Sintonia tra due fondatori: Angelo Venturoli e Elisabetta Donati Zucchi

Sintonia tra due fondatori: Angelo Venturoli e Elisabetta Donati Zucchi

1811 | 1825

Scheda

Stimolato dalle manifestazioni programmate per il 2015, in occasione del 190° di inaugurazione del Collegio Artistico Venturoli, ho intrapreso alcune ricerche per conoscere meglio l’impegno professionale assunto e svolto dall’architetto Angelo Venturoli (Medicina, 1749 - Bologna, 1821) in edifici urbani appartenenti al patrimonio immobiliare che la Signora Elisabetta Donati Zucchi (Medicina, 1748 - ivi, 1812) aveva destinato con suo testamento alla fondazione di un istituto di assistenza, educazione e formazione a lavori femminili che accogliesse giovani ragazze di Medicina in condizioni di particolare necessità, progetto che già negli ultimi decenni del Settecento il molto venerato arciprete di Medicina, don Antonio Casalgrandi (1726 -1792), aveva a lungo tentato di realizzare con la partecipazione del Comune. L’istituzione fondata dalla Signora Elisabetta verrà inaugurata al termine delle opere di predisposizione dei locali nel 1825 col nome di “Partenotrofio”, come si legge ancora sul fronte dell’edificio: una denominazione che gli esecutori testamentari, divenuti amministratori a vita per volontà della testatrice, avevano plasmato dal greco antico in obbedienza alla cultura classica in quel tempo imperante: parthénos (ragazza) - tropheion (luogo in cui si accudisce).

Venturoli nel 1818 è chiamato a Medicina dagli amministratori per progettare la ristrutturazione di un edificio posto sulla «via di Bologna» (l’attuale Via Libertà, appunto verso Bologna), proveniente dal lascito testamentario della Donati Zucchi, ed inoltre per dare un suo parere tecnico e predisporre un eventuale progetto di adeguamento ad uso di «conservatorio» per le giovani ragazze, su uno dei due ex conventi femminili soppressi dalle leggi napoleoniche e posti in vendita dal loro recente proprietario. Si trattava dell’ex monastero delle monache carmelitane, sull’attuale lato nord di via Canedi, e di quello delle monache servite posto di fronte alla chiesa di san Mamante. L’architetto elabora un dettagliato progetto per l’edificio sulla «via di Bologna» ove ricavare appartamenti, negozi e magazzini da affittare: una costruzione che viene prevista fornita di elegante facciata sul fronte strada, purtroppo non eseguita ma di cui si conserva il disegno nell’archivio dell’istituto Donati Zucchi. Per quanto riguarda l’acquisto della costruzione da adibire a Partenotrofio, Venturoli valuta che l’ex monastero delle servite, per la sua posizione più centrale e prospiciente la chiesa arcipretale, sarebbe risultato il più idoneo ad ospitare l’erigendo istituto. I tre esecutori testamentari poi divenuti amministratori, i medicinesi don Filippo Prandi, l’avvocato Lorenzo Prandi e il sacerdote bolognese Ercole Savini, che quasi subito dimessosi per entrare nella Compagnia di Gesù, nominerà suo successore il fratello Carlo Savini, daranno esecuzione ai lavori secondo le indicazioni e il progetto del Venturoli redatti nel 1820, appena un anno prima della sua morte.

Per quanto possa essere utile entrare nello specifico del lavoro poco noto svolto dall’architetto medicinese nei suoi ultimi anni di attività nel suo paese d’origine, ciò che in questo momento risulta meritevole di particolare attenzione è invece il suo interesse rivolto ai contenuti delle volontà testamentarie della Donati Zucchi, che egli vorrebbe conoscere direttamente da copia del documento ufficiale. Veniamo a conoscenza di tale intendimento e del motivo che ne sta alla base da una lettera inviata il 5 agosto 1818 dall’amministratore Carlo Savini al suo collega medicinese don Filippo Prandi. «Il Sig. Angelo Venturoli - scrive il Savini - mi ha fatto conoscere di desiderare moltissimo una copia di quella parte di testamento con cui la Signora Zucchi instituisce Erede uno Stabilimento da erigersi per Conservatorio in Medicina di Zitelle [antico vocabolo che sta per fanciulle, ragazze]. Ho potuto a chiari segni comprendere, che egli la desidera per aggiungere delle beneficenze a quelle lasciate dalla predetta Signora. Fa d’uopo con sollecitudine secondare il suo desiderio, che tanto può giovare allo Stabilimento che amministriamo». Sarà ancora Carlo Savini a informare don Prandi nel dicembre dello stesso anno che «col Sig. Venturoli si è già combinato di venire [a Medicina] lunedì mattina. Io avrò per tanto in tal giorno il vantaggio di riverire Lei e li suoi Signori Fratelli…».

