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Bruno Trombetti detto/a Sergio

10 aprile 1910 - [?]

Scheda

Bruno Trombetti, «Sergio», da Lorenzo ed Ermelinda Biavati; nato il 10 aprile 1910 a Bologna; ivi residente nel 1943.3ª Istituto Aldini. Operaio meccanico alla Weber.
Iscritto al PCI.
Nel 1929 venne ferito alla gamba sinistra da un colpo di pistola sparato dallo squadrista Bruno Monti, con il quale si era scontrato in via Castelmerlo (Bologna).
Il 29 luglio 1932 fu arrestato con il padre, la madre, il fratello Renato di 17 anni e altri 54 militanti antifascisti.
I familiari vennero scarcerati e lui deferito al Tribunale speciale per «organizzazione comunista bolognese». Trasferito nel carcere di Regina Coeli (Roma), fu tenuto in isolamento sino al maggio 1933. Il 10 dicembre 1932 venne trattenuto, mentre quasi tutti gli altri detenuti furono scarcerati, a seguito della concessione dell'amnistia del decennale.
Il 20 gennaio 1933, con altri 6 militanti antifascisti, venne nuovamente deferito al Tribunale speciale per «associazione e propaganda sovversiva» negli stabilimenti industriali bolognesi. L'1 maggio 1933, mentre era in attesa di processo, si accordò con Giorgio Amendola e Giancarlo Pajetta per solennizzare la festa del lavoro. Durante l'ora d'aria, dalla finestra della sua cella gridò ripetutamente: «Viva il 1° Maggio. Abbasso il fascismo». Fu picchiato e chiuso in cella d'isolamento per 15 giorni.
Il 18 settembre 1933 fu condannato a 8 anni di reclusione, all'interdizione perpetua dai pubblici uffici e a un anno di vigilanza speciale. Restò 3 anni nel carcere di Fossano (CN), prima di essere liberato nel 1935 a seguito della concessione dell'amnistia. Gli furono comminati 22 mesi di vigilanza speciale e dal 1935 al 1943 venne arrestato numerose volte per motivi di pubblica sicurezza, per un totale di 11 mesi di reclusione.
Fu assunto alla officina Weber e divenne uno dei dirigenti del movimento antifascista.
Dopo lo scoppio della guerra, nel 1940, la direzione aziendale comunicò che, durante l'ora della mensa, i lavoratori avrebbero dovuto interrompere il pasto e ascoltare in piedi il bollettino militare trasmesso alla radio. Il primo giorno di trasmissione restò seduto. Essendo stato richiamato per nome, si alzò e disse: «Io sto seduto perché sono un operaio comunista già condannato dal Tribunale speciale e sono contro questa guerra fascista». Poi si sedette imitato da altri operai.

Con l'inizio della guerra di liberazione fece parte dei primi gruppi armati che operarono in città e successivamente fu inviato sull'Appennino tosco-emiliano.
A seguito di una delazione venne arrestato a Loiano il 28 gennaio 1944 e associato alla carceri di San Giovanni in Monte (Bologna). Fu trasferito prima a Parma, poi a Castelfranco Emilia (MO) e infine nel campo di concentramento di Fossoli (Carpi - MO).
L'8 agosto 1944, durante il viaggio di trasferimento in Germania, riuscì a fuggire con Ezio Sabbioni. Si recò a San Giovanni in Persiceto ed entrò a far parte della 63ª brigata Bolero Garibaldi, nella quale militava la moglie Carmelina Montanari.
Il 2 febbraio 1945 venne arrestato con la moglie in località Tassinara (San Giovanni in Persiceto). Mentre si trovavano nelle celle della caserma dei carabinieri, gli fu comunicato che sarebbe stato fucilato e la moglie deportata. Evitata la fucilazione per l'intervento di un ufficiale tedesco, fu deportato nel campo di concentramento di Bolzano, dove restò sino al 28 aprile 1945. Il fratello Renato cadde nella Resistenza.
Riconosciuto partigiano con il grado di tenente dal 9 settembre 1943 alla Liberazione. [O]