Schede
La Regia Scuola per Industrie Artistiche di Bologna è nata nel novembre del 1885 per iniziativa del Circolo Artistico Bolognese dell’epoca. È organismo sorto dall’ambiente e non imposto all’ambiente, «con lo scopo di impartire gli insegnamenti artistici e tecnici che meglio possono conferire all’incremento delle industrie locali, aventi a fondamento le arti del disegno e del modellare».
Il Circolo Artistico, di cui facevano parte i migliori artisti bolognesi, e che già contemplava nel programma delle proprie attività sociali un corso di studio della figura dal nudo e del costume, non mancò di fare oggetto delle proprie attenzioni la deficenza riscontrata di mano d’opera specializzata a carattere esecutivo, tanto per la pittura decorativa, quanto per la produzione artigiana. Queste, per prosperare non indegnamente nella luminosa scia lasciata dal passato, se avevano bisogno degli artisti nel senso più alto della parola - e ad essi dovevano provvedere altri istituti -, non potevano fare a meno dell’apporto delle maestranze artigiane espressamente preparate al lavoro esecutivo in sottordine. Non si dovevano lasciare isterilire queste sorgenti di lavoro e di benessere, di grazia e di utilità pratica; né si doveva misconoscere quel bisogno dello spirito umano che vuol trovare un segno di bellezza anche nell’oggetto di uso più comune. Fare affidamento sulla preparazione della «bottega», fucina talvolta di indiscusso valore per le unità di elezione, ma inadeguata pei gruppi dotati di normali capacità, sarebbe stato imprudente. Occorreva qualche cosa di più armonico e di più ordinato, di più aperto e di più affrancato, di più completo e di più vario, e non poteva essere che la scuola. Essa sola poteva operare sulle abilità e sugli spiriti, sulle disposizioni limitate e sulle volontà e dare la garanzia sicura che l’opera educativa sarebbe stata completa. E se Firenze e Roma e Napoli avevano già provveduto, Bologna non poteva mancare nel novero delle prime, giacché le sue tradizioni artistiche nel campo decorativo e in quello industriale artigiano nulla avevano a temere dal confronto con le consorelle citate. Infatti bastava entrare nelle belle chiese cittadine o nei vetusti palazzi della «Turrita» per avere una palmare dimostrazione del valore e del volume della produzione decorativa murale bolognese. Bastava soffermarsi presso edifici pubblici e privati per ammirare la dovizia delle terrecotte a carattere decorativo architettonico, o dei ferri lavorati con sobrietà ed eleganza insieme, per cancelli, inferriate, roste per porte, lampadari, insegne; o entrare negli ampi saloni, perché una ricca, varia produzione in legno, in ferro, in gesso, in cotto, in cuoio impresso, in ceramica apparisse attraverso le arche e le cassapanche, le madie e le tavole, le mensole e le cornici - con la varietà degli intagli e degli intarsi di pregevolissima fattura -, i lampadari e le torciere, i cofani e le giardiniere, e la serie delle piccole cose casalinghe, in cui la paziente ed ingegnosa perizia dell’ artigiano aveva data la misura della ricchezza e della leggiadria. E ciò non era tutto, ché all’occhio attonito si presentavano gli stucchi decorativi - a volte vagamente dorati -, le spalliere, i cuscini, le rilegature; e le ceramiche con le statuette, i bassorilievi, i vasi, i piatti; e le terrecotte coi sopramobili, i vasi, i centri da tavola, le piastrelle maiolicate a colori e decorate. Tale ricca e bella e utile produzione doveva trovare dei continuatori abili ed appassionati, temprati nell’esercizio di una preparazione metodica e intelligente che, senza imporsi alle particolari disposizioni né coartare le singole qualità, fosse di sprone e di aiuto all’acquisto di una abilità cosciente e nutrita della visione e dello studio dei buoni esempi, di una preparazione che conducesse a distinguere il loglio dal fiore della produzione artigiana, senza sciocche prevenzioni: conscia del passato e aperta cordialmente verso i nuovi indirizzi e le nuove tecniche. E fu per il complesso di queste considerazioni che quel benemerito sodalizio, per opera principale dell’Ing. Arch. Raffaele Faccioli, raccolse il 6 ottobre 1885 in una sala della propria sede il rappresentante la Deputazione Provinciale Avv. Cav. Pedrazzi; il rappresentante la Giunta Comunale Cav. Alberto Dall’Olio; il rappresentante la Camera di Commercio Comm. Zucchini, al fine di dare forma definitiva allo Statuto di una Scuola d’Arte e di provvedere al suo finanziamento. Viene fissato, nelle sue linee sostanziali, il compito cui tende l'istituzione; «impartire insegnamenti artistici e tecnici per l’incremento delle industrie locali aventi a fondamento il disegno e la modellazione, nonché di fondare un Museo d’Arte applicata all’industria».
