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Il fondo fotografico della ditta Davide Venturi & Figlio

1860 | 1900

Schede

Grazie al sempre crescente numero di studi a stampa dedicati alla scultura ottocentesca italiana, si sta cominciando a delineare un tassello fondamentale della storia artistica nazionale, che ebbe rilevanza e diffusione intercontinentale. Diversamente dalla pittura dell'epoca, i nostri scultori riuscirono a esportare idee, modelli e opere ben oltre l'Europa, spesso creando l'immaginario eroico di molti paesi sudamericani con gli enormi apparati monumentali che furono chiamati a realizzare.

Ma la propagazione della scultura italiana non sarebbe pensabile senza il marmista e tutta la sua struttura produttiva, il quale rendeva materialmente possibile l'esecuzione delle idee e dei modelli realizzati dallo scultore. Grazie innanzitutto agli studi di Sandra Berresford e Franco Sborgi si è sollevato il velo sul ruolo determinante che ebbero gli autori carraresi e genovesi in questa esportazione mondiale della scultura, sia grazie all'artista stesso, sia alla ditta di lavorazione del marmo. Moltissimo è ancora da studiare in quanto, per esempio, nulla o quasi è noto del ruolo delle ditte che operavano intorno alle cave estrattive del settentrione: basti ricordare a Brescia quelle di pietra di botticino, attive fin dall'antichità e che solo per il periodo che ci interessa siano servite per l'intero Vittoriano a Roma. Il ruolo centrale lo ebbero comunque le aziende che ruotavano intorno alle cave di marmo di Carrara, che alla fine dell'Ottocento si contavano, tra grandi e piccole, a centinaia. Tra le tante che avevano sede a Pietrasanta, bisogna ora aggiungere anche la Davide Venturi & Figlio, di origine bolognese ma che vi stabilisce una propria filiale alla fine del secolo. Grazie al recente dono del fondo di immagini storiche dell'azienda, giunte a noi attraverso vari passaggi di proprietà, è ora possibile documentare esaustivamente la fase più antica di questa azienda che, nata nel 1840, opera tutt'ora sotto la denominazione di Sacilotto, negli stessi locali attrezzati nel 1860 di fianco al cimitero della Certosa di Bologna.

Purtroppo delle testimonianze materiali nulla è giunto fino a noi: bozzetti, modelli, sculture, plastici ed elementi decorativi sono andati irrimediabilmente perduti, con un percorso di successive alienazioni e distruzioni del patrimonio. La nota molto positiva è che diversamente il catalogo fotografico è giunto quasi intatto in forma di album fotografici, cartoline e relativi negativi su lastra di vetro, donati nel 2009 al Museo del Risorgimento. Questo secondo aspetto è di grande rilevanza, in quanto gran parte dei patrimoni documentari delle aziende italiane sono andati dispersi. Le prime indagini del fondo mostravano un ruolo decisivo nella scena plastica bolognese e diversi interventi in Italia, ma in occasione di questo studio si è voluto approfondire la ricerca sui volumi e le cartoline, che ha consentito di rivelare una produzione significativa anche oltre il nostro continente. Segnaliamo come questo volume vuole essere solamente introduttivo alla storia della ditta e della sua produzione e che invitiamo storici, storici dell'arte, antropologi a prenderne visione, in quanto il repertorio di oltre mille immagini non potrà che riservare le più diverse scoperte e nuove attribuzioni. Il catalogo dell'azienda si divide sostanzialmente nelle cartoline e nei volumi fotografici, tutti in qualche parte lacunosa: incrociandoli tra di loro si è riuscito ad avere il catalogo quasi al completo, ad eccezione della serie II - Statue sepolcrali - mancante dal n. 481 al 560. I volumi a loro volta si dividono in tre copie: completa per la sede bolognese e più piccola per la sede di Caracas e per l'ufficio di rappresentanza negli USA. Purtroppo anche queste sono giunte a noi mancanti di alcune immagini o volumi e si spera che nel futuro, confrontandoli con i negativi, sarà possibile ricostruirli per intero. Le cartoline documentano ampiamente la produzione dagli anni '60 dell'Ottocento fino all’inizio del Novecento, mentre gli album proseguono fino agli anni ‘20 del Novecento, quando Telesforo Venturi era ormai settantenne. Il termine dell'aggiornamento del catalogo dovrebbe derivare anche dalla famosa ‘quota 90’, entrata in vigore nel 1926 e che metterà in crisi l'intera produzione nazionale del marmo. La gestione successiva non sarà interessata a questa massiccia operazione di 'marketing' e d'altronde Primo Tura, saggiamente, non cercherà di riaprire i contatti con l'estero, mantenendo invece il controllo della scena locale.

