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Assalto al carcere di San Giovanni in Monte

Azione di guerra 9 agosto 1944

Schede

Prima di essere trasferite in frazione Dozza, le carceri bolognesi si trovavano nell'ex convento attiguo alla chiesa di San Giovanni in Monte nella piazza omonima.
Durante la lotta di liberazione ospitarono centinaia, se non migliaia di antifascisti, di partigiani e di genitori di renitenti alla leva. Molti detenuti, per i quali non c’era spazio a San Giovanni in Monte, furono "ospitati" nelle stalle della caserma del 3° artiglieria a Porta d'Azeglio.
Nell'estate 1944 il comando della 7a brigata GAP Gianni Garibaldi decise di liberare i detenuti del carcere principale. Per questo Bruno Gualandi "Aldo" si accordò con un agente di custodia, il quale diede informazioni preziose. Altre informazioni furono fornite da Verenin Grazia segretario del CLNER.
Un primo tentativo fatto in luglio fallì. Riuscì il secondo.
La sera del 9 agosto, poco prima delle 22, davanti alle carceri di San Giovanni in Monte si fermarono due auto con 12 uomini. Bernardino Menna "Napoli", Lino Michelini "William" e Arrigo Pioppi "Bill" erano vestiti da tedeschi. Massimo Barbi, Nello Casali "Romagnino", Bruno Gualandi, Roveno Marchesini "Ezio" e Vincenzo Sorbi "Walter" indossavano divise delle brigate nere. Giovanni Martini "Paolo", Renato Romagnoli "Italiano", Dante Drusiani "Tempesta" e Vincenzo Toffano "Terremoto" furono presentati per partigiani catturati.
I falsi tedeschi e fascisti erano armati di mitra e gli altri di pistola. I due agenti di servizio davanti all'edificio presero per buona la versione dei partigiani per cui suonarono nel modo convenzionale e dall'interno fu aperta la porta. Restarono fuori Gualandi, Casali, Michelini e Barbi. Gli altri entrarono e non ebbero difficoltà a immobilizzare i pochi agenti in servizio, dopo avere tagliato i fili del telefono. Mentre i partigiani entrati aprivano tutte le celle, i quattro rimasti all'esterno disarmarono i due agenti, uno dei quali reagì e ferì Michelini a una gamba.
Oltre ai politici furono liberati anche i prigionieri comuni per creare confusione. Il numero esatto non è noto, ma pare che fossero 300-350 persone. Non fu possibile liberare le detenute.
Il capo della provincia di Bologna, nel rapporto alla direzione generale della polizia, scrisse che della squadra partigiana facevano parte una quarantina di elementi giunti sul posto a bordo di due autocarri con targa tedesca.
Il 10 agosto il questore, nel rapporto al governo, scrisse che erano intervenuti 70 partigiani e che avevano liberato 340 detenuti. L’11 agosto aggiunse che 206 erano stati catturati.
Caddero nella Resistenza Casali, Drusiani, Marchesini, Martini e Toffano. [Nazario Sauro Onofri]