Si stabilisce che l’insegnamento sarà teorico e pratico e che la Scuola comprenderà tre sezioni distinte: Architettura - Pittura - Scultura, con applicazioni: a) alla pittura decorativa a tempera ed a fresco di ornato e di figura; b) alla scultura in legno ed in istucco; c) alla ceramica architettonica ed alle maioliche. Le lezioni avranno inizio nel novembre e fine nel giugno di ogni anno. Un Consiglio di Direzione Amministrativo vigilerà sulla Scuola e sarà composto di membri del Circolo Artistico e di delegati degli Enti che concorreranno a mantenerla. Gli alunni corrisponderanno una tassa annua di L. 10. Si faranno uffici presso il Ministero, la Provincia, il Comune, la Camera di Commercio e gli Istituti di Credito cittadini per ottenere il concorso sulla spesa di gestione. È fissato un bilancio di Previsione con una rendita presunta di L. 7500 e con una spesa presunta di L. 7500. La deliberazione presa venne portata a conoscenza del Ministero della Agricoltura, Industria e Commercio, da cui dipendevano in quell’epoca le scuole professionali, e di vari Enti locali, con lo scopo di interessarli alla vita e al funzionamento della istituzione. Ministero ed Enti locali assicurarono il loro concorso morale e finanziario e, richiesti, nominarono i loro rappresentanti nel Consiglio di amministrazione che risultò cosi composto: per il Ministero, il Consigliere di Prefettura, Cav. L. Giorgieri; per la Provincia, il Deputato Provinciale Prof. L. Bombicci della R. Università; per il Comune, l’Assessore all’Istruzione Dott. Cav. Dall’Olio; per la Camera di Commercio, il Consigliere Avv. Cav. A. Aria; per il Circolo Artistico e per la Scuola, il Prof. R. Faccioli. Si provvide poi alla scelta del personale direttivo ed insegnante che risultò cosi costituito: Direttore: Prof. R. Faccioli; Ispettore: A. Guadagnini; pel disegno di figura : Prof. P. Bedini e Prof. Giuseppe Tivoli; per la plastica di figura: Prof. E. Barberi; per la plastica ornamentale: Prof. A. Tartarini; per il disegno ornamentale: Prof. L. Castaldini; per il disegno geometrico architettonico e prospettico: Prof. F. Maiari. Al posto di segretario fu nominato il Prof. G. C. Pietra e a quello di economo, il rag. Cesare Fava. All’inizio del secondo anno di vita nel Consiglio di amministrazione venne aggiunto il Cav. Silvio Barigazzi in rappresentanza della Banca dell’Emilia, nuovo ente che concorreva, con la sua quota parte, al mantenimento della scuola. A presidente del Consiglio fu nominato il rappresentante del Comune di Bologna, Cav. Dott. Alberto Dall’Olio.
E cosi fu assicurata la vita della Scuola che poté vincere larvate e palesi ostilità di alcuni e incomprensione di altri: i primi la ritennero, a torto, frutto di ambizioni da parte di qualche promotore; i secondi, in buona o in mala fede, la consideravano un duplicato, peggiorato, della Accademia di Belle Arti. La Scuola invece aveva ed ha una fisionomia sua propria, inconfondibile con altre, con programmi, lineamenti, finalità specifiche e determinate; agisce in un settore suo particolare che non ha nulla a che vedere né con l’Accademia né con altre scuole a indirizzo industriale. A onor del vero però, di fronte a quella sparuta pattuglia di impotenti oppositori, stava la cordiale comprensione, il vivo interessamento, l’efficace concorso morale e finanziario dello Stato, di enti pubblici e privati e di personalità del campo politico, artistico, commerciale e industriale. La Scuola in un primo tempo trovò la sua sede in un ammezzato del Palazzo Cataldi di Via Montegrappa - l'allora Via Battisasso, nel quale edificio aveva sede, al primo piano, il Circolo Artistico. Poscia, sciolto il Circolo nell’anno 1887 per la insostenibile gestione economica, la Scuola passò nei locali ampi e lussuosi del Circolo stesso. Era una sede invidiabile sotto ogni rapporto; peccato che le limitate disponibilità della Scuola le abbiano permesso di fermarvisi solo fino all’anno 1891. In un primo tempo i locali a disposizione furono allestiti con la suppellettile strettamente necessaria. Venne raccolto un primo corredo di modelli, la maggior parte dei quali offerti dagli insegnanti stessi o dai medesimi spontaneamente prestati, e venne approntato quanto d’altro era indispensabile e urgente per il funzionamento normale della Scuola. Di pari passo con la preparazione dei locali e la raccolta del materiale didattico, fu determinato il programma d’azione, in cui la praticità dell’insegnamento era considerata canone fondamentale della istituzione; fu fissato l’orario scolastico, furono stabilite le norme del regolamento interno e specificati i caratteri delle varie sezioni in armonia con le decisioni prese nell’adunanza del 6 ottobre 1885, tenuta nel Circolo Artistico. La durata del corso completo degli studi fu fissata in cinque anni di cui tre di corso comune o preparatorio e due di corso superiore con le seguenti specializzazioni: a) Sezione di pittura decorativa; b) Sezione di scultura decorativa; c) Sezione di architettura prospettica. Primo compito assunto dalla Scuola - da estendersi poi gradatamente secondo possibilità - fu la preparazione dei giovani alla maturità professionale nel campo della decorazione pittorica e dell’arte applicata alla industria, senza mai perdere di vista l’utilità pratica della funzione educativa. E così il 16 novembre 1885 alla presenza del Corpo insegnante al completo avvenne la inaugurazione del primo anno scolastico. Un primo gruppo di trentadue allievi dette vita alla nuova istituzione.