Le cartoline si sono rivelate una fonte ricchissima di informazioni ancor più dei volumi fotografici, ed oltre alle decine di modelli e bozzetti compaiono a centinaia opere già terminate ma di cui, purtroppo, spesso non si segnala lo scultore o l'architetto, o dove sia stata inviata l'opera. Dalle informazioni desunte dal fondo e da un primo spoglio bibliografico è però possibile segnalare un lungo elenco di scultori con cui collaborano, che come è facilmente comprensibile vede la predominanza di quelli bolognesi ma cui si aggiungono alcuni significativi nomi nazionali: Enrico Barberi, Alfonso Bertelli, Adalberto Cencetti, Arturo Colombarini, Stefano Galletti, Silvio Gordini, Francesco Jerace, Alessandro Massarenti, Carlo Monari, Alberto Montanari, Giulio Monteverde, Federico Monti, Giuseppe Obici, Arturo Orsoni, Carlo Parmeggiani, Massimiliano Putti, Pasquale Rizzoli, Giulio Roversi Monaco, Salvino Salvini, Mario Sarto, Alessandro Tomba, Paolo Visani, Arnaldo Zocchi. Con la successiva gestione, Primo Tura non sarà da meno nel coinvolgere l'intero scenario artistico locale e tra i tanti si segnalano Alfonso Borghesani, Renaud Martelli, Farpi Vignoli, Luciano Minguzzi e Carlo Santachiara. Quanto agli architetti si è potuto appurare l'affiancamento a Luigi Bazzani, Ignazio Bosi, Filippo Buriani, Arturo Carpi, Giuseppe Ceri, Edoardo Collomarini, Luigi Legnani, Giuseppe Mengoni, Giuseppe Modonesi, Alfonso Rubbiani, Alfredo Tartarini, Achille Ubaldini. In riferimento alle località in cui i Venturi operano non è possibile desumerne il numero esatto ma perlomeno è possibile comprenderne la diffusione nazionale e internazionale, anche se Bologna resta al centro della loro attività. Qui di seguito se ne dà conto in ordine alfabetico e indicando il numero di opere. Ovviamente basti notare come il catalogo delle opere bolognesi sia assolutamente inferiore a quello effettivamente realizzato, e come quindi sia possibile nel futuro ampliarne decisamente la consistenza al di fuori del nostro territorio.

Armagh (1), Bologna (77), Bucarest (1), Caracas (21), Carrara (1), Cesena (1), Cingoli (1), Copparo (1), Crevalcore (2), Faenza (4), Fanano (1), Fano (2), Ferrara (3), Firenze (1), Forlì, (1), Fossombrone (1), Fusignano (1), Granada (2), Guastalla (2), Il Cairo (2), Imola (7), Lugo (3), Malta (1), Massa Lombarda (1), Mirandola (1), Modigliana (1), Monghidoro (1), Napoli (2), Padova (1), Pallanza (1), Pesaro (5), Svizzera (1), Rimini (3), Rio De Janeiro (1), Roma (1), Russi (1), San Giovanni Persiceto (7), San Pietro in Casale (1), Senigallia (1), Siviglia (2), Sud Africa (1), Sud America (2), Valencia (6), Vasto (1).

Il fondo di 514 cartoline della Ditta Davide Venturi è interamente disponibile cliccando qui.

