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Proclamazione della vittoria

Politico 4 novembre 1918

Schede

Il proclama firmato dal Comandante supremo dell’esercito italiano Armando Diaz il 4 novembre 1918 a conclusione della prima Guerra mondiale ebbe un’importanza decisiva per la storia, sia nell’immediato, sia nei tempi successivi. Nei giorni conclusivi del conflitto, esso servì a rendere chiaro a tutti, italiani, alleati e nemici, chi avesse vinto la guerra e chi invece l’avesse perduta. La cosa poteva non essere così evidente, dal momento che, al momento dell’armistizio, le truppe austro-ungariche occupavano ancora vaste zone dell’Italia.

Lo stesso proclama fu redatto nella Villa di Monte Rosso sui Colli Euganei, mentre le trattative per l’armistizio si svolsero a Villa Giusti, cioè alle porte di Padova, più vicino al Po che al confine delle Alpi. Nel testo le due separate operazioni – quella iniziata il 24 ottobre sul Grappa e quella avviata il 26 sul Piave – vengono unificate, in modo da diffondere l’idea di un unico piano di contrattacco dai monti al mare, avviata il 24 ottobre, anniversario della sconfitta di Caporetto. Doveroso l’omaggio alla dinastia: non soltanto al Re, nominato "Duce Supremo", ma anche al Duca d’Aosta, comandante della "invitta Terza Armata". L’ultima frase del proclama, sui “resti di quello che fu uno dei più grandi eserciti del mondo”, divenne addirittura proverbiale, mentre la sottoscrizione del documento “firmato Diaz”, indusse molti italiani ad imporre ai propri figli appena nati il nome di Firmato, nella errata convinzione che quello fosse il nome di battesimo del generale vittorioso. Nei decenni successivi la Grande Guerra fu assunta dal fascismo come proprio mito fondativo, e il proclama della Vittoria, che costituiva quasi il leit motiv delle celebrazioni, conobbe una popolarità ancora maggiore: il suo testo, fuso nel bronzo delle artiglierie catturate al nemico, venne esposto in tutte le caserme d'Italia dove tuttora è visibile, e venne poi immortalato sui monumenti, sulle facciate dei municipi, nelle scuole, diffuso in migliaia di copie su cartoline, stampe, libri scolastici, e letto, insegnato e imparato a memoria da generazioni di italiani.

Otello Sangiorgi

Il testo: «Comando Supremo, 4 novembre 1918, ore 12; Bollettino di guerra n. 1268

La guerra contro l'Austria-Ungheria che, sotto l'alta guida di S.M. il Re, duce supremo, l'Esercito Italiano, inferiore per numero e per mezzi, iniziò il 24 maggio 1915 e con fede incrollabile e tenace valore condusse ininterrotta ed asprissima per 41 mesi, è vinta. La gigantesca battaglia ingaggiata il 24 dello scorso ottobre ed alla quale prendevano parte cinquantuno divisioni italiane, tre britanniche, due francesi, una cecoslovacca ed un reggimento americano, contro settantatré divisioni austroungariche, è finita. La fulminea e arditissima avanzata del XXIX Corpo d'Armata su Trento, sbarrando le vie della ritirata alle armate nemiche del Trentino, travolte ad occidente dalle truppe della VII armata e ad oriente da quelle della I, VI e IV, ha determinato ieri lo sfacelo totale della fronte avversaria. Dal Brenta al Torre l'irresistibile slancio della XII, della VIII, della X armata e delle divisioni di cavalleria, ricaccia sempre più indietro il nemico fuggente. Nella pianura, S.A.R. il Duca d'Aosta avanza rapidamente alla testa della sua invitta III armata, anelante di ritornare sulle posizioni da essa già vittoriosamente conquistate, che mai aveva perdute. L'Esercito Austro-Ungarico è annientato: esso ha subito perdite gravissime nell'accanita resistenza dei primi giorni e nell'inseguimento ha perduto quantità ingentissime di materiale di ogni sorta e pressoché per intero i suoi magazzini e i depositi. Ha lasciato finora nelle nostre mani circa trecentomila prigionieri con interi stati maggiori e non meno di cinquemila cannoni. I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano discese con orgogliosa sicurezza.»

(Armando Diaz, comandante supremo del Regio Esercito)