Vita della Scuola | La Scuola era sorta sotto gli auspici del Circolo Artistico Bolognese per mantenere viva e migliorare una produzione industriale-artistica locale che aveva a fondamento le arti del disegno e del modellare. Perchè rispondesse a pieno alle sue premesse e non mancasse al compito specifico che si era assunto, essa, pur tenendo presente, nella redazione del suo programma di lavoro, principalmente quello della Scuola di Firenze, se ne differenziava per uniformarsi alla produzione della industria artigiana locale. Le specializzazioni subirono quindi l’influsso dell’ambiente, si armonizzarono con esso con l’intento precipuo di affinare il gusto, migliorare e accrescere e nobilitare la locale produzione e superare, con intelligenza e coscienza, le mete già raggiunte. Salire, evolvendosi continuamente, senza disdegnare i gloriosi retaggi del passato, ma anzi nutrirsi di quelli; procedere sicuramente; superarsi senza banali o sciocche deviazioni o ingiustificabili perplessità. Ed ecco quindi concretarsi le tre sezioni - base del nuovo istituto scolastico: Architettura, Pittura, Scultura con applicazioni alla pittura decorativa a tempera ed a fresco di ornato e di figura; alla scultura in legno ed in istucco, alla ceramica architettonica ed alle maioliche. Le lezioni, in un primo tempo, venivano tenute durante il mattino nelle stagioni autunnale, primaverile ed estiva, e la sera durante la stagione invernale. Il complesso degli insegnanti non al completo poté continuare nello incarico assunto, tuttavia i vuoti furono degnamente colmati come segue: Il Prof. Raffaele Faccioli, sia per i suoi impegni presso il locale R. Istituto Tecnico, che per le sue funzioni di Direttore dell’Ufficio Regionale per la conservazione dei monumenti dell’Emilia, fu costretto a lasciare l’insegnamento, che venne affidato dal novembre 1889 al Prof. Giulio Cesare Pietra. Il Prof. Barberi, nominato titolare di scultura nel R. Istituto di Belle Arti di Bologna, lasciò pure l’insegnamento della plastica di figura nel 1887 e fu sostituito da altro insegnante di chiara fama il Prof. Tullo Golfarelli a cui fu affidato pure l’insegnamento della plastica ornamentale, per il ritiro del Prof. Alfredo Tartarini. Deceduto, nel marzo del 1887, il Prof. Maiari, fu sostituito dal Prof. G. B. Baldi fino alla fine dell’anno scolastico. Nell’anno successivo l’insegnamento della pittura decorativa fu assunto dal Prof. Pompeo Fortini. Nel 1889 alla cattedra di disegno ornamentale, in sostituzione del Prof. Castaldini, nominato direttore con insegnamento della Scuola Professionale di Pesaro, salì il Prof. Achille Casanova, il quale nel 1908 fu sostituito, in seguito a sua nomina nel R. Istituto di Belle Arti di Modena, dal Prof. Giuseppe Tivoli. Col volgere degli anni la creatura che era balzata viva e vitale alla luce della vita, assunse figura più completa e più robusta, s’arricchì di nuove sezioni, ebbe un programma d’insegnamento di più ampia portata. E fu così aggiunta una nuova sezione: essa sorse nell’anno scolastico 1887-88 e fu quella dell’intaglio in legno, affidata, per tale anno, al Prof. Alessandro Longhi, abilissimo intagliatore e incisore. L’anno seguente la sezione venne affidata al Prof. Vittorio Fiori, scultore in legno di chiarissimo nome. Nella Sezione di Pittura decorativa, a cominciare dall’anno scolastico 1887-88, alla pittura ornamentale venne aggiunta quella della figura decorativa. Tale insegnamento era affidato all’abilissima mano del Prof. Paolo Bedini, figurista geniale e apprezzatissimo. Per iniziativa dello stesso insegnante venne ripreso lo studio della figura dal nudo, che già formava attività del Circolo Artistico Bolognese. Tale studio fu mantenuto fino all’anno 1921. Nell’anno scolastico 1903-4 il Prof. Giulio Ricci si offerse spontaneamente, e senza richiedere alcun compenso, per un corso di addestramento all’incisione all’acquaforte. Tale corso, causa il trasferimento del Prof. Ricci, durò solo due anni.