Serie I - RIVESTIMENTI DI FABBRICHE
Cartoline e album: n. da 1 a 39. La prima serie è dedicata ai cantieri architettonici, che comprende sia impegni quasi modesti quali balaustre per scale, sia edifici colossali quali la sede della Cassa di Risparmio di Bologna. Ovviamente la ditta è spesso semplice esecutrice di progetti eseguiti da architetti o ingegneri, ma compaiono interventi su propria ideazione, come testimonia il n. 8: si tratta della villa Sassoli Zucchini di Baricella, in cui sono presenti anche sculture sul colonnato di ingresso e nella balaustra del balcone, riprodotte a parte nella serie VIII, n. 17 e 18. Il fondo, in cui predominano opere a cavallo tra Otto e Novecento, dà conto di una costante presenza nei cantieri eseguiti dagli artisti bolognesi appartenenti alla gruppo dell'Aemilia Ars, volta a riconsegnare alla città il glorioso aspetto medievale, spesso a costo di radicali restauri, che oggi appaiono piuttosto rifacimenti, se non totali invenzioni. Questo spirito porta anche alla valorizzazione delle tecniche artigianali e quindi anche i Venturi sono chiamati a contribuire alla 'rinascita' della città. Li vediamo al fianco di Giuseppe Modonesi per la nuova facciata in stile medioevale della Chiesa di San Martino, con Alfonso Rubbiani per la sistemazione del celebre altare quattrocentesco di San Francesco, scolpito dai fratelli Dalle Masegne. Con un altro esponente di spicco dell'Aemilia Ars, Alfredo Tartarini, si eseguono anche lavori di decorazione di interni di gusto Liberty, come documenta il n. 32. La fortuna dell'azienda è anche quella di operare in un momento di vero e proprio boom economico e di slancio verso l'abbellimento della città, iniziato immediatamente dopo l'Unità d'Italia. Prova ne sono gli interventi per la cattedrale di San Pietro, dove oltre all'esecuzione di monumenti funebri e stemmi in tarsia (n. 29) a loro spetta il pavimento per la navata centrale, per le cappelle laterali e la sagrestia su disegno del Gordini, come documentato dal n. 33 e da altre cartoline. Per il cimitero della Certosa eseguono i rivestimenti del Chiostro VI o dei Caduti della Grande Guerra (n. 20), un cantiere pluriennale avviato nel 1899, che consentirà di erigere il più imponente edificio del camposanto e che per decenni resterà la realizzazione più significativa di Bologna. Fuori dalla città felsinea eseguono l'intero pavimento a mosaico in marmi diversi della chiesa di San Cassiano a Imola (n. 26), località in cui eseguono altri lavori di ogni impegno come indicato dai n. 7, 10 e 18. Della produzione internazionale è testimone al n. 28 un ampio pavimento per Bucarest ed al n. 30 uno stemma intarsiato per la cattedrale di Armagh in Irlanda, cui si rimanda anche alla serie X.

