Schede
Coloro che alzavano gli occhi al cielo cercando di intravedere qualche raggio di sole oltre le nuvole che inesorabili si addensavano nel cielo sopra Bologna rimanevano delusi. E pensare che l’indomani sarebbe iniziata la primavera. Invece un’aria frizzantina sembrava infischiarsene delle stagioni, costringendo le signore ad avvolgersi nelle calde mantelle di panno e a coprirsi il capo con il cappellino saldamente legato sotto il mento con nastri di raso. Le donne si affrettavano verso il Mercato attraversando in fretta Piazza Maggiore. Qualcuna però camminava lentamente, cercando invano di annusare l’odore della frutta fresca e sentire i contadini declamare a gran voce la qualità dei loro prodotti. No, purtroppo, da ben otto anni ormai il mercato della frutta di Piazza Maggiore non esisteva più. I prodotti della terra avevano trovato posto tra le beccherie e le pescherie delle stradine adiacenti, proprio a ridosso del Mercato di Mezzo e così Piazza Maggiore aveva acquistato un tono più serio, i colori delle bancarelle avevano lasciato il posto alle sfumature dorate dei palazzi medioevali, ma sembrava di sentire ancora nell’aria le chiacchiere delle massaie e anche delle signore borghesi che amavano al mattino armarsi di una capiente cesta e recarsi a fare la spesa.
Percorrendo la vicina via Caprarie le donne entravano nella moderna bottega del signor Atti, che aveva aperto i battenti solo 5 anni prima: la fragranza del pane fresco rallegrava tutta la zona. Inoltre, dietro l’ampia vetrata, si trovavano in bella mostra chili di tortellini, che anche quel giorno avrebbero rallegrato parecchie tavole bolognesi. Altra tappa d’obbligo era l’Aguzzeria del Cavallo, sempre affollata di clienti in attesa di far affilare le lame dei coltelli, più che altro spinti dalla curiosità di vedere la mola azionata da un cavallo. La bottega stava per compiere un secolo di vita, ma conservava intatto il fascino della fine del Settecento, quando era stata inaugurata. In fondo alla via si raggiungeva il Mercato di Mezzo: l’intensa attività commerciale era accompagnata dal lento rumore delle carrozze che ogni tanto la percorrevano dirigendosi verso Piazza della Mercanzia, dove la Riccadonna, l’Artemisi e la Guidabagni, le tre alte Torri irrompevano verso il cielo. Esse, sì, avrebbero resistito alla smania di nuovo, all’ansia di demolire e ricostruire in nome della speculazione. La Torre degli Asinelli e la Garisenda erano il cuore della città, ma le tre Torri di Piazza della Mercanzia apparivano come sentinelle, ultimi baluardi di un mondo antico.
Con le ceste piene dei prodotti appena acquistati le donne cominciavano a tornare verso le proprie case. Alcune attraversavano la piazza dietro il mercato, quella che pochi anni prima la città aveva deciso di dedicare al famoso scienziato Luigi Galvani. Sulla stessa piazza il caffè Zanarini. Se in Piazza della Mercanzia il caffè dei Cacciatori alle prime ore del mattino pullulava già di cavallari (commercianti ed appasionati di cavalli), l’avanzare della giornata vedeva lo spostamento degli avventori al caffè Zanarini. Così il ragazzino che vendeva i giornali agitandoli a mezz’aria e accompagnando il gesto con grida di richiamo, strategicamente si era già spostato da una piazza all’altra ed ora sostava proprio nei pressi del caffè di Piazza Galvani.
Gli uomini, seduti all’interno del bar oppure fermi sul marciapiede all’ingresso, sfogliavano il giornale con curiosità, commentando le notizie. Come al solito erano attirati dalle guerre quale sinonimo di conquiste, ma anche dai problemi di ordine pubblico che in quei giorni affliggevano parecchie città. Così, al gruppetto che accoglieva con euforia la notizia che a giorni sarebbe partita una nuova spedizione per l’Africa a rinforzare il presidio di Massaua, facevano sponda altri che leggevano con preoccupazione delle proteste studentesche scoppiate a Torino, con forte risonanza anche a Roma: il giornale parlava di deplorevoli e noti disordini avvenuti in Piemonte. Gli studenti in massa si erano recati presso il Ministero dell’Istruzione, alla fine il ministro Coppino li aveva ricevuti garantendo loro che sarebbe stata fatta giustizia delle violenze subite dalla polizia e concedendo la disponibilità dell’aula magna per le loro riunioni.