La Scuola che aveva conosciuto nei primi anni, se non un vero e proprio stato di floridezza, un periodo di tranquillità finanziaria, e si era potuta dedicare con febbrile operosità al suo compito artistico, fu colpita da gravi vicende d’ordine economico che turbarono la sua opera educativa, cristallizzando per un certo tempo il suo normale sviluppo. Infatti i tributi che i vari enti si erano assunti l’impegno di versare, anziché aumentare, o per lo meno mantenersi nella misura già fissata, subirono una contrazione più che sensibile, preoccupante, mentre la Scuola in quel tempo, per ragioni attinenti al suo naturale sviluppo, richiedeva mezzi di maggiore larghezza. È vero che nell’anno appresso alla sua istituzione la Scuola ottenne, come si è detto, il nuovo contributo della Banca dell’Emilia e nel 1888 altra annua somma dalla Banca Popolare di Credito: ma in seguito la Banca dell’Emilia - scomparsa nel gorgo di una crisi economica insanabile - non poté più mantenere i suoi impegni e la Camera di Commercio cessò dal corrispondere il proprio assegno per circa un decennio, in seguito a deliberazione di carattere generale, riguardante gli assegni per l’istruzione. Questo Ente rientrò nel gruppo dei sostenitori nel 1900 con un modesto assegno di L. 250 annue, che a partire dal 1903-4 fu riportato a L. 500. L’Amministrazione Provinciale nell’anno 1890-91 ridusse il suo contributo a sole L. 800 delle L. 1500 che versava, ma dall’anno 1891-92 riportò l’assegno alla prima misura, anzi, a onor del vero, nel 1910 tale Ente portò il suo contributo a L. 2250. E in questo già lontano periodo nemmeno il Ministero dell’Agricoltura Industria e Commercio, per ragioni di Bilancio, tenne fermo il proprio contributo annuo, ma lo ridusse dall’anno 1894 al 1906 a sole L. 2000, per riportarlo ancora successivamente a L. 3000. Il Comune di Bologna soltanto non mancò di confortare del suo appoggio morale e del suo aiuto finanziario la Scuola, sia con l’accordarle una nuova somma annua di L. 500 con l’impegno di provvedere alla continuazione di un corso serale di plastica (avendo esso Comune soppressa una propria scuola serale a tale indirizzo), sia con l’accordarle, dal 1891, l'uso gratuito di propri locali in Via Cartolerie n. 9, dove anche presentemente ha sede la Scuola. La Scuola poté tuttavia reggere a tanto disagio economico, sia per le specifiche ragioni a cui si è accennato, riguardanti la sua naturale origine, sia per l’oculata, scrupolosa, regolarissima gestione amministrativa e sia per la generosità, davvero più unica che rara, del corpo insegnante che rinunziò a parte del proprio compenso, anzi ne approvò la diminuzione pur di far sopravvivere la istituzione, alle cui sorti si sentiva fortemente legato. E la Scuola, talvolta mutilata nell’annuo periodo delle lezioni, ugualmente poté ottenere l’incoraggiamento, l’approvazione, l’encomio dei preposti alle ispezioni governative, nonché meritare lusinghiere onorificenze in seguito a partecipazione a mostre e ad esposizioni.
