ancora un arco centrale. Questo era il porticato che sorreggeva l’avancorpo della chiesa, oggi tamponato a seguito dei lavori ottocenteschi di riconversione in abitazione privata.
In quelle che erano le due aperture laterali troviamo infatti due finestre di colore bianco con relativa cornice e davanzale, nonché una retinatura a rappresentare le grate che le chiudono. Al centro ritroviamo invece il portale in superficie piena a rilievo; al suo interno, sotto la lunetta, delle linee semplici disegnano la porta. Questa è rappresentata in verde, colore che hanno anche le ante della casa vera e propria, mentre nella realtà l’intonaco sarebbe di un giallo molto chiaro e gli elementi decorativi - archi, colonne e cornici - di color ocra. Qui invece lo sfondo è uniformemente arancione.
Subito sotto a ciascuno dei tre archi, a seguito della tamponatura, abbiamo altre tre finestre di dimensione più ridotta, anch’esse raffigurate in verde, come se avessero le ante chiuse. Sopra ad ognuna di esse, con le cornici disegnate sempre in linea sottile, abbiamo tre porte-finestre con annesso balconcino, il cui frontalino è disegnato in rilievo spesso. Le due di destra sono aperte, quindi raffigurate in bianco e con la metà inferiore della luce occupata dalla superficie a righe della ringhiera. Quella a sinistra è rappresentata chiusa e di colore verde, con il solo giunto delle ante a dividerne in verticale la superficie. Proseguendo verso l’alto, incontriamo il cornicione e poi il tetto: anche questa parte subì delle modifiche durante i lavori di riconversione per rendere abitabile il piano superiore, che oggi ospita la casa-museo di Giosuè Carducci.
Tra le due porte-finestre di sinistra troviamo un altro riquadro di colore bianco. È una lapide posta nel 1921 che recita: “Questa casa, abitata da Giosuè Carducci negli anni che gli consacrarono la gloria, la Regina Margherita donò alla città di Bologna, pegno di affetto e reverenza al cantore dell'Italia nuova ed antica. VI novembre MCMXXI il Comune pose”.