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Coro di San Domenico con frati

1892

Schede

Il dipinto, realizzato da Giovanni Masotti all’età di soli 19 anni e lasciato al Collegio come “saggio del suo profitto in arte” al termine del periodo di alunnato, incontrò l’apprezzamento del rettore Romagnoli, che nove anni più tardi lo ricorda come “egregio quadro dipinto ad olio”.

L’opera, restaurata per questa occasione, definita da Poppi “incline a un facile verismo di maniera”, diversamente rivela da parte dell’artista la piena padronanza dei mezzi espressivi, nel tentativo riuscito di raccontare in modo suggestivo una scena di vita quotidiana. Lo sguardo dell’osservatore viene catturato e introdotto sulla scena, come attraverso una porta socchiusa, dal raggio di luce in primo piano, che illumina il pavimento sbrecciato e i raffinati intarsi del banco, descritti con accuratezza e realismo. I dettagli della testa e della mano nel monaco inginocchiato, insieme al particolare del ragazzo assopito, conferiscono naturalezza all’insieme. La varietà delle pose e degli atteggiamenti dei religiosi dimostra poi come Masotti sia riuscito a superare la difficoltà tanto temuta prima di cimentarsi nel dipinto, quella di “vestire più figure con un costume solo”. Molto interessante è l’uso del colore, un campo nel quale Masotti si rivela estremamente versato fin dagli anni di formazione in collegio. “Ingegno di coloritore brioso e audace”, verrà definito a fine carriera, “amante di particolari contrasti di luce o di forme nelle figure”. La contrapposizione tra il bianco brillante delle tonache dei religiosi e lo sfondo scuro, rappresentato dalla struttura lignea del coro, preannuncia già quel gusto per l’effetto, che negli anni successivi porterà l’artista a superare la poetica puramente verista.

La scelta del soggetto, l’interno di una chiesa, è comune ad altri compagni di corso del pittore, come testimonia il Coro di San Petronio, dipinto da Cleto Capri. Era infatti abitudine dei giovani artisti esercitarsi dal vero all’interno di edifici sacri e lo stesso Masotti ricorda come a disegnare con lui nel Coro di San Domenico ci fossero due studenti dell’Accademia di Belle Arti. Anche Alberto Pasquinelli nel ‘92 punta gli occhi sulla basilica dei domenicani, proponendosi di realizzare un “rilievo d’alcuni studi del coro e d’un fianco di essi” anche se, in qualità di decoratore, si sforzerà di “studiare più che altro le parti decorative che l’architettura”.

A indirizzare Masotti verso la realizzazione di questo soggetto contribuiscono soprattutto valutazioni legate alla resa della luce e degli affetti atmosferici. Come scrive lui stesso, nella Relazione sugli studi artistici compiuti nell’anno scolastico 1892, l’idea iniziale era quella di confrontarsi con un “soggetto all’aria aperta”, lo spettacolo offerto dal passeggio ai giardini, un vivace affresco realistico popolato da “signorine dalle personcine snelle”, “ufficiali dalle uniformi sfavillanti”, “balie grosse e tondeggianti con fanciulli che ridono e si rincorrono”, “venditori di paste e d’acqua di limoni”, “abiti di tutte le mode, da quelle di Parigi a quelle del Borgo di San Pietro”. Un progetto che testimonia ancora una volta l’interesse di Masotti per il “vero”, ma che poi l’artista decide di accantonare. “Io stavo immobile, attento ad osservare tutto questo mondo a spasso - scrive nella Relazione - e avrei voluto aver la potenza della fotografia istantanea per disegnare quel gruppo, per fermare quella posa, per sorprendere quel movimento, quando una vaga nuvola mi copre il sole!”. Così l’artista ripiega su una scena d’interno. “Decisi per questo di far lo studio più accurato e con figure del bozzetto che feci l’anno scorso nel coro di S. Domenico (se non altro, penso io, qua avrò un effetto un po’ più stabile, che non cangera ad ogni nube che passa!)”. Il bozzetto, ripreso da Masotti per la realizzazione del dipinto, può essere identificato con lo Studio per il Coro di S. Domenico (1891), conservato ancora oggi presso il Collegio Venturoli. La testa e la posizione delle dita sono riprodotte fedelmente nella figura del religioso in ginocchio, con la variante del copricapo nero.

Giovanni Masotti, terminati gli studi presso il Collegio Venturoli, vince il premio Angiolini, che gli permette di proseguire la sua carriera artistica in diverse città italiane, Venezia, Roma, Pisa. Dal 1895 partecipa in maniera costante alle esposizioni artistiche organizzate a Bologna dalla Società Francesco Francia, nel 1902 vince il premio Cincinnato Baruzzi con Bandiera Bianca. La sua pittura predilige il genere paesaggistico e i temi storici, affrontati con sensibilità, ma con uno stile attardato rispetto ai tempi. Nei primi anni del secolo, influenzato dalla poetica di Alfonso Rubbiani, collabora alla decorazione di interni privati e pubblici, come il Caffè San Pietro e la Pasticceria Rovinazzi. Nominato professore onorario presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna, muore a Torino il 27 agosto 1915.

Ilaria Chia

Testo tratto dal catalogo della mostra "Angelo Venturoli - Una eredità lunga 190 anni", Medicina 19 aprile - 14 giugno 2015.