La Guerra sulle Alpi: 1917 tra Stelvio e Gavia.  Assalto al Gran Zebrù e a cima Trafoi

La Guerra sulle Alpi: 1917 tra Stelvio e Gavia. Assalto al Gran Zebrù e a cima Trafoi

Scheda

L'inverno 1916-1917 fu durissimo. A primi di gennaio la neve si solidificò a temperature che toccarono i -20 gradi con tormente di forza spaventosa. Il 9 febbraio un aeroplano austriaco fece la sua comparsa sopra Bormio, mentre il giorno 28 qualche granata, per la prima volta, cadde vicino al paese. La notte del 17 marzo soldati italiani che stavano lavorando ad una galleria nel ghiaccio nell'intento di sorprendere sulla cima del Cristallo il posto nemico, erano penetrati in una galleria che gli austriaci stavano costruendo con lo stesso proposito. Ne era seguita una veloce ritirata, e per tutto il giorno 18 un forte cannoneggiamento italiano venne rivolto verso lo sbocco della galleria per impedire possibili sortite austriache. Poi il genio la fece crollare con cariche di gelatina esplosiva.
In aprile pioggia a valle e neve in alto: l'alzarsi della temperatura favorì il distacco di grandi valanghe, Bormio rimase isolata dalla Valtellina, la strada dello Stelvio risultò bloccata per giorni, morti italiani tra le corvèe, comunicazioni telefoniche coi posti avanzati interrotte. Né maggio portò sollievo: una valanga formidabile cadde a poca distanza dalla Capanna Milano, distruggendo la stazione della teleferica. Dalla parte austriaca si contarono 22 valanghe solo nel tratto di strada Prato allo Stelvio – Trafoi, e anche tra i prigionieri russi al lavoro nelle retrovie austriache ci furono dei morti. Un incendio fece danni al Trafoi-Hotel e in quella occasione gli italiani si astennero dal tirare sui soccorritori dalla posizione sulla Cima Trafoi.
Il nemico continuò incessante la costruzione di gallerie nel ghiaccio e roccia per piazzare mitragliatrici e punti di osservazione, soprattutto lungo la dorsale del Cristallo per dominare la Val Zebrù, tuttavia buona parte di tale lavoro andava perduta per il tiro preciso dell'artiglieria italiana. In maggio si aprì la gara per la conquista della cima del Gran Zebrù. Il possesso di tale vetta avrebbe favorito gli austriaci nel controllare le retrovie italiane.
Nel frattempo gli austriaci avevano ricevuto rinforzi: erano entrati in linea i battaglioni di volontari di Taufers, Nauders e Ries e la compagnia di guide nr.1. Questi provetti scalatori a metà di maggio prepararono la montagna con corde fisse e scalinando la neve, così che il giorno 17 una squadra di tiratori volontari occupò la cima del Gran Zebrù, mentre altre posizioni di rinforzo furono approntate in posizione defilata appena sotto la vetta. L'artiglieria italiana della Capanna Milano aprì subito il fuoco e raffiche di mitragliatrice investirono il posto nemico, producendo pochi danni: ogni sforzo per scacciare l'avversario dalla cima del Gran Zebrù risultò vano. Come rappresaglia la nostra artiglieria distrusse il rifugio Solda; gli austriaci costruirono una teleferica per favorire i lavori al posto avanzato sul Madaccio di Dentro, ripreso agli italiani l'anno precedente; vennero pure issati dei cannoni da montagna che provocarono non pochi danni al nostro posto sulla cima Trafoi. L'osservatorio nemico sul Gran Zebrù permise alla artiglieria imperiale di battere le lontane retrovie di Bormio e della Val Furla, con grande paura degli abitanti.
Ma era sempre il posto italiano sulla cima Trafoi che dava il maggior fastidio al nemico, tanto che, dopo vari tentativi di assalto diretto, presero il via i lavori per costruire una lunga galleria nel ghiaccio che doveva arrivare al di sopra della baracca italiana. La galleria partì da Cima Campane proseguì sino alla Croda di Trafoi, poi andò su quasi in verticale verso la vetta arrivando sopra e alle spalle degli Alpini. Gli austriaci prepararono quindi un piccolo fortino con munizioni e viveri: la battaglia poteva iniziare. All'alba del 1° settembre una pattuglia nemica si calò improvvisa, le sentinelle furono sgozzate, poi l'azione si spostò dentro alla ridotta italiana, dove ogni reazione risultò vana. Immediata fu la risposta: tiratori si appostarono in posizione efficace per bloccare un ulteriore progresso nemico, mentre a valle si apprestavano forze sufficienti per la riconquista. L'1 ottobre il tiro della nostra artiglieria contro la cima Trafoi si intensificò, tiratori e mitragliatrici obbligarono il nemico a rimanere al coperto, mentre una colonna mista di Alpini e guide prese a risalire la montagna dal passo dei Camosci. La sorpresa riuscì: ben presto la lotta divenne un corpo a corpo, gli austriaci indietreggiarono e ripegarono verso le loro posizioni utilizzando la galleria nel ghiaccio. Gli Alpini li inseguirono per centinaia di metri in quel budello gelato, poi piazzarono le mine per distruggerla in modo definitivo. La cima Trafoi rimase in saldo possesso degli italiani sino a fine guerra.
Paolo Antolini

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Bibliografia
La guerra a tremila metri. Dallo Stelvio al Gavia
Luciano Viazzi, Ulrico Martinelli
1996 Chiari, Nordpress Edizioni
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