Ma scopo della Scuola non era solo quello di impartire gli insegnamenti artistici e tecnici, bensì anche l’altro di fondare un Museo di Arte applicata all’Industria. S’intende ohe, date le condizioni della Scuola, non ci si poteva aspettare dalle sue disponibilità che una cosa modesta. Ma se direttamente con mezzi propri non si poteva tradurre in realtà questa lontana aspirazione, si ricorse alla liberalità di persone e di enti e si poté cosi costituire un patrimonio artistico di valore scolastico tutt'altro che disprezzabile. Primo l’Ing. Faccioli offrì vari frammenti architettonici e ornamentali antichi, e propri modelli di restauro di vetuste costruzioni edilizie bolognesi. Il Comune di Bologna mise a disposizione della Scuola, a titolo di deposito: mobili, armi e parti di armature medioevali e una serie di piccole terracotte di pregevole fattura e modelli al vero di statue originali dello scultore Cincinnato Baruzzi. E al Museo venne unita una biblioteca a indirizzo tecnico artistico a sussidio e a integrazione dei vari insegnamenti; vari privati vi concorsero e vi provvide pure, con acquisti annuali, la Scuola stessa. In questi ultimi anni la Biblioteca, alla sezione tecnico-artistica, ha aggiunto il reparto d’indole storico-politico-culturale, che affianca gli insegnamenti di cultura. Intanto nel gennaio 1926-IV subentrava nella Direzione della Scuola, al Prof. Achille Casanova, già titolare della cattedra di decorazione pittorica nella R. Accademia di Belle Arti di Bologna, il Prof. Cav. Luigi Mengoli. Il nuovo Direttore si preoccupò anzitutto di risolvere, nella misura del possibile, in rapporto alla aumentata popolazione scolastica e alla istituzione di nuove sezioni e di speciali corsi, in attesa di una definitiva sistemazione, il problema impellente dei locali scolastici. La Scuola, come si è detto, con l’anno 1891 si era trasferita in Via Cartolerie 9, ma il locale, per numero di vani, risultava insufficiente al normale funzionamento dell’istituto. Nel 1927 il Comune provvide a dividere un vastissimo salone, pressoché inutilizzabile, in due ampie aule ariose e luminose. Si ottennero poi, nel 1928, altri locali posti in Via d’Azeglio e nel 1930 alcuni vani nelle adiacenze della scuola, il tutto a carico del Comune. Furano poscia migliorate le condizioni di luce, sia con apertura di finestre, sia con aumento del potenziale elettrico e sia con una più numerosa e razionale distribuzione di lampade. Dire che l’attuale sede, con la sezione staccata di Via D’Azeglio, sia una sede ideale, non è dire il vero, in quanto che non può disporre di quel tanto di luce naturale che conviene alle Scuole d’Arte, né è certo comoda la distribuzione di aule in diversi piani e in lontani stabili, tuttavia, nel complesso, può ritenersi sufficiente e adatta anche se l’istituzione raggiungerà quel riordinamento di cui è cenno in documenti ministeriali. Se in un secondo tempo si potrà ottenere, o per adattamento o per nuova costruzione, un locale più rispondente alle esigenze della nuova edilizia scolastica, specie per le scuole di questo tipo, sarà tutto di guadagnato per la famiglia scolastica. E a ciò indubbiamente si arriverà, poiché, in seguito al suo cammino ascensionale, la Scuola esige, come altri istituti di pari categoria, una degna sistemazione edilizia. Si provvide poi ad una più ampia dotazione dei mezzi didattici indispensabili per un proficuo insegnamento; ad una maggiore dotazione della suppellettile scolastica; ad un miglioramento dei servizi interni; ad una più oculata distribuzione del materiale didattico; alla sistemazione in un locale a parte della Direzione della Scuola, al fine di eliminare gli immancabili inconvenienti dell’unico locale adibito a segreteria, a sala per gli insegnanti e a Direzione. E la Direzione poté avere così un locale in piena libertà che venne arredato e decorato per opera degli alunni stessi della Scuola con un gusto, una misura e un garbo veramente degni di rilievo. Entrando si ha subito chiara l’idea del carattere della Scuola; non solo i mobili parlano un chiaro inconfondibile linguaggio, ma anche le pareti con le loro suggestive decorazioni pittoriche, e i vari oggetti qua e là sparsi, che sono il prodotto delle varie sezioni di laboratorio. In seguito si pensò di integrare il programma di insegnamento con l’introduzione di materie tecniche e culturali. La Scuola risentiva ancora un po’ troppo della «bottega», sia pure d’arte. Ci si era preoccupati in ispecial modo di dare ai giovinetti che la frequentavano una abilità tecnico-manuale, ma ciò non poteva bastare. Bisognava affrontare il problema educativo, anche nell’ambiente artistico nel suo complesso e nella sua interezza e non tendere solo all’abilità, non tener d’occhio esclusivamente la preparazione specifica e puntare solo sul rendimento pratico. Bisognava rendersi conto che, se il lavoro doveva essere la base dell’operosità scolastica, l’abilità scolastica la meta da raggiungere: l’uno e l’altra dovevano essere illuminati da una preparazione culturale sia pur limitata e principalmente specifica.
