Schede
ALFABETO PITTORICO / INVENTATO / DAL PROFESSORE / ANTONIO BASOLI / E PUBBLICATO CON NOTE STORICO-ARTISTICHE / DI G. C. LOSSADA / PER CURA / DI VINCENZO MARCHI
DICHIARAZIONE DELLE PARTI SIMBOLICHE DEL FRONTISPIZIO
Ad un’opera tutt’artistica non potevasi dallo autore un più adatto frontispizio immaginare. Non vincolato dai precetti architettonici di straniere nazioni – come nel più delle lettere alfabetiche – né circoscritto entro i limiti di bistorta o curvilinea periferia, ha con questo disegno che sente di tutta eleganza, e semplicità greca addimostrato il suo gusto pel puro stile, e la semplice composizione. Dovendo io di questo lavoro partitamente ragionare, e brevemente, mi varrò – e come farei meglio? – delle parole istesse del ch. Autore, altravolta dettate per suo diletto, e che ora a me piace all’occorrenza pubblicare. Sovra un piano quadrilatero a tre gradi s’eleva un grandioso cippo a curva cimasa, o frontispizio semicircolare nel cui vano è scritto
ALFABETO PITTORICO / OSSIA / RACCOLTA DI PENSIERI PITTORICI / COMPOSTI DI OGGETTI COMINCIANTI / DALLE SINGOLE LETTERE ALFABETICHE / INVENZIONE / DI ANTONIO BASOLI / PROFESSORE DI ORNATO / NELLA PONTIFICIA ACCADEMIA / DI BELLE ARTI / IN BOLOGNA IL / MDCCCXXXIX
Che di tal carica fui onorato fino dal 1803 dal governo Italico; e dal Pontificio in seguito a vita durante confermata. Per la qual cosa nel fregio superiore ho collocato in circolare medaglia lo stemma Pontificio nel mezzo ai Genii delle arti belle, e cioè pittura, architettura, e scultura, con ciascuno gli ordigni, ed attrezzi che gli si convengono. Le foglie d’acanto simbolo dell’arte che sortono nella fronte fra i cartocci della cimasa, e la cornice superiore; le palme scolpite ai lati del cippo, come segno di vittoria per chi può meritarla nelle arti, o come vessillo di pace all’ombra della quale prosperano, sono i soli ornamenti che m’è sembrato al soggetto addicessero, e di questi soli mi sono servito. Agli angoli del piano più sopra mentovato s’ergono quattro piedistalli ornati tutti a ciascuna faccia con festoni di querce, pianta sacra agli antichi abitatori del Lazio, e cara agli italiani come eccitatrice dell’emulazione, che fa prosperare le accademie artistiche. Nel primo a sinistra di chi osserva riposa giacente la statua d’uomo rappresentante il fiume Tevere, simile a quella che trovasi a Roma nel Vaticano; stringe coll’una mano il cornucopia a significare la fertilità e l’abbondanza delle terre irrigate dalle sue acque, coll’altra il remo, perché le navi scorrono sulla sua superficie. Evvi pure la Lupa accosciata in atto di allattare i fanciulli Romolo, e Remo, fondatore il primo, e Re di Roma. Nel corpo del piedistallo è scritto: SOCIO D’ONORE / DELLA INSIGNE ACCADEMIA / DI SAN LUCA / IN ROMA (a)
Nel secondo a destra similmente abbellito co’ festoni di querce, signoreggia la statua d’un vecchio con lunga barba, e lunghi capelli ghirlandato di faggio, pianta che vegeta su l’appenino, ove ha origine il fiume Arno che appunto con questa figura ho voluto simboleggiare: posa il destro braccio sull’urna che gett’acqua, col sinistro abbraccia il leone che ha fra branche il giglio, antichi stemmi della città di Firenze, per mezzo la quale scorre Arno. In un fianco del piedistallo, è scolpita una corona di Lauro, e nella fronte la epigrafe: PROFESSORE ACCADEMICO / DI PRIMA CLASSE / NELL’I. E R. ACCADEMIA / DI FIRENZE (b)
Sul terzo stà ritto un Toro, simile a quello che trovasi innalzato nella Reale università di Torino, con sul dorso una piccola gualdrappa su cui rilevata è un’aquila stemma della real corte torinese; e la iscrizione: SOCIO D’ONORE / DELLA R. ACCADEMIA / DI TORINO (c)
Nell’ultimo finalmente ho collocato, il Leone coll’ali simbolo di S. Marco Evangelista protettore di Venezia, ha fra le zampe la tavoletta e gli stiletti per iscrivervi, a simiglianza di quello che stà in Venezia nella piazza di S. Marco innanzi al palazzo del Doge. Nel piedistallo sonovi le parole: ONORARIO SOCIO / DELLA I. E R. ACCADEMIA / DI VENEZIA (d)
L’avere io in questa occorrenza fatto menzione di tali onorevoli titoli, non mi si voglia apporre, a vanità, che niuno più di me se ne riconosce, insufficiente ed indegno; ma dovendosi pubblicare questa mia qualunquesiasi fatica, il non farne motto veruno sembrami fosse stata noncuranza manifesta, ed ingratitudine a tanti insigni consessi che mi vollero con essi loro aggregato. Occupa il fondo della vignetta la nostra turrita Bologna asservata fuori di porta Romana. La torre Asinelli, e Garisenda, l'Osservatorio dell'Università, e molti campanili, e torricelle, la rendono amenissima a riguardare. Dall’opposto lato si vede il lungo portico detto comunemente degli Alemanni. Più lungi sui Colli che tanto poeticamente coronano la città, si distingue il celebre Monastero di S. Michele, in bosco, e il non meno ammirabile palazzo del fu Aldini, e sul più alto detto il monte della guardia il tempio sacro alla Vergine di S. Luca, con parte del lunghissimo porticato, che dalla città pel corso non interrotto di tre miglia circa, conduce al Santuario. Sui gradi del piano ho collocate due figurine, o macchiette, che rappresentano un’Ajo che addita ad un giovinetto la cima del Cippo ove stà scritto Alfabeto Pittorico per indi a mano a mano spiegarglielo. Ciò è quanto ho creduto di esprimere chiaramente in questa vignetta del Frontispizio.
Poiché tanto chiaramente l’Autore istesso ha descritto ad una ad una le varie parti del suo lavoro, che mai posso aggiungere? Commendarne i pregi? Tutti gli amatori delle belle arti ciò faranno: a me non resta che adoperarmi indefessamente affinchè tutto ciò che di quest’opera spetta alla parte letteraria a me affidata, non riesca possibilmente indegno alla parte artistica, né mai lo avrò fatto né per più degna, né per più commendevole intrapresa.
NOTE
(a) Questa onorevole aggregazione mi fu partecipata con Diploma dell’Illustre Consesso, fino nel 1822.
(b) Con tal titolo venni salutato per Diploma nel 1816. (c) E di questo pure fui onorato nel 1825 come primo socio estero. (d) Nel 1836 il Consiglio Aulico Austriaco con suo Diploma mi fregiò di tal titolo. Ho creduto di omettere che fui chiamato nel 1827 a far parte del collegio filosofico come architetto per interrogare gl’Ingegneri in questa Università di Bologna in occasione delle Lauree; cosa che avrebbesi potuto esprimere senza confondere la simmetria della nostra composizione Pittorica.
Trascrizione a cura di Roberto Martorelli