Salta al contenuto principale Skip to footer content

Tarhuna - Tripolitania (Libia)

Fronte militare

Schede

La cittadina di Tarhuna si trova nell’interno del territorio libico, a circa 90 km. da Tripoli.  Nel 1915 in Tripolitania l’occupazione italiana si era ridotta alle città costiere che  potevano essere rifornite via mare dalla Regia Marina, oltre ad alcuni presidi avanzati di difesa e reazione rapida alle razzie nemiche. Tarhuna era uno di questi.  Fu nella prima settimana di maggio 1915 che la ribellione Senussa si manifestò in modo aperto: le comunicazioni telegrafiche vennero interrotte, sulle strade provenienti dalla costa furono messi posti di blocco, masse di cavalleria ribelle, appoggiate da mitragliatrici e cannoni, cinsero Tarhuna, attaccando le truppe italiane che si trovavano all’interno.  Da Tripoli, l’11 maggio, fu mandata una colonna di soccorso composta da un battaglione bersaglieri, due compagnie di fanteria italiana e truppe di colore inquadrate nel 1°reggimento libico.  La colonna mosse dalla cittadina di Azizia; purtroppo fu subito intercettata e dopo duro scontro dovette retrocedere verso la località di Sidi Ulid, dove fu raggiunta dai rinforzi inviati da Tripoli. Ricomposte le fila, la colonna italiana ripartì verso Tarhuna, riuscendo a raggiungere il presidio la sera del 16 maggio, senza la carovana dei rifornimenti, perché, attaccata e saccheggiata da bande ribelli, era stata costretta a rientrare ad Azizia.  Un mezzo squadrone di cavalleria, il 17 maggio, subì un attacco vicino alla località Suq el Ahad e fu costretto a ripiegare: l’ultima strada per Tarhuna risultò sbarrata. Il Comando Italiano di Tripoli, conscio della grave situazione, ordinò un secondo tentativo per liberare dall’assedio le truppe del presidio; il giorno 20 maggio una forte colonna di bersaglieri e truppe di colore con cavalleria appoggiate da una batteria da montagna, al comando del tenente colonnello Monti,  uscì da Azizia con l’intento di prendere collegamento con i reparti italiani  all’oasi di Sidi Ulid, reparti provenienti, a loro volta, da Tarhuna. Le truppe italiane vennero intercettate quasi subito e attaccate da rilevanti masse ribelli.  La battaglia si protrasse per ore; la sera del 21 i resti della colonna Monti ripiegarono dentro ad Azizia.  Le perdite italiane ammontarono a 2  morti e 3 feriti tra gli ufficiali e 90 morti e 70 feriti tra la truppa. Ad aggravare maggiormente la situazione giunse la notizia che anche per gli altri due presidi nel Gebel orientale la situazione era drammatica: Beni Ulid era sotto assedio, mentre quello di Mizda fu sgomberato e lasciato ai Senussi. Il 10 giugno una colonna militare usciva dalla città costiera di Homs, agli ordini del colonnello Balocco, con l’obiettivo di raggiungere la località di Cussabat dove da vari giorni stazionavano le truppe del colonnello Cassinis  pronte  per effettuare un altro tentativo di liberare Tarhuna.  A soli 8 km. da Homs la colonna italiana venne intercettata e costretta ad ingaggiare battaglia con bande ribelli per diverse ore; la situazione si sbloccò solo con l’arrivo di un reparto eritreo sbarcato sulla costa da una nave della Regia Marina. Da Tarhuna, fu inviato tramite piccioni viaggiatori il messaggio che il giorno 18 giugno tutta la guarnigione, compreso i civili, sarebbe uscita dalla cittadina tentando con mezzi propri di raggiungere la costa.  Il giorno 17 la colonna Cassinis lasciò il villaggio di Cussabat iniziando l’avvicinamento a Tarhuna; contemporaneamente da Azizia muoveva, col medesimo obiettivo, un altro reparto italiano agli ordini del colonnello Monti, composto da un battaglione del 7° bersaglieri, due plotoni di uno squadrone Cavalleggeri Lodi, una sezione di artiglieria da montagna e nuclei di truppe di colore.  A 12 km. da Azizia, all’altezza della località di Sidi Bargub sull’uadi Megenin, la colonna Monti veniva attaccata da masse di ribelli senussi che, nel corso delle ore successive, andarono  aumentando di numero. La lotta si protrasse sino al primo pomeriggio, poi iniziò il ripiegamento verso Azizia.  Nel frattempo la colonna Cassinis si era aperta combattendo la strada verso Tarhuna, giungendo la sera del 17 ad appena 20 km di distanza. All’alba del giorno 18 giugno, come annunciato, le truppe del presidio, due compagnie dell’82° fanteria, un battaglione bersaglieri, una batteria di cannoni, un nucleo di cavalleria, un reparto libico, uno eritreo, per un totale di circa 1500 soldati italiani e 700 indigeni, lasciarono Tarhuna diretti verso Tripoli. Due ore dopo, quasi all’imbocco della valle di Sert, iniziarono gli attacchi dei ribelli, favoriti dal luogo impervio da loro dominato e dalle gole strette che i reparti italiani furono obbligati a percorrere.  A creare confusione sulla direzione da seguire giocarono alcuni fattori: nei mesi precedenti era stato emanato l’ordine ai presidi in ripiegamento di marciare nella direzione indicata dai colpi di cannone; quando le truppe italiane uscirono da Tarhuna, verso Tripoli tuonavano le artiglierie della colonna Monti, attaccata a Sidi Bargub dai ribelli, mentre dalle alture di Msid, dove era in attesa la colonna Cassinis, durante la notte si erano alzati razzi ed udite scariche di fucileria accompagnate da sporadici colpi d’artiglieria. Purtroppo l’ordine del colonnello Antonucci, che aveva interpretato i rumori provenienti da Msid come indicatori di una battaglia in corso, fu di dirigersi verso Sidi Bargub. Era vero il contrario. Nel pomeriggio, come detto, la colonna Monti ripiegò da Sidi Bargub verso Azizia; le truppe che erano uscite da Tarhuna trovarono sulla strada per Tripoli i ribelli, non i soccorsi: fu un massacro. Il giorno 20 giugno arrivarono ad Azizia, Fonduc ben Gascir, Suani ben Adem, i primi superstiti in pietose condizioni: erano 16 ufficiali, 150 uomini di truppa, nazionale ed indigena. Dei rimanenti soldati, parte cadde lungo il percorso, parte venne fatta prigioniera.  Con la caduta di Tarhuna, che costituiva la chiave della regione del Gebel orientale, restava in mano ribelle un vastissimo territorio nel quale muoversi e fare opera di proselitismo sulla popolazione locale.  Paolo Antolini Bibliografia: Massimo Adolfo Vitale, L’Italia in Africa, serie storico militare, 1°: L’opera dell’esercito. 3. Avvenimenti militari e impiego: Africa settentrionale 1911-1943, Roma, Istituto poligrafico dello Stato, 1964.