Serie II - MONUMENTI SEPOLCRALI
Cartoline: n. da 1 a 333. Album: n. da 1 a 561 (le foto a partire dal n. 361 sono del primo decennio del ‘900, mancano i n. da 481 a 560). Questa serie è la più vasta del fondo, tanto che ne documenta la produzione fino al secondo decennio del Novecento. In queste cartoline compare a volte l'autore dell'opera, soprattutto se riferito ad un intervento nella Certosa di Bologna. Gli album fotografici diversamente propongono immagini di alta qualità ma sono più avari di informazioni. I rimandi con la serie III sono continui, proponendo qui l'immagine d'insieme, mentre nella successiva il dettaglio della scultura. Foto e cartoline documentano ogni tipo di impegno rivolto ai cimiteri: piccole decorazioni, vasi, steli, urne, lapidi, statue seriali, pezzi unici, monumenti e cappelle. Un caso estremo è il camposanto di Pesaro, interamente rivestito dai Venturi ed in cui sono presenti almeno quattro loro marmi. Man mano che procede la numerazione cominciano a comparire lapidi e monumenti per la comunità ebraica, in quanto il recinto della Certosa a loro dedicato viene inaugurato nel 1869. Le urne cinerarie appaiono in coincidenza con l'avvio nel 1899 della pratica della cremazione anche nella città di Bologna. I volumi fotografici indicano diverse opere eseguite da Arturo Orsoni, che oltre a servirsi dei Venturi per l'esecuzione dei suoi marmi, ebbe un ruolo attivo nell'azienda. Tutto ciò si deduce da quanto venne scritto in occasione della sua commemorazione: come tanti altri dovette industrializzare la propria arte. Si recò per questo nel 1899 in America a rappresentare un'importante ditta della nostra città. Successivamente i numeri più alti della serie confermano il contributo dello scultore Mario Sarto, che divenne anche direttore artistico della ditta negli anni ‘10 del Novecento, prima di aprire la propria sede nell'area attualmente occupata dallo stadio Dall'Ara. Aspetto assai rilevante da sottolineare è la quantità di dati inediti che emergono. Segnaliamo come esempio il n. 28 che ritrae la cella Vespignani in Certosa. Pur essendo un esempio assai raffinato di decorazione marmorea, nessuna delle numerose guide del cimitero ne indica l'esecutore, neanche per la delicata figura all'interno, che qui viene finalmente consegnata ad Enrico Barberi. Anche per lavori extraurbani compaiono significative novità, come al n. 4 il Monumento della famiglia Solieri-Papiani nel Duomo di Modigliana, che consente di aggiungere una significativa opera allo scultore Carlo Monari. Il n. 43 mostra una cappella per il cimitero di Rimini, una tipologia di intervento assai rara in Certosa e che si vedrà qui solo a partire dagli anni '20 del Novecento. Tra i numeri 49 e 65 si concentra un repertorio di cippi, corone di rose e mazzi di gigli che fanno parte della produzione 'industriale', in cui predomina la decorazione simbolica con cipressi, palme, salici ed edera. Il materiale usato in prevalenza è il marmo nero di saltrio per i cippi e 'statuario' bianco per le decorazioni. Solo in numeri più alti compare come simbolo ricorrente la croce e come materiale il marmo bianco di Carrara anche per le steli. Il n. 89 dell’album USA fotografa il monumento Montilla di Caracas, ancora in opera, in cui si prova a collocare la figura orante e col capo coperto, a suo tempo scartata dal monumento Bisteghi alla Certosa. La cartolina, sempre al n. 89, ci documenta però il lavoro finito e, come per la Bisteghi, si opta per la figura a capo scoperto eseguita dallo scultore Enrico Barberi. I cippi Unda e Martinez per il cimitero di Caracas (n. 114 e 128), rientrano nella produzione semi-industriale della ditta, tanto che numerose repliche sono ancora oggi visibili nella Certosa e nei cimiteri romagnoli. Sempre per Caracas compaiono derivazioni di opere bolognesi: al n. 120 la Cella Velutini si rivela una rielaborazione della Cella Franco collocata nel Chiostro VII, mentre il Monumento Andrada (n. 132) mostra un Cristo che semplifica qualità e dimensioni di quello eseguito da Massimiliano Putti nella Cella Pepoli. Il n. 135 è una rielaborazione di Enrico Barberi dei putti che fanno parte della cella Trombetti alla Certosa, qui proposti da soli nel Monumento Castillo, sempre per Caracas. Il n. 364 fotografa il modello originario di Carlo Monari per il Monumento Dalpini della Certosa, che viene realizzato in almeno altre due repliche semplificate, di cui una in località sconosciuta per la famiglia Neroni (n. 420). La riproduzione in cartolina ce ne indica anche il titolo, Preghiera. Il n. 376 propone un modello di figura orante davanti al Sarcofago Cavallini, di cui è stato individuato il marmo nel cimitero di Lugo per l'omonima famiglia. Al n. 417 compare un vero e proprio pastiche, in cui si recupera il portale residenziale disegnato da Tartarini (serie I n. 32) e l'Angelo Raffaelli di Orsoni (serie III n. 31). Gli ultimi numeri vedono il progressivo aggiornamento stilistico verso lo stile Liberty o Floreale; ne è un raffinato esempio la stele fotografata al n. 547 per la famiglia Sanguinetti a Bologna. Infine, ad ulteriore prova dell'importanza documentaria di queste immagini, è la presenza di diverse foto che riprendono marmi per il cimitero di San Giovanni in Persiceto, purtroppo distrutte in seguito ai bombardamenti della Seconda guerra mondiale.