E passando a tradurre in realtà quanto aveva formato oggetto d’attento esame, ecco che a partire dall’anno 1927-28, allo scopo di contribuire all’elevamento spirituale degli alunni, vennero impostate nel programma del primo e del secondo anno lezioni di cultura generale di due ore settimanali, affidate ad un unico insegnante. Le lezioni comprendevano le seguenti materie: lingua italiana, storia, geografia, cultura fascista; matematica e scienze naturali. Il confronto fra le varie materie di cultura e le ore settimanali di lezione è, a dir vero, alquanto stridente; ma bisogna tener presenti: le limitate disponibilità del bilancio e del locale, la misura dell’orario complessivo settimanale per classe (12 ore), la necessità di non comprimere gli insegnamenti tecnici e d’altra parte i limiti del programma culturale. A queste lezioni ne furono aggiunte altre di storia dell’arte, già nei propositi dei fondatori della Scuola, riserbata però al terzo e quarto anno e affidate ad altro insegnante con una lezione settimanale. E nella sezione del legno fu aggiunto lo studio della tecnologia. Né si mancò, ogni qualvolta se ne presentò l’occasione, di tenere conferenze, a volte anche con l’ausilio di proiezioni luminose, su argomenti di attualità o indicati dal Ministero dell’Educazione Nazionale, o a carattere artistico, politico, storico. Si prestarono cortesemente a ciò, oltre l’insegnante di cultura generale, altri insegnanti di scuole medie e artisti di chiaro nome. Queste particolari lezioni sono sempre state seguite con attenzione dalla scolaresca e oltre al fine culturale loro specifico, servirono mirabilmente ad agganciare la Scuola alla vita reale. E dal 1928 si attuarono anche visite a Mostre, Esposizioni, centri artistici, musei, pinacoteche, con contributi speciali del Ministero dell’Educazione Nazionale, di Enti locali e con spontanei sacrifici da parte degli allievi partecipanti. E non solo si usci dalla città, ma si peregrinò in essa che tante mirabili opere in sé racchiude. Erano, a volte, le visioni plastiche del nostro glorioso passato nelle manifestazioni più elette che si mostravano in tutto il loro splendore di forma, di colore, di misura, di vita; e a volte, erano le opere migliori dei contemporanei che portano i segni di un travaglio interiore che meraviglia e rende pensosi. Di tutte queste iniziative, insieme col Direttore, fu anima il nuovo Presidente della Scuola Conte Francesco Cavazza. In quanto poi alla parte tecnico-pratica la Direzione della Scuola, a partire dall’anno scolastico 1927-28, accogliendo il desiderio espresso dagli insegnanti, stabilì di iniziare l’insegnamento della plastica dal primo anno anziché dal secondo. Inoltre, siccome l’arte dell’intaglio in legno segnava il passo per le nuove tendenze apparse in questo campo, le esercitazioni furono rivolte anche all’intaglio dell’avorio. Il laboratorio di scultura ornamentale estese le sue esercitazioni alla formazione in gesso, ai getti in cemento ed agli speciali composti per le pietre artificiali. Dal 1931 si occupò anche della preparazione delle terrecotte nel settore degli oggetti ornamentali e dal 1933 si fecero applicazioni di ceramica. Data la limitatezza dell’orario quotidiano, il programma cosi integrato riusciva alquanto pesante per la scolaresca. Per aver modo di svolgerlo con misura e con profitto, nell’anno 1928 fu aggiunto, per decisione della Direzione della Scuola, ai quattro anni del corso normale, voluti dal riordinamento del 1922, un quinto anno facoltativo di perfezionamento.
Risultati ottenuti | Non è cosa possibile in un sì lungo ordine di anni raccogliere al completo tutte le notizie necessarie per presentare un quadro d’assieme completo e documentato, poiché alcuni elementi di fatto non sono stati fermati sulla carta, o conservati a testimonianza, mentre, d’altro lato, parte del personale insegnante e direttivo ha lasciato la sede. È sulla scorta dei soli documenti custoditi nell’archivio scolastico e delle poche, ma sicure testimonianze, che fondiamo la nostra esposizione. Anzitutto, lungi da noi l’idea di voler fare di questa modesta istituzione e del suo normale funzionamento un qualche cosa di eccezionale: l’amore che le portiamo non ci fa velo, né ci forza la mano alle espressioni roboanti e false con cui molti son soliti presentare o giudicare le cose più semplici ed elementari. Come non è nostro costume forzare le tinte e ingigantire le misure reali in fatto di produzione o di conseguite vittorie in competizioni, cosi non pensiamo che l’attività di questa Scuola abbia potuto comunque o quando che sia aver influito nel campo dell’arte, sia pure nel solo settore di applicazione all’industria, iniziando nuovi stili o introducendo nell’uso nuove tecniche. Potremo tuttavia dire che essa ha il merito di essersi