Schede
Ai primi di ottobre 1918 il Comando Generale del Genio italiano fece sapere al comandante della 3a Armata, distesa sulla sponda destra del Piave, la disponibilità dei ponteggi per un eventuale passaggio del fiume: mt. 700 di ponte a disposizione delle divisioni, mt. 2500 di passerelle fisse con relativi cavalletti, mt. 2500 di passerelle con 900 galleggianti di circostanza, mt. 2000 di passerelle galleggianti tipo Genesio, mt. 4000 di passerelle galleggianti di tipo vario, più materiale per le riparazioni e altro ancora; la circolare “riservatissima” terminava con l’analisi che non sarebbero certo bastate le compagnie pontieri per mettere in acqua tanto materiale, quindi i Corpi d’armata dovevano contribuire con i loro reparti di zappatori.
Sul vicino Montello l’ 8a Armata continuò a scambiare raffiche d’artiglieria col nemico, vennero colpite le prime linee, le retrovie, i paesi nelle vicinanze; tuttavia ne gli italiani ne gli austriaci tentarono il passaggio del Piave, la grande battaglia di giugno pareva aver prosciugato le energie. Stessa cosa alla fronte della 3a Armata, durante la giornata tiri di disturbo dove veniva notata attività di squadre al lavoro, di notte bombardamenti violenti su strade e centri di raccolta per impedire i movimenti delle truppe; nel cielo molti aerei per la ricognizione inseguiti dai colpi della contraerea, qualche volta si poteva assistere a duelli accaniti. Nella sola giornata del 2 ottobre le squadriglie italiane fecero ben 50 voli di ricognizione e bombardamento in territorio nemico. Reparti del genio telegrafico e telefonico si adoperarono per ripristinare le linee distrutte dall’uragano che si era abbattuto sulla pianura veneta nella giornata del 23 settembre; la bufera aveva stroncato pali, alberi, inondato le postazioni radiotelegrafiche e telefoniche sul terreno, ora le comunicazioni erano regolari con grande soddisfazione degli alti comandi. Verso la foce del Piave nell’intrico dei canali d’acqua, le tante isolette occupate dagli italiani erano rifornite con passerelle mobili, il Comando Supremo ordinò che si potenziasse il ricorso alle teleferiche più sicure e meno individuabili dal nemico. Il 5 ottobre nell’ansa di Gonfo, reparti italiani presero contatto con soldati polacchi del 20° reggimento fanteria, invitandoli alla resa; squadriglie di aerei inondarono di manifestini di propaganda le linee austroungariche. Nei giorni seguenti l’aviazione austriaca fece lo stesso, dagli aerei piovvero sulle linee italiane e nelle retrovie migliaia di manifestini di propaganda pacifista, preoccupato Diaz ordinò che gli aerei nemici fossero mitragliati e inseguiti dai nostri velivoli per evitare tali operazioni di disturbo e disinformazione. Le operazioni di fanteria risultarono limitate a pattugliamenti e agguati notturni, solo l’artiglieria si mantenne attiva su tutta la fronte del Piave. Il 10 ottobre iniziò a piovere, le vedette segnalarono che il fiume stava lentamente ingrossando, gli aerei rimasero a terra solo il cannone, incessante, fece sentire la sua voce. Vi furono dei cambi di reparto, la 37a Divisione entrò in linea tra le località di Melma e Roncade, il 332° reggimento americano e due battaglioni d’assalto si tennero pronti ad intervenire nella lotta; sulla fronte del XXVIII° Corpo d’armata il nemico effettuò lanci di manifestini a cui si rispose con tiri di bombarda e raffiche di mitragliatrice. Due divisioni britanniche, la 7° e 23° iniziarono a spostarsi verso Treviso. A metà mese il Comando Supremo italiano predispose il piano d’attacco per il superamento del Piave, l’intento era separare tra loro le due armate austroungariche 5° e 8°, mentre la 6° sarebbe stata bloccata da una manovra avvolgente contro la riva del fiume, il compito di rompere il fronte nemico venne affidato alla 8° e 10° Armate italiane; la 3° Armata doveva assecondare la manovra della 10° Armata puntando poi sulla Livenza, mentre la 12° Armata avrebbe seguito l’avanzare della 8° con obiettivo il paese di Valdobbiadene. Sul Monte Grappa la 4° Armata aveva il compito di sfondare il fronte nemico, quindi puntare su Primolano per assecondare l’attacco della 12°. Nel frattempo il nemico continuò a disturbare i lavori dei genieri italiani con tiro di artiglieria e bombarde, un colpo di mano di una pattuglia austriaca che tentò di sbarcare sulla destra del Piave venne rintuzzato. Le cattive condizioni meteo, l’ingrossamento del Piave, la necessità di preservare le energie delle truppe italiane fecero si che il bollettino delle perdite della 3° Armata per il periodo 5 – 19 ottobre elencasse solo 126 soldati tra morti e feriti.
Paolo Antolini
Bibliografia. Ministero della difesa, Stato maggiore dell'esercito, Ufficio storico, L'esercito italiano nella grande guerra, 1915-1918, Roma, Ufficio Storico SME, 1927-1980