Schede
“Attorno agli anni 10 le botteghe di biciclette del paese sono visitate e frequentate da giovani, curiosi e vogliosi di cimentarsi in sfide occasionali. Questo ambiente determina una crescita di interesse e, con l’aumento degli appassionati, la necessità di costruire una vera e propria società ciclistica (1912).” Filippo Galletti, Un paese nello sport, 1993.
Si parla del 1912 come periodo di costituzione della prima società ciclistica, ma le persone a Medicina hanno cominciato ad aggregarsi sin dall’inizio del secolo per andare in bicicletta assieme, accumunate da una passione che vive ancora oggi. Le prime immagini dei “Pionieri” risalgono al 1903 e ritraggono giovani medicinesi in bicicletta lungo le polverose strade di paese, negli abiti del tempo, visti solo nei documentari storici. Le biciclette accompagnano poi la vita quotidiana degli anni ‘10 e ‘20, non solo come mezzo di locomozione, ma anche come mezzo di svago, di piacere personale, e le ritroviamo in immagini di vita di paese in occasione della Pasqua davanti ai negozi o nelle foto di gruppo dopo una bella pedalata nella campagna. Gli anni ’30 sono quelli che vedono nascere l’interesse delle masse nello sport del ciclismo e si cominciano a fare ed organizzare vere e proprie gare anche a Medicina e ad avere testimonianze concrete della prima società ciclistica a Medicina. I ciclisti di allora erano i personaggi del paese, gli uomini riconosciuti da tutti, i chiacchierati: i lunghi pantaloni di panno per l’allenamento, le biciclette pesanti e rudimentali, le persone e le autorità a fare da cappello ad ogni manifestazione. Gli anni ‘30 sono stati sicuramente i più fertili di occasioni, di manifestazioni, di gare, di campioni e di personaggi: Gualtiero Sasdelli detto “Pipiero”, Giovanni Nerozzi, Pietro Santini piron al gob, Giuseppe Dall’Olio, Guido Noè, Giuseppe Stignani per citarne alcuni fra i tanti. Nel periodo del dopoguerra ha ripreso forza e vigore la passione, nel praticare il ciclismo, nell’organizzarlo e nel guardarlo. I medicinesi della metà degli anni ‘40 partivano in sella alle loro bici per raggiungere i punti di osservazione dei corridori professionisti sui percorsi nei pressi di Medicina, come il passaggio sul monte Trebbio del Giro della Romagna del 1947.
Ma i medicinesi le organizzavano anche le gare, come quella nel campo sportivo “G. Biagi” per donne dell’ottobre del 1948 dove non passano inosservate le nostre Anna Totti e Eridia Bergianti. Ma soprattutto nel dopoguerra i medicinesi le gare le corrono, come fa Guido Cavalli nel giro di Puglia dilettanti del ‘48 e nel Giro d’Italia del ‘49 senza dimenticare quell’anno la Milano-Sanremo ed il Giro di Lombardia. In quegli anni nasce anche la nuova società ciclistica Villafontanese, che sarà culla di grandi ciclisti: Leandro e Ivan Mondini, Elio Marabini, Ezio Manaresi. La società continua a sfornare 100 campioni e vittorie e tra questi non si può non menzionare Mario Marosi, ancora oggi indomabile in sella alla sua bicicletta, sempre pronto a farsi valere e a dar consigli da esperto qual è. Mario, tesseratosi nella S.C. Villafontanese nel ’53 come esordiente, fa dello sprint la sua carta vincente. Nel suo palmares può vantare 14 vittorie su strada da allievo nella Serse Coppi di Bologna ed il titolo nazionale di velocità su pista il 5 agosto 1955 al Vigorelli, la convocazione in maglia azzurra, la medaglia d’oro ai Giochi del Mediterraneo nel 1963 a Napoli (inseguimento a squadre). Ritiratosi dalle corse nel ’67 vanta inoltre 10 titoli regionali su pista, il campionato italiano inseguimento a squadre e varie altre centinaia di vittorie in linea. Ma l’agonismo non l’ha messo da parte: ha continuato a vincere circa 300 gare anche come amatore! Negli anni Sessanta e primi Settanta il ciclismo continua ad essere uno sport di massa e per la massa. È la Società Ciclistica Vittorio Nanni di Medicina che in quegli anni organizza le gare e cresce i campioni. Alla scomparsa di Vittorio Nanni nel ’59, la S.C. Medicinese trova lo stimolo per ristrutturarsi e nasce la nuova S.C. Nanni, con presidente Dante Cristofori, segretario Franco Dal Rio e d.s. Michele Sasdelli, ex corridore e buon conoscitore dell’ambiente delle due ruote. Solo negli anni settanta nasce a Medicina la Società Ciclistica “Medicina 1912” con il dichiarato intento di associare gli sportivi intenzionati a praticare un ciclismo meno agonistico ma più cicloturistico e amatoriale. L’atto costitutivo (8 ottobre 1974) sancisce la passione che nutrivano un gruppo di soci (Cappellari Mauro – primo presidente ed ancora attuale consigliere –, Pantaleoni Gianni – secondo presidente ed ancora attuale consigliere –, Broccoli Alberto, Totti Bruno, Santini Bruno, Santini Cesare, Bonzi Mario) per la pratica del ciclismo e l’occupazione del tempo libero. Accanto quindi alle tradizionali attività ciclistiche, come le classiche gare sociali, i raduni nazionali (1975- 1976-1977), il “Raid Forlì-Roma” con tanto di notturna (1976), il “Raid dell’Amicizia” (Bologna-Pordoi 1979), le gare di regolarità a squadre (1978), l’inizio della Cronocoppie di Medicina, si affianca anche la condivisione del tempo libero e si cominciano ad organizzare gite sociali, per portare la passione della bicicletta in località più o meno lontane da Medicina.
