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Alfonso Ventura, comandante di battaglione della Stella Rossa

Schede

In quel periodo uno dei pericoli maggiori era quello delle spie. I primi di febbraio un altro agente fascista, del quale ci fu comunicata anche l’identità, presentandosi come uno sbandato, venne a Ca’ di Germino. Fu subito riconosciuto e quando, dopo un’operazione di pattuglia, rientrai nella casa, circa due ore dopo, anch’io lo riconobbi. Lo trattenemmo per interrogarlo e gli dicemmo che sapevamo che era una spia fascista: lui non negò di esser un fascista, ma disse che voleva venire con noi e che non aveva alcuna intenzione di nuocerci.
Due giorni dopo, all’alba, approfittando di un momento di distrazione, si impossessò del pugnale del Lupo (si noti che sul comandante, su Gianni [Rossi] e su me c’erano delle grosse taglie) e lo colpì fulmineamente piantandogli la lama nella schiena e poi si avventò su Gianni, il quale fu salvato dalla prontezza di riflessi del Lupo che col braccio deviò in parte il pugnale. Io intervenni subito e, seppure con una dura lotta corpo a corpo, riuscii ad immobilizzarlo e ad eliminarlo. Le ferite di Lupo erano gravi e anche Gianni si era preso una pugnalata alla testa. Gianni ed io ci interessammo subito del Lupo e lo portammo nella casa del contadino di Rio Moneta e non tardò molto a rimettersi.

Luciano Bergonzini, "La Resistenza a Bologna. Testimonianze e documenti", vol. V, Istituto per la Storia di Bologna, Bologna, 1980
Note
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