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Venere dormiente

1823 | 1871

Schede

Il primo riferimento ad una Venere dormiente che si incontra nei documenti del Fondo speciale Cincinnato Baruzzi risale al 1823, quando si registrano alcuni pagamenti a lavoranti impegnati su una Venere per lord Milton. Tra le molte sculture di questo soggetto prodotte nel periodo in cui Baruzzi dirige lo studio Canova questa è l’unica che non sia citata come copia dal maestro o dall’antico e il nome del committente ricompare in una nota autografa dello scultore che nel 1867, ricordando le varie versioni di questo soggetto da lui scolpite, ne menziona una per il visconte Milton. Se questa menzione potrebbe anche essere messa in discussione, data la genericità con cui viene citato il soggetto, il primo riferimento inequivocabile è quello alla scultura prodotta da Baruzzi per il banchiere milanese Ambrogio Uboldo ed esposta a Brera nel 1844. Dopo il successo ottenuto con la Salmace, tra il collezionista e lo scultore si stabilì un rapporto di amicizia, testimoniato dalle lettere a abili che corrono tra loro e dai doni reciproci (due busti ideali da parte di Baruzzi, un telescopio da parte dell’Uboldo), che portò alla commissione di una nuova statua, anch’essa ritraente un soggetto femminile. Scolpita tra il 1840, quando i documenti ricordano il gesso della Venere, sul quale Uboldo muove alcuni appunti alla sovrabbondanza del panneggio, e il 1843, la statua è esposta a Brera l’anno successivo e illustrata da un’incisione per la quale Uboldo chiede a Baruzzi un disegno. La ragione della lentezza del procedere dell’esecuzione è dovuta alla sopravvenuta commissione del Trionfo della Vergine per Carlo Alberto e a problemi tecnici emersi in corso d’opera; nel 1842, infatti, una macchia nel marmo costrinse a rinunciare a quel blocco ricominciando una nuova traduzione. Nel settembre 1843, dopo un ulteriore ritardo dovuto alla grave malattia che aveva colpito Baruzzi, la Venere dormiente risulta finita e l’anno successivo viene inviata a Milano con regolare licenza di esportazione, esposta a Brera e collocata nella collezione Uboldo, dove viene descritta dal Firmini. Dispersa con il resto della collezione Uboldo, la Venere dormiente attende di essere ritrovata.

Nel dicembre 1845 una nuova versione della scultura viene commissionata dallo zar Nicola I durante il suo viaggio in Italia. Il viaggio, intrapreso per motivi legati alla salute della moglie, divenne per Nicola I un’occasione per arricchire di sculture contemporanee la sua collezione da collocare all’Ermitage, nel Palazzo d’Inverno e nel castello di Peterhof. Lo zar non si limitò a visitare studi di scultori a Roma, ma si fermò appositamente a Bologna per un giorno, per conoscere Baruzzi e scegliere tra le sue opere. Il contatto con il mondo dei colti collezionisti russi è ancora da indagare, ma sappiamo che Baruzzi lavorò per la principessa Fersen Saltikov e per l’ambasciatore Teodoro Furhmann e che mantenne ottimi rapporti con l’Accademia di San Pietroburgo, grazie all’amico Brjullov, al quale chiede di raccomandarlo nel suo paese e che gli invia allievi e colleghi pittori in viaggio in Italia. Lo zar commissionò una replica della Venere dormiente della quale vide il modello nello studio dello scultore e acquistò immediatamente la Psiche che contempla una farfalla. Oggi entrambe le statue si trovano nel castello di Peterhof e sono state oggetto di uno studio specico di Sergej Androsov. Nel 1847 la scultura era in stato avanzato di lavorazione e fu ufficialmente esposta nello studio dello scultore nel mese di novembre, come registra la cronaca Bottrigari. Inviata a San Pietroburgo, fu successivamente collocata a Peterhof. Nel 1850 Baruzzi scolpisce una replica della statua per i marchesi Strozzi di Ferrara di cui non ho trovato tracce e negli stessi anni inizia una versione che esporrà al Salon di Parigi nel 1853, ottenendo un notevole successo. I commenti, registrati nella corrispondenza dello scultore, sono davvero lusinghieri e lo stesso imperatore Napoleone III si ferma nell’Orangerie a contemplare la scultura e chiede di conoscerne il prezzo. Baruzzi gli donerà la Venere e un medaglione in marmo con il busto del papa Pio IX, ottenendo in cambio un munifico donativo in denaro. Delle due sculture al momento non sono emersi riscontri.