Memorabili sono le visite alle città gemelle: Skofia Loka nel 1978, dove il presidente Cappellari tiene alto l’umore delle truppe tra una pedalata e l’altra e Romilly sur Seine nel 1988 con il memorabile “Raid”. Proprio quello spirito amatoriale anima ancora oggi la S.C. Medicina 1912, diventata poi Associazione Sportiva Cicloturistica Dilettantistica Medicina 1912: praticamente ogni anno a partire dal 2000 viene organizzata una gita con mete di gran valore: Montegrappa 2001, Passo Manghen e Stelvio 2002, Terminillo 2004, Sella Ronda 2008, Zoncolan 2011 e tante altre piccole ma impagabili esperienze di vita con la bicicletta al seguito. Il nuovo millennio vede anche la nascita di nuovi impegni per la A.S.C.D. Medicina 1912 con l’organizzazione della Gran Fondo non competitiva che nel 2012 è giunta alla 3ª edizione, il raduno di Mountainbike, settore che appassiona sempre più ciclisti, la nascita di una squadra corse per dar spazio a chi ha nel sangue lo spirito competitivo e vuole mettersi a confronto con gli altri con un cronometro a far da giudice. In cent’anni di attività Medicina ha visto crescere e correre tanti campioni che si sono distinti nel panorama ciclistico nazionale e internazionale, come Vittorio Nanni, Igino Pirazzoli, Giuseppe Trombetti, Guido Cavalli, Leandro Mondini, Mario Marosi e Adelmo Giordani ed ancora oggi può vantarsi di aver dato i natali a Davide Ricci Bitti, corridore professionista attualmente in forza alla Farnese Vini - Selle Italia che riempie di orgoglio ogni ciclista ed ogni medicinese. Cosa accomuna i ciclisti del 1912 a quelli del 2012? Non certo l’abbigliamento o la forma della bicicletta, quanto la passione che si sprigiona dalle gambe e dal corpo, quella passione che spinge a svegliarsi all’alba la domenica mattina, quando si potrebbe tranquillamente dormire, per sfidare un clima che non si sa mai cosa può riservare e mettere alla prova le proprie forze e capacità. Sono ciclista per caso e presidente della A.S.C.D. 1912 da poco, e trovo continuo stupore in quella passione, che non deve essere molto diversa da quella di ogni altro atleta per lo sport che pratica.
