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La grande galleria dell'Appennino sulla linea Direttissima

4 Dicembre 1929

Dettagli

Il giorno di Santa Barbara, patrona dei minatori, alla presenza del Ministro dei Lavori Pubblici on. Di Crollalanza e del Direttore dei Lavori ing. Marone, cade l'ultimo diaframma di roccia che impedisce la comunicazione tra i versanti toscano ed emiliano della grande galleria dell'Appennino.
Questa imponente opera, che ha contemplato uno scavo a forza di braccia (con "picco e pala") di oltre 18 chilometri, si trova tra le stazioni di San Benedetto Val di Sambro e di Vernio-Montepiano sulla linea ferroviaria Direttissima, destinata a collegare nel modo più conveniente il nord e il centro Italia attaverso Bologna e Firenze.

Lungo il percorso di 96 chilometri a doppio binario, che valica l'Appennino a soli 322 metri s.l.m. (contro il 615 metri della Ferrovia Porrettana), sono state scavate sette gallerie e sono ubicate sette stazioni, a una distanza di circa 10 chilometri l'una dall'altra.
Una vera e propria stazione, detta delle Precedenze, è costruita anche all'interno della galleria. Per lo scavo, in tutto il tunnel principale, è adottato il sistema di attacco belga, con due cunicoli di avanzamento, uno al piano della piattaforma e l'altro, più arretrato, alla sommità della calotta.
Dal cunicolo superiore il materiale di scavo è scaricato attraverso dei "fornelli" (fori di comunicazione praticati ogni cinque metri di avanzamento), sui vagoni spinti sul fondo del cunicolo inferiore.

Le pareti dei cunicoli sono puntellate con legname e centine di ferro e sostenute da blocchetti di pietra provenienti da cave delle vicinanze. Uomini e materiali vengono condotti all'interno della galleria da speciali locomotive ad aria compressa.
La costruzione, iniziata nel 1920, ha incontrato enormi difficoltà dovute alla natura del terreno, alla presenza di gas e infiltrazioni d'acqua. Le esplosioni di gas hanno provocato incendi enormi, come quello del 3 agosto 1928 che ha sospeso l'avanzamento per quasi sei mesi, mentre il 4 novembre 1927 una colossale fuoriuscita d'acqua ha prodotto l'allagamento di tutti i cantieri.

Gli operai della Direttissima, provenienti dai paesi dell'Appennino, ma anche da altre regioni, lavorano in tre turni massacranti di otto ore, anche la domenica e senza pause previste.
Quelli delle squadre di "avanzamento", più esposti a incidenti, devono preparare i buchi per le mine, piazzare le cariche e farle brillare, sgomberare infine il materiale di scavo.
Sono aiutati da manovali giovanissimi, i "boccia", al lavoro in galleria dai 15 anni di età. A volte i minatori non fanno a tempo a proteggersi dallo scoppio di mine "gravide", cioè inesplose, come nel tragico incidente del 14 ottobre 1923, in cui perdono la vita sette uomini e oltre 20 rimangono feriti.

Il lavoro di appositi addetti allo sgombero dei rifiuti umani ha evitato nella Direttissima il tragico tributo di vittime della galleria del Gottardo, dove migliaia di operai sono morti per l'anchilostomiosi, una malattia intestinale dovuta alle precarie condizioni igieniche dei pozzi di scavo.
In compenso centinaia di invalidi e di morti provocheranno nel tempo la silicosi e altre malattie professionali contratte per l'inalazione di polvere e gas tossici. All'interno dei tunnel di scavo sono spesso insopportabili anche l'umidità e il calore, fino a 50-60 gradi: tra i minatori sono frequenti malori e perdita di sensi. Le protezioni contro gli agenti atmosferici sono limitate a una mantella cerata, che secondo le testimonianze degli operai, non è sufficiente a trattenere l'acqua e a un fazzoletto premuto sulla bocca. Non sono forniti caschi o maschere.

Non è prevista la mutua per infortuni e malattie.
Solo le invalidità permanenti sono compensate da una magra buonuscita. La linea Direttissima sarà inaugurata ufficialmente dal Re il 22 aprile 1934.

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