Schede
Il 19 settembre 1944 i reparti della 5a Armata USA conquistarono il Passo del Giogo, sull'Appennino tosco-emiliano, e sfondarono la Linea Gotica. Il 22 completarono il successo conquistando il Passo della Futa.
I tedeschi iniziarono una lenta ritirata verso la pianura, attaccati alle spalle dalle numerose brigate partigiane che operavano tra Lizzano in Belvedere e l'Alto Imolese. Se erano particolarmente efficienti nella guerriglia, le brigate partigiane mostrarono il loro limite quando si trattò - come chiedevano gli alleati - di conquistare posizioni alle spalle del fronte e difenderle fino al loro arrivo. La mancanza d’armamento pesante, l'impossibilità d’avere rifornimenti e di dare assistenza ai feriti impedivano alle formazioni partigiane di trasformare una guerra di movimento in una di posizione.
La sera del 27 settembre la I compagnia della 36a brigata Bianconcini Garibaldi, al comando di Umberto Gaudenzi e della quale facevano parte 52 uomini, dopo una lunga marcia di trasferimento sostò a Ca’ di Guzzo, una casa colonica in frazione Belvedere di Castel del Rio, abitata dalla famiglia di Marsilio Salvatori.
Poco dopo la mezzanotte si avvicinò alla casa un forte reparto di paracadutisti tedeschi e uno di SS in fase di ritirata, subito attaccati dalle vedette appostate attorno al fabbricato. Anziché aggirare la casa colonica e proseguire la ritirata, i tedeschi la accerchiarono. Secondo altra versione, i tedeschi attaccarono deliberatamente la base partigiana, posta in un importante punto strategico.
I partigiani decisero di resistere per non lasciare scoperto il fianco di un reparto della 62a brigata Camicie rosse Garibaldi che si trovava nella vicina località di Casoni di Romagna (Casalfiumanese). Guerrino De Giovanni e 3 partigiani lasciarono la casa per avvertire il gruppo della 62a e chiedere aiuto.
La zona era coperta da una fitta nebbia e pioveva. Nell'ovile erano stati sistemati una ventina di civili che non avevano potuto abbandonare la casa.
I tedeschi sferrarono quattro attacchi, tutti respinti. Secondo la testimonianza di Primo Salvatori la battaglia durò sino alle ore 9 del 28. Tra i partigiani si ebbero un morto, Adelmo Ronchini "Rosso", e quattro feriti: Paolo Betti "Cicci", Francesco Campomori "Liano", Tarcisio Naldi "Cisio" e Renzo Nardi il "Ferrarese".
Alle prime luci dell'alba del 28 De Giovanni, alla testa di una ventina di uomini, tentò di rompere l'assedio dall'esterno. Perse tre uomini - Ezio Bittini, Rino Conti e Oriello Zaniboni - e non riuscì nell'intento, anche se alcuni partigiani arrivarono sino alla casa. Tra le ore 9 e le 10 del 28, Gaudenzi decise di tentare una sortita. Uscì per primo seguito da una ventina di compagni, tra i quali Umberto Magli "Ercole", Augusto Cantoni "Faì", Aldo Galassi, Carlo Casarini "Pini". Vladimiro Nanni "Miron", Ermete Valli "D'Artagnan" e il cecoslovacco Subek furono uccisi. Cantoni e Fuoco (nome di battaglia di due partigiani dei quali non è noto il cognome) restarono feriti, ma si salvarono. Un secondo gruppo, guidato da Orlando Rampolli "Teo" vice comandante della compagnia, tentò la sortita poco dopo. Uscirono dalla casa sparando i sovietici Gimma, Kolia e Miscia, Faliero Fornaciari "Liero", Amleto Pirazzini, Giancarlo Pomoni “S’cifilini ”, Primo, Francesco il Sardo, Diritto Diolaiti, Vincenzo Martelli "Cito", Elio Giorgi "Tossignano", Antonio Mirri, Luciano Calamelli, Giuseppe Curti "Pippon". Tra i superstiti della battaglia non c'è omogeneità sui nomi dei partigiani che uscirono con il primo e il secondo gruppo, né sul numero esatto.
Restarono uccisi Kolia, Miscia, Mirri, Calamelli, Curti e Fornaciari. Quando i tedeschi penetrarono nella casa uccisero con un colpo alla nuca i feriti Betti, Campomori, Naldi, Nardi. Uccisero pure, ma qualche ora dopo, lo studente di medicina Giovanni Battista Palmieri rimasto per curarli. Quindi spinsero nel letamaio i partigiani e i civili fatti prigionieri: Wladimiro Balducci “Filèp”, Piero Coppi “Mario”, Mario Ferretti, Giancarlo Gardi, Medardo Mallini “Dardo”, Isidoro Renda “Francesino”, Augusto Salvatori e Domenico Sportelli e li uccisero. Enes Franceschi riuscì a darsi alla fuga prima del massacro. Anche Edoardo Masi riuscì a fuggire prima di essere fucilato. Furono risparmiati Marsilio Salvatori, le donne e i bambini della sua famiglia. Tra i superstiti non c'è concordanza sul numero e sui nomi dei morti, di alcuni dei quali si ricorda solo il nome di battaglia. Da una testimonianza di Umberto Magli risulta che sarebbero stati una trentina. 33 secondo Nazario Galassi e 21, di cui 15 imolesi, secondo un'altra versione.
Da un rapporto della 5a Armata, le cui truppe arrivarono a Cà di Guzzo due giorni dopo il combattimento, si apprende che i tedeschi avrebbero perduto 140 uomini. [Nazario Sauro Onofri]