Serie III - STATUE SEPOLCRALI
Cartoline: n. da 1 a 60. Album: n. da 1 a 113. Sono qui presenti sculture di ogni dimensione e impegno, da marmi alti poco più di 50 cm fino ai due metri. Predominano gli angeli, dalle fattezze femminili o di piccolo fanciullo. Certamente i n. 12 o 43 si prestano ad una produzione fortemente seriale, mentre ad es. i n. 27 o 30 si rivolgono ad una clientela più facoltosa ed esigente, ma comunque che non richiede pezzi unici, infatti di alcune di queste sculture sono state individuate diverse repliche. Il n. 9, il Piagnone, è riprodotto in Certosa per un cippo collocato nel Chiostro annesso al Chiostro V, ma presente anche a Lugo per la tomba Golinelli. Un terzo esemplare viene eseguito per la famiglia Gallina a Russi (si veda serie II n. 11). Il titolo dell'opera ci fa comprendere il modello da cui si ispira, uno dei due Piagnoni eseguiti da Giovanni Putti nel 1809 ad ornamento dell'ingresso della Certosa. Di grande interesse il n. 13, che riproduce il modello in creta, quale variante dello scultore Enrico Barberi per il suo Monumento Trombetti alla Certosa. In questa versione, dedicata alla famiglia Gennari, il putto sulla destra regge una corona anziché il tondo con ritratto, ma il fondo Venturi ci dà conto di un secondo esemplare di questo (serie II n. 135), eseguito per il Monumento Castillo di Caracas. Dalla denominazione del n. 21 (Angelo Borias) e del 22 (Angelo Maillard) si desume che siano stati realizzati per qualche sepoltura estera. Del n. 22 è lo stesso fondo a documentare una replica (serie II n. 221), per il Monumento Benedetti di Vasto. Il n. 23 propone una versione semplificata del Redentore di Massimiliano Putti per la cappella Pepoli della Certosa, ma si veda anche il n. 132 della serie II. Il n. 31, l'Angelo Raffaelli, si riferisce al marmo eseguito nel cimitero di Pesaro, che nel suo insieme compare nella serie II n. 159. Due altre repliche sono presenti nella Certosa di Bologna, una per la tomba Sarti (Campo Ospedali), altra nella cappella Franco (1908, Chiostro VII). La collocazione al coperto della seconda ha consentito una buona conservazione facendone apprezzare l'alta qualità, ed infatti la guida Raule la attribuisce allo scultore Arturo Orsoni. Una quarta versione di misura ridotta viene eseguita per la famiglia Mantovani a Copparo (serie II n. 266) e una quinta, ancor più piccola e semplificata, per la famiglia Unda a Valencia (serie II n. 114). Una sesta variante è documentata nel fondo per Sofia Moreno in un non precisato cimitero del Sud America. Il n. 41 viene certamente eseguito in quanto è riprodotto, ormai terminato, nella serie II n. 314 per il Monumento Chiaravelli nel Cimitero di Fano. Il n. 44, l'Angelo Lucchetta, è probabilmente da considerarsi la prima versione di questa scultura eseguita per il cimitero di Padova, come si desume dalla serie II n. 222. Il modello si può attribuire per motivi stilistici ad Artusto Orsoni ed ideato all'inizio del Novecento, in quanto la replica per il Monumento Giordani a Cento è datato 1908. Due repliche sono presenti a Bologna per la famiglia Torresan (Chiostro VII) e Pastore (Chiostro VI). Una quinta replica compare nel cimitero di Lugo e una sesta è documentata anche a Pesaro per la famiglia Piergiovanni (serie II n. 332). Il n. 45, l'Angelo Custode, è presente in Certosa con una derivazione più tarda nel monumento Poggi (Galleria del Chiostro VI), mentre copie fedeli all'originale sono state individuate anche nel cimitero di Lugo per la famiglia Malusardi, a San Pietro in Casale per la famiglia Saltari, e da Alfonso Panzetta nel cimitero di Modena. Ad esclusione dell'esemplare bolognese, appaiono tutti collocati davanti al medesimo rivestimento marmoreo della parete e possiamo quindi immaginare che si deve alla Venturi anche la progettazione d'insieme. Il n. 48 è la figura dolente per il monumento Camuncoli in Certosa, ma il fondo documenta l'esecuzione di almeno due repliche, di cui una a Caracas per la famiglia Schussler, riprodotta nella serie II n. 272. Il n. 55 documenta un'opera di Carlo Monari di estrema delicatezza, purtroppo al momento non rintracciata. I numeri da 78 a 87 illustrano decine di angioletti e dolenti di varia forma e dimensione, ormai totalmente standardizzati, ed i cui modelli sono identici a quelli prodotti da qualsiasi azienda di lavorazione del marmo. Gli angeli riprodotti nei numeri 89 e 90 si devono allo scultore Arturo Orsoni. Vengono indicati l'uno orante e l'altro pregante e proposti in marmo bianco tipo “H”. In effetti le due sculture sono semplificazioni di sue opere di maggiore impegno, come dimostra il n. 90, derivato dall'angelo di sinistra della stele Castaldini per la Certosa, di qualità decisamente superiore. Ai numeri 105 e 106 compaiono due bozzetti di Mario Sarto, presente nel fondo con opere significative della sua prima produzione Liberty in Certosa. Segnaliamo tre monumenti tutti collocati nel Chiostro VI: Sabbioni (1917 - n. 405) Fantini (1912 - n. 421), Bernagozzi (n. 427).

