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Sfinge

1787 ca.

Schede

Questo gesso, che raffigura una sfinge, si trova nel Collegio Artistico Angelo Venturoli perché esso venne realizzato nel 1787 in un cantiere diretto dallo stesso Venturoli, precisamente il completamento della ristrutturazione della villa in località Bel Poggio del marchese senatore Filippo Hercolani. Non si trattava di un lavoro molto impegnativo per l’architetto, perché non riguardava l’edificio o la sistemazione esterna del lotto, ma semplicemente la recinzione, costituita da “pilastri e rastelli in ferro costrutti all’ingresso del Vialone”. La ristrutturazione architettonica dell’interno e dell’esterno della villa era stata progettata tra la fine del 1783 ed il marzo dell’anno successivo da Carlo Bianconi, il quale si era trasferito da alcuni anni a Milano per ricoprire la carica di Segretario dell’Accademia di Brera. Nella conduzione del cantiere la sua lontananza da Bologna non costituì per lui un grosso problema dal momento che egli poteva avvalersi della collaborazione di suo fratello Angelo Michele (rimasto a Bologna) e, soprattutto, dell’arch. Giuseppe Jarmorini.

Dalle lettere rintracciate dallo scrivente presso l’archivio della famiglia Hercolani, emerge che Carlo Bianconi fu il regista dell’intera ristrutturazione della villa, compresa la recinzione; egli infatti venne spesso interpellato per esprimere il proprio parere, sia su problemi di tipo architettonico, che artistico o estetico. Egli era costantemente informato dal fratello e dallo stesso Filippo Hercolani delle soluzioni architettoniche alternative che venivano discusse in cantiere ed indicava talvolta quella che secondo lui poteva essere adottata; inoltre il Bianconi non si limitò a dare direttive progettuali, ma dispensò consigli ed espresse il proprio giudizio, talvolta anche molto critico, sulle scelte fatte in corso d’opera. Come attestò il marchese Antonio Bolognini Amorini, con la pubblicazione (in appendice all’Elogio) dell’elenco delle opere di Angelo Venturoli, quest’ultimo ebbe l’incarico di progettare la recinzione il 18 febbraio 1785 e due anni dopo (29 maggio 1787) Filippo Hercolani impegnò con una scrittura privata lo scultore Giacomo Rossi a realizzare le statue di abbellimento degli accessi.

Nella Convenzione fu prevista la realizzazione di sei statue “da farsi in marogna [stucco di gesso e calce] in loco”: due, che raffiguravano Pomona e Flora in posizioni sdraiate, da collocare sopra i grossi piloni posti ai lati del cancello principale del vialone di accesso (lungo la strada maestra fuori di porta S. Stefano), altre quattro statue, che rappresentavano le Sfingi, dovevano essere messe sulle due coppie di pilastri (più piccoli dei precedenti) che delimitavano gli ingressi laterali. La scrittura privata inoltre prevedeva per l’esecuzione delle sei statue il pagamento a Rossi di 800 lire; la cifra sarebbe stata incrementata di 100 lire se questo lavoro fosse stato, come in effetti fu, di soddisfazione e gradimento del marchese Hercolani. Prima della sottoscrizione del contratto d’opera, Carlo Bianconi scrisse al marchese per definire esattamente come lo scultore doveva rappresentare le sfingi, appena schizzate dal Venturoli nel suo disegno conservato in duplice copia presso la villa Hercolani.

Il Bianconi il 7 marzo 1787 scrisse questa frase: “Anch’io sono dell’avviso che due Sfingi starebbero benissimo sopra i piedestalli che hanno per base 5 piedi, e 3,5 di arghezza. Ma vorrei che le sfingi fossero fatte come leoni sino al petto, il quale fosse da donna, ma non troppo sbulzante, e così femminile pure fosse il collo, e la testa loro. Assicuri pure che in capo avessero una specie di cuffia egizia, come vediamo nelle egregie antichità, e sedessero come fanno i cani. Si potrebbe porre l’arma Ercolani come tenuta da una zampa loro, ma ciò dee determinarsi dal bozzetto, a cui mi rimetto.”. Il bozzetto fatto dal Rossi e che oggi è conservato presso il Collegio Venturoli, rispetta le indicazioni date dal Bianconi, fatta eccezione di quella per cui le sfingi potevano essere rappresentate nell’atto di tenere con una zampa lo stemma della famiglia Hercolani. Venne fatta la scelta di escludere questo particolare forse per non dare alla sfinge una posizione poco naturale, non dimentichiamo che la statua doveva avere il corpo di leone. Trattasi di un’opera curata nei dettagli e realizzata in modo armonioso nel fare la rappresentazione di una figura particolare che doveva esprimere la forza dell’animale e la gentilezza della donna.

Purtroppo le quattro statue del Rossi situate sopra i pilastri dei due cancelli sono andate perdute; ciò rende ancor più prezioso il presente gesso.

Giorgio Galeazzi

Testo tratto dal catalogo della mostra "Angelo Venturoli - Una eredità lunga 190 anni", Medicina 19 aprile - 14 giugno 2015.