Si apprende così che dal 1818 il nostro architetto, già provato da diversi disturbi fisici e privo di eredi diretti, sta meditando di dare un contenuto significativo ad un suo prossimo testamento, in cui potrebbero essere presenti provvedimenti importanti rivolti a giovani in condizioni di famiglia disagiate. Avendo avuto conoscenza che a Medicina la Donati vedova Zucchi aveva stabilito di destinare il suo consistente patrimonio per erigere un conservatorio che ospitasse ed educasse anche a mestieri femminili giovani ragazze povere, Angelo Venturoli in un primo tempo sembra orientato ad assegnare «beneficenze» allo stesso istituto fondato dalla Signora medicinese. Successivamente però, nel suo testamento consegnato al notaio bolognese Giovanni Paolo Dossani l’8 marzo 1820, l’architetto, rinuncia a lasciare sostanze all’istituendo conservatorio femminile del suo paese per nominare «Erede e Legatario universale lo Stabilimento d’istruzione, e beneficenza […] a comodo d’istruire Giovani studenti di Belle Arti», istituto strutturato in collegio da erigere in Bologna e destinato a giovani nati nella stessa città e che «siano persone civili e bisognose, e li più bisognosi siano sempre preferiti». Egli compie in tal modo un salto di notevole qualità rispetto al primo pensiero se la “beneficenza” accennata fosse stata una elargizione importante o esclusiva.

A far mutare in Angelo Venturoli il primo orientamento e a indurlo a destinare i cospicui capitali accumulati in favore di una struttura rivolta a sostenere e formare giovani aspiranti artisti, appartenenti a famiglie impossibilitate a sostenere i costi necessari per non breve curriculum di studi, sicuramente avrà influito non poco la propria esperienza di giovanissimo orfano di padre, trasferito con la famiglia a Bologna da Medicina. Il ricordo di essere stato generosamente accolto, insieme alla madre e ai fratelli, nella casa del parente don Luigi Dàrdani anch’egli di origini medicinesi - noto scultore plastico e personaggio bene introdotto nel contesto bolognese delle arti - e da lui sostenuto negli studi ed educato deve avere costituito per il già anziano affermato architetto uno stimolo, quasi un dovere morale per chi è consapevole di essere stato avviato al successo grazie all’aiuto solidale di chi si riteneva in condizioni di doverlo fare. Ma anche la sua innata inclinazione, sempre manifestata, ad aiutare i giovani predisposti ad entrare nel mondo dell’arte con cultura e competenza operativa, ha certamente contribuito a fare devolvere il frutto della sua estesa attività in una solida struttura finalizzata a formare artisti ben preparati.

Sembra tuttavia che nella scelta di fondare un istituto saggiamente governato, eretto a vantaggio di futuri cittadini maturi e attivi nella società, abbia influito in Venturoli in maniera rilevante anche l’esempio offerto da Elisabetta Donati Zucchi proprio nella sua comunità di origine. E ciò risulta particolarmente evidente quando si leggono identiche affermazioni di principio in tema di formazione enunciate in diversi passaggi dei due testamenti: quello Donati Zucchi del 1810 e quello Venturoli del 1820. Riporto per esteso, a testimonianza probante, il nucleo programmatico più significativo delle volontà dettate dalla fondatrice medicinese e quello, recepito alla lettera, inserito nelle indicazioni raccomandate dall’ architetto fondatore. Testo tratto dal testamento Donati Zucchi: «Questo Stabilimento quantunque destinato al sollievo dell’indigenza […] pure non voglio che sia mai considerato come luogo pubblico, o pio ma come una privata famiglia ed onninamente laicale, non soggetta però [perciò] a visita, rendimento di conti o altro a qualsiasi Autorità Ecclesiastica o Civile, volendo che per tutti gli effetti sia considerata come fosse la privata famiglia de’Signori Amministratori, e le Zitelle come se fossero persone della loro casa ».

Dal testamento Venturoli: «Questo Stabilimento quantunque destinato al sollievo dell’indigenza […] pure non voglio che sia mai come luogo pubblico, o pio, ma come una privata famiglia, ed onninamente. Laicale, non soggetta però [perciò] a visita, rendimento di conti, o altro a qualsiasi Autorità Ecclesiastica o Civile, volendo che per tutti gli effetti sia considerata, come fosse la privata famiglia dei Signori Amministratori, e li Giovani, come se fossero persone della loro casa». Sorprende come alla base di tali nuove strutture dedicate alla gioventù, organizzate ancora formalmente con regole disciplinari di tipo collegiale classico, venga inserito questo paragrafo integralmente condiviso dai due fondatori e tanto innovativo considerati i tempi. Inoltre desta un notevole interesse la particolare circostanza che i due testamenti, benché siano stati redatti sotto regimi ben diversi per impostazione non solo politica - il primo in epoca napoleonica, il secondo nel clima del restaurato Stato Pontificio - non evidenzino nessuna sia pur minima divergenza di fondo, soprattutto riguardo all’affermata indipendenza gestionale dei progettati istituti, sia dall’autorità civile sia da quella ecclesiastica, anche se tra amministratori e personale dirigente e docente impiegato non mancavano, fin da principio, figure di sacerdoti, ed erano determinanti, nei rispettivi testamenti, l’istruzione e la pratica religiose.