Serie IV - LAVORI DIVERSI. Cartoline: n. da 1 a 24. Album: n. da 1 a 72

Come indica il titolo sono qui presenti una miscellanea di tipologie che spaziano da vasi decorativi (tipo Falk), fino ad elementi d'ornato per architetture. Alcuni sono di produzione seriale, mentre altri mostrano una maggiore progettualità e cura esecutiva dei particolari. Tra questi ultimi segnaliamo i n. 25 (vaso da fiori) e 34 (panchina), ormai di gusto pienamente Liberty. Diverse foto indicano interventi di pregio nella città de Il Cairo in Egitto: da 36 a 38 per tale 'Sebil Pashà Nubar' e ai n. 39 e 42/45, 47 e 48 per il Grand Hotel.

Serie V - MONUMENTI ONORARI
Cartoline: mancanti. Album: n. da 1 a 60. Il fondo è particolarmente significativo per comprendere la reputazione raggiunta a livello nazionale, in quanto compaiono al fianco di artisti di primo piano quali Francesco Jerace, Giulio Monteverde e Stefano Galletti. Nel caso dello scultore centese deve essersi instaurato un vero e proprio sodalizio, in quanto i Venturi collaborano per gran parte dei suoi monumenti delle piazze italiane e del cimitero della Certosa a Bologna. Questa serie, particolarmente interessante, è anche alquanto problematica per l'individuazione degli autori di diversi bozzetti con cui partecipano a numerosi concorsi: segnaliamo a titolo di esempio il n. 38, che si riferisce certamente alla selezione per la città di Buenos Aires in Argentina, vinta da Eugenio Maccagnani e da lui eseguita nel 1904. I n. 40 e 43 si riferiscono invece a due proposte per il concorso indetto nel 1892 per la città di Napoli, vinto da Cesare Zocchi solo dopo un secondo concorso. In considerazione delle diverse proposte dimensionali deduciamo che i Venturi abbiano partecipato ad ambedue le selezioni con uno scultore che non è stato possibile individuare. Possiamo poi supporre che le decine di bozzetti in gesso ed acquerelli per monumenti a Caracas o nel Sud America si debbano ad uno scultore bolognese del tutto dimenticato, Giulio Roversi Monaco, che sicuramente esegue due grandiosi monumenti nel Pantheon Nazionale peruviano, commissionati tra 1895 e 1896: Francisco de Miranda (n. 14) e Josè Gregorio Monagas (n. 15). Nel primo caso compare il marmo appena inaugurato, nel secondo il bozzetto del tutto simile all'esecuzione finale. In altro album compare anche il dettaglio del modello per il ritratto di Francisco de Miranda. Grazie alla segnalazione degli eredi dello scultore è stato possibile individuare anche un piccolo bronzo rappresentante un ulteriore bozzetto per un monumento a Miranda e l'intestazione della ditta: Julio Roversi è Hijos - Marmoleria - Casa de Comision y Rapresentanza - Caracas (Venezuela), Palma a S. Pablo (oest 8) N. 22.

Serie VI - MOBILIE
Cartoline: mancanti. Album: n. da 1 a 24. La serie comprende esclusivamente piccoli mobili da toilette e tavolini intarsiati. La scarsità di numeri e la qualità non sempre altissima denunciano uno scarso interesse dell'azienda verso queste tipologie produttive.

Serie VII - FONTANE E VASCHE
Cartoline: mancanti. Album: n. da 1 a 25. Serie non particolarmente nutrita ma di sicuro interesse. Compaiono disegni, bozzetti in creta, modelli standardizzati e anche una copia dal Giambologna. E' possibile individuare almeno due scultori distinti, uno più storicista e legato a modi tardo ottocenteschi (n. 24 e 25), ed uno aggiornato al gusto Liberty di inizio Novecento (n. da 7 a 10). Compaiono anche derivazioni da noti modelli risorgimentali, vasche e lavabi da bagno, acquasantiere.