Ma il ciclismo ha le sue “chicche”. La cosa più bella?… LA DISCESA!!! Che meraviglia quel senso di libertà dato dalla bicicletta che corre lungo la strada, il vento che ti accarezza la pelle accaldata nelle calde giornate primaverili ed estive, quando si può lasciare andare la bicicletta senza dover tener tirato i freni, “perché se no si prende freddo a venir giù in discesa e ci si ammala”. Che meraviglia quel brivido lungo la schiena dato dalla velocità massima che si riesce a raggiungere arrivando al limite che la fisica consente, diventando un tutt’uno con la bicicletta per essere più aereodinamici ed opporre meno resistenza possibile all’aria che tenta di frenarti, con la mente libera che si gode il momento di piacere dopo tanta fatica, ma sempre concentrata perché la strada non perdona e non ci si può distrarre un attimo. Che meraviglia mettersi ogni volta alla prova, scegliendo sempre la traiettoria migliore “piegando” come i professionisti veri per entrare in curva il più veloce possibile, frenare al momento giusto e quel tanto poco necessario per ripartire più veloci di prima. Che meraviglia la discesa, che ti permette di riprendere fiato, che ti abbassa i battiti del cuore, che ti dà modo di recuperare il distacco dai compagni, che ti fa tirare un sospiro di sollievo per la strada già percorsa, che ti accompagna quasi sempre verso casa ….che PURTROPPO dura sempre troppo poco!!! La cosa più brutta? LA SALITA!!! Che fatica la salita! Se ci chiedessero di fare una fatica del genere a lavorare… ci opporremmo perché andrebbe a discapito della nostra salute e comunque “neanche se ci pagassero lo faremmo!”. Che fatica la salita! Una sofferenza immane! Spingere alternativamente con tutti i muscoli delle gambe per cercare di dare sollievo a quello che in quel momento comincia a dolere. E poi alzarsi in piedi, perché il peso intero del corpo spinga sui pedali per far girare le ruote e far andare avanti la bicicletta su quella salita infernale! Che fatica la salita! E che caldo e quanto sudare, col cuore che batte a mille nel petto e spinge il sangue lontano, quasi a schizzare, a sentirlo pulsare nelle vene che si ingrossano dalla pressione che subiscono. Quel sangue che scorre veloce (almeno lui!) fino alle estremità, per portare ossigeno ed energia dove quasi non si crede possa arrivare…e allora non è più solo il cuore che batte ed il sangue che scorre, ma sono anche le mani, le braccia, i piedi, le gambe intere a pulsare …fino alla testa che sembra debba scoppiare! Che fatica la salita! Quale che sia quella che ci si presenta, i commenti non cambiano: “Quanto dura la salita?” “Quanto manca alla fine?” “È inutile… non ne ho più di rapporti da metter su!” “Ma chi me lo ha fatto fare!!!” La salita se è lunga di solito ha poco dislivello, è, come si suole dire, “una salita pedalabile”, che si fa bene senza troppo fatica, si può anche chiacchierare. Però, anche se è pedalabile, dopo un po’ i commenti sono quelli… Se la salita invece è corta, non dubitare, c’è un discreto dislivello da affrontare e allora si fa decisamente impegnativa, si sputa sudore e sangue su quei pedali, si vedono i sorci verdi su quel pezzo di strada che sembra impossibile da affrontare e dopo un po’ i commenti sono quelli…. Ma intanto anche questa volta è finita e ce l’abbiamo fatta, un altro obiettivo è stato raggiunto! A chi mi chiede perché lo faccio, cosa ci trovo, cosa mi dà andare in bicicletta, questo è quello che rispondo. Ma non è solo questo andare in bicicletta.
Tra la salita e la discesa nel mezzo c’è la pianura sconfinata e l’andatura di buon passo, quella in cui sembra che la bicicletta vada avanti da sola, dove le gambe girano ritmiche senza quasi fare fatica, dove ti trovi in gruppo e ti sorprendi a macinare chilometri su chilometri e il tuo corpo è comodamente adagiato sulla bicicletta che sembra di scivolare sulla strada. Tu, la biciletta e la strada: ogni volta è una sfida, ogni volta è una vittoria con se stessi! E poi ci sono i rumori della bicicletta: quelle in carbonio che sembrano suonate dal vento, la catena che passa da un rapporto all’altro velocemente e disperatamente quando la salita si fa dura, il mozzo che gira libero nella ruota quando non si pedala, i freni che fischiano tirati al limite nelle discese veloci. E poi c’è il piacere di stare nella natura, abbandonare piano piano le strade trafficate, i paesi e ritrovarsi circondati da un paesaggio sempre diverso anche se è sempre quello, perché lo si attraversa in momenti diversi dell’anno e ogni volta vediamo cose nuove. E allora sono campi coltivati e frutteti, prima spogli poi rigogliosi. Boschi, calanchi, prati, fiori. Colori e profumi che ci meravigliano e ci catturano, diversi e mai uguali. Silenzio, pace, tranquillità… e i suoni della natura: il vento, gli uccelli, i fiumi, le foglie, gli animali… E poi c’è la compagnia, il gruppo, quel singolo, che ti accompagna lungo la strada, che ti dà coraggio quando sembra tutto impossibile, che si congratula per la prestazione, che semplicemente condivide il momento con te. Questo è il ciclismo, nel 1912 come dopo 100 anni, e chi, a Medicina, vuole praticarlo con misura, spirito d’agonismo e cultura amatoriale, può ancora fare riferimento alla A.S.C.D. 1912.
Simona Bignardi
Testo tratto da "Medicina 1912-2012: 100 anni di ciclismo", in "Brodo di serpe - Miscellanea di cose medicinesi", Associazione Pro Loco Medicina, n. 10, dicembre 2012.