Nei documenti e nel carteggio relativi alla fondazione e all’avvio dei due istituti emerge con tutta evidenza la figura del bolognese Carlo Savini: si tratta di un personaggio definito «Uomo di buona cultura, liberale e favorevole al governo napoleonico»: dai primi anni dell’Ottocento viene infatti chiamato dal governo cisalpino a diversi incarichi nell’amministrazione pubblica, dove ricoprirà in seguito il ruolo di consigliere di Prefettura. La sua equilibrata adesione alle idee liberali e repubblicane gli consentirà tuttavia di svolgere più tardi, alla caduta dell’impero napoleonico, le funzioni di commissario generale di Buon Governo del restaurato Stato pontificio. È sicuramente in considerazione di queste qualità, doti ed esperienze amministrative e di governo che Carlo Savini si guadagnerà la stima e la fiducia anche di personalità di opposto orientamento politico ma sensibili ad un aggiornato impegno nel campo sociale e culturale, con particolare attenzione ai giovani meno provvisti di possibilità economiche e di relazioni per inserirsi nella società. Al momento di decidere chi inserire nella terna dei suoi esecutori testamentari e futuri amministratori del collegio artistico, che dovranno erigere, attivare e governare - insieme al marchese Antonio Bolognini Amorini (amministratore dei beni Pepoli) e all’avvocato Luigi Salina - il testatore Angelo Venturoli non ha alcuna esitazione nello scegliere il «Signor Carlo Savini» per le sue competenze amministrative e burocratiche, oltre che per la solida stima personale, così come anni prima era avvenuto per la Donati Zucchi nel nominare gli esecutori testamentari della sua istituzione.

Per quanto riguarda il nostro apprezzato architetto è da notare, tra l’altro, che già in precedenza tra lui e il Savini, in qualità di pubblico funzionario, si erano verosimilmente stabiliti buoni rapporti professionali tanto che il Venturoli, nel 1812, aveva avuto la commissione di progettare e dirigere «...la nuova facciata del Casino di campagna del Signor Consigliere Carlo Savini» ed eseguito i disegni per le tombe della madre e della moglie dello stesso personaggio nella cappella di famiglia in Pizzo Calvo. La figura influente di Carlo Savini risulta in tal modo determinante a ricoprire rilevanti funzioni nelle istituzioni del Venturoli e della Signora Donati Zucchi nonché diventare personaggio di collegamento tra i loro dirigenti. Le competenze specifiche e i diversi indirizzi culturali appartenenti ai membri dei rispettivi organi amministrativi, insieme al comune interesse di mettersi a disposizione per promuovere gli obiettivi stabiliti dai fondatori, costituiscono per i due testatori una garanzia per approntare al meglio la complessa operazione organizzativa, burocratica, di allestimento logistico e di avvio delle attività, previa l’individuazione del personale più idoneo. È su queste basi che la storica vicenda del Collegio Venturoli ha visto formarsi un buon numero di giovani pittori, scultori, decoratori, scenografi, architetti, molti dei quali, come le recenti ed attuali mostre hanno posto in rilievo, hanno conseguito un notevole successo e sono ora oggetto di studio.

Ma ciò che attesta l’efficacia dell’impianto formativo rivolto ai giovani assistiti, oltre alla qualità degli obiettivi artistici raggiunti dagli stessi allievi, è il loro riconoscimento verso l’istituto che li ha seguiti e la generale affezione da essi manifestata nei confronti delle persone che li hanno accompagnati con autorevolezza e con non formale familiarità. Le opere qui esposte, donate negli anni al Collegio dai giovani artisti al termine del loro alunnato, ed anche nel corso della successiva carriera, ne sono una concreta testimonianza.

Luigi Samoggia

Testo tratto dal catalogo della mostra "Angelo Venturoli - Una eredità lunga 190 anni", Medicina, 19 aprile - 14 giugno 2015.

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Angelo Venturoli - Una Eredità Lunga 190 Anni
Angelo Venturoli - Una Eredità Lunga 190 Anni

Video dedicato alla mostra "Angelo Venturoli - Una Eredità Lunga 190 Anni", 19 aprile - 14 giugno 2015 | Comune di Medicina, Palazzo della Comunità, Museo Civico.

Angelo Venturoli - Una Eredità Lunga 190 Anni
Angelo Venturoli - Una Eredità Lunga 190 Anni

Video dedicato alla mostra "Angelo Venturoli - Una Eredità Lunga 190 Anni", 19 aprile - 14 giugno 2015 | Comune di Medicina, Palazzo della Comunità, Museo Civico.

Documenti
Elogio di Angelo Venturoli
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Antonio Bolognini Amorini, Elogio di Angelo Venturoli architetto bolognese, Bologna, Tipografia Nobili, 1827

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