Serie VIII - STATUE DA SALOTTO E DA GIARDINO
Cartoline: mancanti. Album: n. da 1 a 54. Questa serie è di altissimo valore documentario, ma purtroppo tra le 76 statue rappresentate ne sono state riconosciute da chi scrive soltanto alcune. Segnaliamo al n. 1 la Mima Romana di Carlo Monari (nel modello in creta o bronzo), al n. 3 la notissima Tuffolina di Odoardo tabacchi (di altezza 75 cm e supponiamo repliche autorizzate dall’artista), ed al n. 12 il Giotto di Federico Monti. I n. 10 e 11 (Bolla di sapone e Birichino) sono da attribuirsi a Davide Venturi. Alcune sono sicuramente produzioni di cui lo scultore, italiano o straniero, consentiva l'esecuzione di repliche e per ogni azienda supponiamo fosse concessa l’esclusiva per una certa area geografica, in quanto compaiono nei cataloghi di altri marmisti italiani, ma firmati anche da francesi e più raramente tedeschi. Decisamente poco rappresentate le repliche di pezzi rinascimentali o neoclassici, in quanto a queste è dedicata una serie a parte, la XIV. Sullo sfondo di alcune foto compaiono poi altre sculture e ritratti non presenti nel fondo, quali l’Ofelia di Carlo Monari. Che questa serie possa offrire molte novità a chi voglia studiarlo si desume dalla scoperta di un nuovo scultore totalmente assente nella bibliografia recente. Si tratta di Alberto Montanari, qui presente al n. 31 con un delicato busto, Ruscello, che viene poi utilizzato per realizzare anche una pregevole fontana, documentata nella serie VII n. 14. Da ciò si è potuto risalire all’unica altra opera ora nota, la cella Giberti collocata nella Galleria del Chiostro IX della Certosa, firmata A. Montanari e F.gli - scultore - Pietrasanta (Carrara) - Bologna (P.za Certosa). Questa secondo lavoro conferma le qualità dello scultore e la sua adesione al gusto Liberty. Alberto Montanari è il fondatore dell'omonima ditta bolognese, che non casualmente si trova a fianco alla Sacilotto, già Venturi. Grazie alle memorie degli eredi si è saputo che Alberto Montanari, di origini carraresi, si era spostato a Bologna agli inizi del ‘900 e la sua collaborazione con i Venturi sarà stata determinante per trasferirsi in città, tanto che dal 1935 opera definitivamente a Bologna.

Serie IX - CAMINI
Cartoline: n. da 1 a 16. Album: n. da 1 a 57. Compaiono modelli che possiamo definire standardizzati, ripresi da modelli tradizionali del sei e settecento oppure neoclassici, derivati dai numerosi cataloghi a stampa dell'epoca. A questi si aggiungono pezzi decisamente più magniloquenti pensati ad una produzione multipla o quali pezzi unici, ed appannaggio di una clientela facoltosa. Tra questi ultimi segnaliamo i n. 19, 25, 38 e il n. 1, quello scolpito dallo stesso Davide Venturi ed esposto a Ferrara nel 1875, e recentemente apparso sul mercato antiquario bolognese. Al n. 14 compare un Coprifuoco Gondoni, il che ci lascia ipotizzare che il modello si debba al raro scultore genovese Martingalo Gondoni, mentre il numero successivo si deve attribuire a Davide Venturi, autore anche di un altro coprifuoco che compare proprio nel suo camino al n. 1 e anche in una foto che riproduce in dettaglio il modello. Oltre a camini 'in stile' ne compaiono alcuni antichi, che lasciano supporre contatti con il mercato antiquariale: su tutti segnaliamo quello riprodotto al n. 18, di chiara matrice quattrocentesca.

Serie X - ALTARI, PULPITI, ACQUASANTIERE, ECC.
Cartoline: n. da 1 a 49. Album: n. da 1 a 63. Questa raccolta fotografica, pur non essendo tra le più ampie, fa parte di una delle attività più interessanti per la ditta, che realizza per edifici religiosi italiani e stranieri diverse opere di grande rilevanza. Segnaliamo ai n. 20 e 22 delle cartoline, il pulpito e il peristilio della chiesa di Altagracias a Caracas, committenza che segnala ancor più loro ruolo significativo da loro svolto nella capitale venezuelana. Al n. 31 compare il basamento del celebre altare dei Dalle Masegne in San Francesco a Bologna, che nel suo complesso fu parzialmente integrato dallo scultore Prudenzio Piccioli e Carlo Chelli nel 1844/48. Successivamente, su iniziativa di Alfonso Rubbiani la grande macchina marmorea subì nel 1895 un nuovo progetto di spostamento, sempre eseguito dai Venturi, in quanto compare al n. 46. Di assoluto rilievo è l’enorme impegno richiesto per la Cattedrale di San Patrick ad Armagh, in Irlanda. Su progetto degli architetti Ashlin & Coleman di Dublino, realizzano nel 1904 una vera e propria chiesa di marmo all’interno della cattedrale, di cui il fondo dà ampia testimonianza e che qui abbiamo scelto per i n. 36, 41 e 44. Purtroppo nulla è sopravvissuto, in quanto un recente ‘restauro’ ha completamente smantellato l’allestimento per riportare all’idea gotica ‘originale’ del 1853. A corredo dei pezzi effettivamente completati in questa serie sono riprodotti diversi bozzetti e molti acquerelli, quali ulteriori proposte da offrire alla clientela.