Tra il 1854 e il 1855 il Sogno di Venere viene replicato ancora. È probabile che questa versione sia quella destinata al principe Clemente Metternich di Vienna, alla quale Baruzzi si riferisce in una lettera all’amico Luigi Travalloni (1859), dove a erma di aver dato consigli per ripulirla da una macchia, forse prodotta dalle mani poco pulite di un servitore. Nel 1860 Vittorio Emanuele II permuta la commissione paterna per il Trionfo della Vergine in un incarico per due sculture di soggetto profano, una Trasgressione e una Venere dormiente, da consegnare entro il 1861. Entrambe le sculture, trasferite a Napoli nel 1833, si trovano oggi presso il Museo di Capodimonte. Nello stesso anno Baruzzi inizia la lavorazione di una versione della Venere per la sua villa sul colle dell’Osservanza. La statua, collocata in un apposito gabinetto, alzata su un tavolo rivestito di mussola verde e illuminata da una serie di nestre, si trovava ancora nella villa al momento del primo inventario, nel 1873, e di quello notarile del 1878, che ne registra un’ulteriore versione in marmo all’interno della villa. Entrate a far parte delle raccolte del Comune di Bologna, le due sculture furono esposte all’interno della Biblioteca dell’Archiginnasio e successivamente nella galleria, e poi nel giardino, di Villa delle Rose, dove sono segnalate da fonti a stampa; oggi le due Veneri sono depositate presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna e si trovano in pessimo stato di conservazione, a causa della prolungata esposizione all’aperto. Grazie ad una lettera di Baruzzi datata 1867, possiamo stabilire che le versioni del soggetto furono almeno sette. A quelle elencate si aggiunge infatti quella per il generale Santander, a Guadalupe, anch’essa da rintracciare.

La statua raffigura la dea dell’amore distesa a terra, con la schiena appoggiata ad un masso da cui ricade un ricco panneggio. Sul terreno accanto a lei sono posate due colombe. La figura è seminuda, con panneggio avvolto attorno ai fianchi che lascia scoperto il torso. I capelli sono raccolti in una complessa acconciatura. Un braccio è abbandonato lungo il fianco destro, mentre l’altro è appoggiato su quello sinistro. La posizione in cui è disposta la figura è di torsione, con il busto e il volto girati in una direzione e i fianchi rivolti nell’altra. Chiaramente creata per stupire l’osservatore con visuali variate, la Venere dormiente risponde molto bene al gusto della seconda metà dell’Ottocento, che predilige figure femminili seminude sorprese nel sonno o nell’atto del bagno, oggetto inconsapevole degli sguardi dell’osservatore. Il volto, rilassato e composto nella quiete del sonno, rende quasi veniale la colpa di chi si so erma a contemplare la figura, il seno scoperto, i fianchi rotondi, le gambe ripiegate, il ventre offerto. Non stupisce che qualcuno, oltre ad osservare, abbia magari tentato un carezza, come il servitore di Metternich a cui si fa riferimento nella lettera citata o i visitatori della collezione Uboldo che, lo sappiamo per certo, erano stati colti in flagrante. 

Antonella Mampieri

Testo tratto dalla scheda realizzata dall'autrice per il volume 'Cincinnato Baruzzi (1796 - 1878)', secondo numero della Collana Scultori bolognesi dell'800 e del '900, Bononia University Press, Bologna, 2014