cimentata con passione e con tenacia, alla ricerca di nuove espressioni d’arte e quell'altro, non indifferente, di aver trasfuso nei giovani il convincimento che il bello, in arte, non sta tutto nel passato, non è solo nel presente. Essa è madre non indegna di un considerevole gruppo di maestranze artigiane di decoratori, cesellatori, intarsiatori, stipettai, marmisti, stuccatori, sbozzatori, modellatori ecc. cui ha reso più acuta la sensibilità, più sicura e più abile la mano, più aperta e più formata la mente; ed i grandi laboratori bolognesi, che coi loro pregiatissimi prodotti continuano nobilmente le gloriose tradizioni del passato, molto devono alla scuola, di cui ci occupiamo. Ha saputo essere inoltre la prima guida cordiale per quella eletta schiera di giovani che hanno potuto, in seguito, frequentare il Liceo Artistico e l’Accademia di Belle Arti distinguendosi, non solo come alunni, ma anche in competizioni artistiche a carattere regionale e nazionale. Se riandiamo la sua vita, siamo tratti a riconoscere che non è soltanto in questi ultimi anni che essa ha aderito alla vita artistica extrascolastica, ma ha sempre vissuto ed elaborato in sé, con intelligenza, i movimenti innovatori. Infatti, quando fra la fine dello scorso secolo e il principio di questo, s'affacciò e trionfò nella molteplice gamma delle sue virtuosità lo stile «floreale», come reazione al gusto artistico che in precedenza teneva il campo, gli artisti bolognesi, capitanati da Alfonso Rubbiani, il restauratore del nostro bel San Francesco e di tanti altri monumenti, ne divennero entusiasti propugnatori e fermi divulgatori. E fra questi era anche il Prof. Achille Casanova, direttore di questa Scuola, il quale, benché avversato, indirizzò l’attività scolastica verso questa nuova maniera d’arte. A quegli artisti, allo scopo di dare attuazione pratica al nuovo indirizzo, si aggiunse una schiera di valenti artigiani; e nacque così la «Aemilia Ars» che produsse una svariatissima serie di oggetti di originale arte decorativa. Ebbene, fra quegli artisti e fra quegli artigiani, vari furono gli insegnanti e gli alunni della Scuola. In seguito, quando nuovi indirizzi s’imposero per virtù delle opere dei migliori artisti vicini e lontani, la Scuola non chiuse gli occhi, ma esaminò con onestà e sincerità queste nuove correnti e invogliò i giovani allo studio, conducendoli a sceverare il bello dal brutto, ben inteso per quella parte che era in armonia con l’attività scolastica. E i programmi furono rielaborati non nella parola, ma nello spirito perché l’adesione alla vita avvenisse con metodo e con misura sì, ma realmente e intensamente.
Inoltre ci preme di far notare, senza vana ostentazione, che la Scuola, pur nella modestia del suo ordinamento e del suo programma, pur nella limitazione dei suoi compiti e del fine della sua preparazione, pur con la ristrettezza dei suoi mezzi e la deficienza del suo attrezzamento, ha tenuto validamente il suo posto, si è misurata con le consorelle maggiori in competizioni agonistiche locali e nazionali e bravamente ha toccato mete e raggiunto risultati che la onorano e di cui essa può essere giustamente orgogliosa. Ogniqualvolta si è presentata l’occasione di gareggiare, mai è mancata: essa aveva coscienza delle proprie forze, e la regolare, metodica preparazione artistica della sua famiglia scolastica, la trovavano sempre pronta. La sua prima apparizione, in tale genere di attività, avvenne all’Esposizione delle Industrie Artistiche nell’anno 1886 in Roma. Da allora fu un succedersi di partecipazioni a culi arrisero i più lusinghieri risultati, riconosciuti da premi e da attestazioni. Nè questa attività ha mai ostacolato o rallentato il regolare svolgimento delle lezioni poiché, in gran parte, le opere esposte, o erano il prodotto delle normali esercitazioni, o rientravano nel quadro delle eventuali applicazioni pratiche. E non solo la Scuola, come ente, non fu assente, che, specie negli ultimi anni, quando per merito del Fascismo son state a mano a mano normalizzate le gare locali e nazionali anche i giovani allievi si sono cimentati in competizioni cui partecipava il fior fiore della gioventù studentesca d’Italia, e hanno veramente onorato la Scuola coi loro bei risultati. Anzitutto, diciamo pure francamente, che la Scuola non ha annoverato nessuno di quei grandi nomi che riempiono d’orgoglio non una famiglia scolastica, ma una intera nazione. Ciò nondimeno una eletta schiera di artisti e di didatti ha dato il meglio della propria attività alle fortune di questa istituzione e all'aspettazione della annualmente rinnovellantesi famiglia scolastica. Anzitutto il fondatore della Scuola Ing. Arch. Raffaele Faccioli, che se altri meriti non avesse avuto, il solo fatto della creazione di questa palestra di