Serie XI - BUSTI DAL VERO
Cartoline: mancanti. Album: n. da 1 a 19. Questa serie è tra le più piccole del fondo ma si segnala per l'altissima qualità dei pezzi, evidentemente esemplificativi delle capacità della ditta in questo genere di sculture. Purtroppo non è al momento possibile ricondurre l'autore per nessuna di esse, per altro spesso fotografate ancora allo stadio di modello. Vogliamo però attribuire con cautela ad Arturo Orsoni alcuni dei pezzi più significativi, quali i n. 7 e 18, che si segnalano per la morbidezza e la sinuosità del modellato. Al n. 11 compare anche una commissione per l'estero, un ritratto della regina d'Inghilterra, Vittoria, datato 1901.

Serie XII - COLONNE
Cartoline: mancanti. Album: n. da 1 a 25. La serie è ricostruibile solo in parte, in quanto compare solo in un volume per la rappresentanza negli Stati Uniti d'America. Il campionario di colonne riprende modelli classici ormai consolidati oppure più moderni, riprendendo stili e decorazioni comuni alla fine dell'Ottocento. In alcuni casi compaiono anche con delle sculture poste sulla sommità, alcune sono copie (n. 25 Athena Lemnia del Museo Archeologico di Bologna), oppure graziosi pezzi moderni come al n. 23, che non compare in nessuna altra foto del fondo.

Serie XIII - ANTICHITA’
Cartoline: n. da 1 a 19. Album: n. da 1 a 14.Questa serie non molto ampia è significativa per due motivi. Primo, compaiono al n. 7 le perdute formelle marmoree che decoravano il basamento dell'altare quattrocentesco dei Dalle Masegne nella chiesa di San Francesco, e che probabilmente si devono a Prudenzio Piccioli, chiamato a integrarne le parti mancanti insieme a Carlo Chelli tra 1844 e 1848. Secondo, la presenza nel campionario di capitelli e vere da pozzo di gusto antico, che riprendono i più diversi stili del passato, alcuni molto fedeli e di derivazione locale, come il n. 13. Molti di questi pezzi oggi potrebbero mettere in crisi diversi esperti e comparire quali pezzi ben più antichi sul mercato antiquariale. Altri sono di fattura più moderna e di elevata qualità, come il n. 18: una raffinata acquasantiera interamente decorata a intarsi marmorei su superfici curve.

Serie XIV - STATUE DI GALLERIA
Cartoline: n. da 1 a 22. Album: n. da 1 a 31. Qualsiasi azienda di marmisti, ancora oggi, non può mancare di proporre copie di celebrate sculture antiche e moderne. Anche la ditta Venturi espone nel suo catalogo notissime sculture dell'antica Grecia, ritratti romani imperiali, sculture rinascimentali, notissimi busti canoviani, delicati modelli francesi. Si segnala però come le foto riproducano opere certamente di produzione seriale, ma che mantengono un livello qualitativo dignitoso, se non eccellente. A titolo di esempio indichiamo la delicata testa di Apollo al n. 26. Tra i marmi si riconosce al n. 14 l'Athena Lemnia della collezione Palagi, poi confluita al Museo civico Archeologico di Bologna e che viene considerata la copia più aderente al modello originario di Fidia. Ancora oggi sul mercato antiquario compaiono a centinaia di questi marmi prodotti in tutta Italia e che si sono diffusi in tutto il pianeta.

Roberto Martorelli

Il fondo di 514 cartoline della Ditta Davide Venturi è interamente disponibile cliccando qui. Testo tratto dal catalogo della mostra "Venturi, Tura, Sacilotto 170 anni di lavorazione del marmo tra Bologna, Pietrasanta e Caracas", Museo civico del Risorgimento, Bologna, 2011.