San Giorgio di Piano, (BO)

San Giorgio di Piano, (BO)

1943 | 1945

Scheda

La strada per la riconquista della libertà e della democrazia che ha inizio nell’autunno 1943 riprende il percorso del socialismo sindacale delle campagne e le conquiste delle leghe interrotto negli anni Venti, quando il fascismo elimina tutti i diritti politici. A San Giorgio di Piano, comune della Bassa bolognese a quindici chilometri dalla città sulla direttrice che porta a Ferrara, con un’economia prevalentemente fondata sull’agricoltura, la reazione padronale contro i patti sociali fortemente innovativi conquistati da contadini e braccianti è particolarmente violenta. Il territorio della pianura diventa terra di occupazione delle squadre armate delle camice nere che libere di agire senza controllo, scatenano una dura reazione nei confronti dei capilega e dei lavoratori. Inizia una stagione di intimidazioni, ingiurie, calunnie, bastonature, vendette e uccisioni, come quella feroce del capolega Amedeo Lipparini di Santa Maria in Duno di Bentivoglio, il 29 aprile 1921.
I giovani di San Giorgio del 1943 fanno riferimento a queste figure di militanti che, pur rimanendo per vent’anni nell’ombra della vita pubblica, non smettono mai di lottare contro il regime. È una resistenza che esce allo scoperto quando una nuova generazione si mette alla guida dell’antifascismo militante. All’inizio, dopo l’8 settembre 1943, sono gli amici ed i rapporti con i parenti più stretti a costruire una rete di solidarietà per dare un sostegno ai militari che si nascondono: vestiti civili, ospitalità nelle abitazioni, cibo e apparato logistico. Non è facile all’inizio dare un contenuto alle forme di ribellione armata, come dire no al fascismo. S’inizia con azioni modeste, ma significative per il forte impatto sulla popolazione e per alimentare la percezione di una forza ben organizzata, di un vero e proprio commando con molti uomini e mezzi, come il disarmo contemporaneo dei guardiafili, generalmente armati con una doppietta da cacciatori requisita dai fascisti, e dei guardialinee lungo la ferrovia Bologna-Galliera. Lo spargimento dei chiodi a tre punte, le scritte sui muri o la confusione che si crea con gli spostamenti dei cartelli indicatori destinati ai tedeschi hanno lo scopo di infastidire e non dare tregua all’occupante, creando quotidiani diversivi che diventano ogni giorno più frequenti. Tra l’inverno 1943 e la primavera 1944 le azioni di sabotaggio s’intensificano ed il livello di combattività matura con il crescere dell’organizzazione clandestina.

Nel novembre 1943, su indicazione dell’organizzazione clandestina del Partito comunista italiano, si tiene una riunione sugli argini di via Saliceto che costeggia il Canale Navile. Sono presenti Araldo Tolomelli, responsabile politico di zona dell’organizzazione comunista, e quattro giovani di San Giorgio, di venti, sedici e diciotto anni. Sono i fondatori ed i dirigenti della nuova organizzazione, Il fronte della gioventù: Luigi Crescimbeni, Pietro Galuppi, inoltre Luciano Vannini e Giuseppe Monti. Dopo aver illustrato la situazione politica e militare, Tolomelli distribuisce gli incarichi e prende così corpo il primo nucleo organizzativo di San Giorgio. Il Comitato direttivo giovanile riunisce gli elementi antifascisti già attivi nella zona e darà poi origine alle Squadre di azione patriottica, le Sap, formazioni combattenti di pianura. Responsabile è lo studente Giuseppe Monti; Luciano Vannini, contadino, è a capo del lavoro politico; a Pietro Galuppi, operaio, va la responsabilità del lavoro militare e a Luigi Crescimbeni quella dell’organizzazione che tiene i rapporti con Bologna attraverso Dante Stefani e in seguito Mario Testoni, Cesare Mazzacurati, Remo Nicoli ed Elio Magri.
Condizione indispensabile è quella di recuperare armi e munizioni, perciò si decide di assaltare e disarmare un posto di ascolto e di avvistamento di militari italiani alle dipendenze della Luftwaffe nelle vicinanze del comune. Le due squadre provenienti dalla frazione di Cinquanta e dal capoluogo colpiscono di sorpresa e recuperano fucili e pistole. Viene inoltre condotta un’azione contro un’officina che lavora per l’esercito tedesco utilizzando un ordigno rudimentale a base di tritolo sottratto a suo tempo da un deposito fascista dai partigiani di un'altra zona.
L'organizzazione clandestina si estende in tutte le basi della pianura collegate attraverso le staffette, patrioti e partigiani che fanno circolare stampa e documenti contro l'occupazione tedesca. Il lavoro politico del Fronte della gioventù e dei Gruppi di difesa della donna saldano fortemente i contenuti della lotta di massa con quelli per la liberazione e la libertà. Il mondo contadino (molti offrirono le loro case per ospitare i partigiani e gli ebrei mettendo a rischio la loro vita e quella dei loro familiari), difeso dai partigiani, si oppone alla requisizione del bestiame e al conferimento ai tedeschi del grano maturato nell’estate 1944. Le donne in corteo manifestarono, il 3 Febbraio (alcune furono arrestate e carcerate), ed il 1° Marzo 1945, dentro al comune per chiedere generi alimentari e la fine della guerra.

Fonte Comune di San Giorgio di Piano

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Antifascismo e lotta di Liberazione
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Luigi Arbizzani, Antifascismo e lotta di Liberazione nel bolognese Comune per Comune, Bologna, ANPI, 1998

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