esercitazioni, da cui hanno tratto per lungo ordine di anni tanta luce d’arte diverse generazioni, affiderebbe ad una duratura memoria. E con lui quel chiaro nome d’artista e di maestro che fu il Prof. Paolo Bedini e quell’eminente decoratore ed affreschista che fu il Prof. Achille Casanova. Il primo, temperamento aristocratico, la cui attività si era largamente manifestata in deliziosi quadri di genere e di ambiente settecentesco, aveva imposto il suo insegnamento di pittura decorativa, specialmente sulla figura, allontanandosi perciò da quello che doveva essere il vero tirocinio pratico della Scuola; il secondo, invece, indirizzò il corso di pittura a finalità pratiche, tuttavia con una intonazione così distinta ed illuminata, con un segno ed un colore tali per cui il crisma dell’arte improntava le varie esercitazioni. E iniziò anche la preparazione per quella arte tradizionalmente bolognese che è la scenografia, e qui raggiunse mete insperate. Il nome degli attuali insegnanti: Arch. Guido Valeriani, Direttore; Prof. Rossi Ferdinando e Prof. Viaro Angelo (per accennare solo a quelli di ruolo) coadiuvati da ottimi insegnanti incaricati, se si lega anche ad una apprezzatissima produzione extrascolastica, è legato con decoro alla loro attività didattica dalla quale, meritamente, traggono alto riconoscimento per la affermazione e le vittorie degli allievi in competizioni di varia misura e qualità. Se era più che giusto che in una pubblicazione che ha lo scopo di far conoscere la Scuola non fossero dimenticati i nomi di coloro che le hanno dato il meglio della propria attività, del pari è doveroso ricordare l’opera fattiva ed illuminata dei suoi capi, diretta-mente responsabili di fronte, prima al Ministero dell’Agricoltura Industria e Commercio, poscia a quello della Educazione Nazionale. Quando il fondatore della Scuola, di cui si è in precedenza parlato, cedeva la presidenza dell’Istituto, nel dicembre del 1913 al Conte Comm. Francesco Cavazza, sapeva di affidare la sua creatura nelle mani di un gentiluomo non solo, ma di un appassionato e fervido cultore delle arti, che alla gentilezza innata accoppiava rare qualità di misura, di operosità, d’interessamento e di intelligenza. E la sua azione sorresse, in delicate circostanze, con tatto e con fermezza, nei rapporti con gli enti locali amministrativi e politici e finanziari e col Ministero, la Scuola, per cui questa poté ben solcare il suo mare pur fra scogli e marosi. L’opera sua fu continuata con «intelletto» dal Prof. Pericle Ducati che, interrompendo, a quando a quando, i diletti studi, non disdegnava interessarsi di questa Istituzione. Ora all’Arch. Melchiorre Bega, nuovo presidente della Scuola, spetta l’onore e l’onere della sistemazione definitiva dell’Istituto. Sappiamo che molteplice è la sua attività, ma contiamo sulla sua tenacia e sulla sua competenza pel trionfo della buona causa.
Principali esposizioni | 1886 – II Esposizione delle Industrie artistiche di Roma (diploma d'onore); 1887 - III Esposizione delle industrie artistiche di Roma (diploma d'onore); 1888 - Esposizione emiliana (medaglia di bronzo); 1889 – Esposizione d'arte e ceramica vetraria di Roma (medaglia d'oro); 1891 – Esposizione di Palermo (medaglia d'argento); 1900 – II Esposizione provinciale operaia di Bologna (diploma d'onore); 1929 – Esposizione del presepio della casa italiana di Milano (primo premio); 1930 Esposizione internazionale della arti decorative di Milano; 1932 – Fiera del Littoriale di Bologna; 1933 – Mostra dell'arredamento artistico di Roma, V Triennale per le arti decorative di Milano (medaglia d'argento); 1934 – II Mostra di arte sacra di Roma (medaglia d'argento), Fiera di Bologna (targa d'onore); 1936 – Mostra delle incisioni di Roma, VI Triennale di Milano (gran premio); 1938 – Esposizione d'arte decorativa di Buenos Aires; 1940 – VII Triennale di Milano. Alunni premiati | 1933 - Tristano Trombetti, cementista; 1934 - Mario Bolognesi, pittore decoratore; 1934-1935 - Renato Pasqui, pittore decoratore; 1936 - Vittorio Michelini, Arduino Zuenelli, Vladimiro Capponi; 1937 - Vittorio Michelini, Cesare Bonfiglioli, Renato Pasqui, Omero Gagliani; 1938 - Tristano Trombetti, Cesare Bonfiglioli, Arrigo Donini, Dino Simoni, Sergio Cremonini, Dino Mattioli, Walter Rubini, Alfiero Tommasi, Dante Carpigiani, Mario Pondrelli, Otello Montaguti, Vittorio Zecchini, Giuliano Giuliani; 1939 - Dante Carpigiani, Dino Mattioli, Sergio Cremonini, Mario Zecchini, Oliviero Mazzoli; 1940 - Vittorio Michelini, Mario Casini, Engo Monterumici, Corrado De Giovanni, Bruno Degli Esposti, Mario Pondrelli, Otello Montaguti, Sergio Cremonini, Ugo bassi, Oscar Pizzoli, Mario Zecchini.
Testo tratto da Guglielmo Parma, “La Regia Scuola per Industrie Artistiche di Bologna”, Felice Le Monier, Firenze, 1941.