Schede
Il sacrario di Redipuglia è senza dubbio il più famoso dei grandi sacrari italiani della Grande Guerra, nonchè il più grande. Dalla tipica forma a scalone, è adagiato sulle prime propaggini del Carso di Doberdò, il primo dei grandi altipiani carsici che i soldati italiani si trovarono a dover aggredire nei frangenti iniziali della guerra sul fronte italo-austriaco.
Il monumentale memoriale venne progettato dal gruppo di lavoro costituito dall'architetto Giovanni Greppi e dallo scultore Giannino Castiglioni. Il gruppo lavorò anche per la costruzione di altri sacrari ai caduti: Monte Grappa, Caporetto, Bezzecca, Salesei e Montello.
I lavori di costruzione iniziarono nel 1935 con un enorme impiego di forza lavoro e un grande dispendio economico. Il cantiere durò ininterrottamente per tre anni: venne inaugurato il 18 settembre del 1938 alla presenza di Benito Mussolini e di più di 50.000 veterani della Grande guerra.
Raccoglie le salme di circa 100.000 caduti. Disposte sui ventidue gradoni che compongono la grande scalinata che risale un fianco del monte Sei Busi, sono tumulate le salme dei 39.857 caduti noti, in ordine alfabetico dal basso verso l'alto.
Nell'ultimo gradone, in due grandi tombe comuni ai lati della cappella votiva, riposano le salme di 60.330 caduti ignoti.
Ai piedi della grande scalinata sorge il sarcofago del Duca d'Aosta, comandante della 3ª armata, che per volontà testamentaria, alla sua morte, avvenuta nel 1931, richiese di essere inumato a fianco dei "suoi" soldati.
A fianco della grande tomba, più piccole, sono poste quelle di altri cinque generali caduti in combattimento: Antonio Chinotto, Tommaso Monti, Giovanni Prelli, Giuseppe Paolini e Fulvio Riccieri.
Una particolarità del sacrario di Redipuglia: è l'unico sacrario italiano della Grande Guerra a custodire la spoglie di una donna, la crocerossina Margherita Kaiser Parodi morta a 21 anni per febbre spagnola il 1° dicembre 1918.
In coincidenza con l'edificazione del sacrario fu realizzata anche la stazione di Redipuglia, per rendere più facile ai pellegrini la fruizione dell'intera area monumentale di circa 100 ettari che, oltre al sacrario, comprende anche due musei e un Parco delle Rimembranze. Questo parco sorge oggi dove un tempo era edificato il cimitero del Colle di Sant'Elia detto "degli invitti", sorto sull'altura dirimpetto all'attuale Sacrario, dove vennero traslate salme dai cimiteri della zona di Monfalcone.
Il complesso, all'inaugurazione, raccoglieva ben trentamila salme, delle quali oltre quattrocento di ufficiali, riesumate per l’appunto dai cimiteri dei dintorni o disseppellite da poco dal campo di battaglia.
Le sepolture erano ornate da reperti bellici, targhe marmoree e bronzee con versi poetici a cura del maggiore Giannino Antona Traversi, politico, commediografo e scrittore. La forma del cimitero a cerchi concentrici voleva richiamare i gironi del purgatorio. Per come era stato realizzato, però, il cimitero era pesantemente esposto alle intemperie: i cimeli e i residuati bellici, nonché le stesse sepolture, furono oggetto di un profondo lavoro di restauro già nei primi anni ‘30. I muri a secco furono sostituiti da solide costruzioni in pietra, le salme riconosciute vennero deposte in cassette di eternit e i nomi scolpiti per evitare scolorimenti.
Questo primo sacrario venne ideato dal generale Giuseppe Paolini e progettato dal colonnello Vincenzo Paladini dell'Ufficio COSCG, il neo-nato ente preposto alla Cura e Onoranze delle Salme dei Caduti in Guerra, con sede a Udine. Fu lo stesso ente ad occuparsi della realizzazione dell'opera sull'altura sul colle Sant'Elia, luogo largamente conteso durante il conflitto. Il cantiere terminò nel 1923.
Giacomo Bollini