Tra agli avventori del caffè ogni tanto esplodeva una risata. Ma cosa avete da ridere? Stanno succedendo cose gravi! borbottava qualche signore distinto. Qualche giovane, né studente, né soldato e soprattutto disinteressato alle questioni politiche e sociali, indicava con l’indice due righe in fondo alla seconda pagina, proprio sotto il titolo Le ultime scioccherie. Il colmo dell’ozio per una donna? Non aver voglia di fare un corno! A quel punto le risate si propagavano nel locale. La calma ritornava quando qualche avventore faceva notare la notizia riportata nella pagina successiva, che finalmente la salute di Giosuè Carducci era in netto miglioramento. Quanta trepidazione per il grande Poeta! I bolognesi che passavano in centro non potevano fare a meno di volgere lo sguardo verso la libreria Zanichelli nella speranza di vederlo passare appoggiato al suo bastone saldo nella camminata. Carducci sotto i portici di Bologna. Che sollievo saperlo di nuovo in salute!
Nella cronaca cittadina la notizia dell’agitazione studentesca era stata ripresa: anche in città gli studenti protestavano e il sen. Magni, su ordine del Ministro, aveva chiuso l’Università. Gli studenti dell’Istituto Tecnico si erano riuniti in assemblea manifestando solidarietà ai colleghi universitari. Che fine secolo ragazzi! Come sembravano lontani i tempi delle barricate e della lotta per l’Unità. La città stava cambiando volto. I suoi ragazzi erano in fermento, in altri fermenti. Il sacrificio di tante anime per il trionfo delle idee di libertà che aveva permeato il cuore di tanti giovani patrioti nella prima metà del secolo sembrava già una leggenda lontana. Intanto la Questura arrestava per oziosità, per questua ed anche per gli oltraggi alla pubblica forza. Su queste notizie i commenti si sprecavano, ma quasi tutti concordavano sull’assunto che se la polizia non avesse reagito con vigore la città sarebbe precipitata nel caos, già gli studenti cavalcavano l’ondata della protesta… ci mancava solo che si cominciasse anche ad insultare i tutori dell’ordine…
Per gli amanti del teatro l’ultima pagina del giornale indicava gli spettacoli che i principali impresari rappresentavano nei due teatri di Bologna aperti. Verdi. Sempre Verdi. Trovatore e Rigoletto. In attesa del Ballo in Maschera. I loggioni sempre affollati. Gli applausi a scena aperta. Eppure la stampa non era affatto benevola circa le doti interpretative degli attori. Il ragazzo all’ingresso del caffè continuava a strillare e a vendere il giornale. Anche qualche donna si avvicinava ad acquistarne una copia. Ah, le donne… come stava cambiando la società! Il nuovo secolo era alle porte e forse qualche donna della nuova generazione avrebbe seguito la scia delle eroine della metà del secolo: di Cristina Belgioioso che quasi cinquant’anni prima, dopo le Cinque Giornate milanesi di strenua lotta contro il dominatore, era entrata trionfalmente a Milano a capo di un vero e proprio battaglione di volontari napoletani sventolando tra le mani il tricolore; oppure di Carolina Pepoli, la discendente di Gioacchino Murat, che dopo essere scesa in piazza il fatidico 8 agosto 1848 si era dedicata ai salotti politici, che tanto contributo avevano dato alla causa dell’Unità.
Ora nuove lotte attendevano le donne che avrebbero dovuto ritagliarsi nuovi spazi all’interno della società. Forse quel giorno qualcuna di loro, rientrata in casa, prima di dedicarsi alle faccende domestiche, avrebbe aperto il giornale e cominciato la lettura: Il Resto del Carlino Politico-Quotidiano Bologna, 20 marzo 1885.
Fiorenza Maffei
In collaborazione con Associazione 8cento, estratto dalla rivista Jourdelò n. 12, Bologna, novembre 2009