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Piano regolatore di Bologna

1889 | 1955

Schede

Dopo l'annessione al regno d'Italia e l'avvio dei primi lavori di ampliamento delle strade si pose il problema di realizzare un piano regolatore che delineasse le direttrici di sviluppo della città, una delle quali avrebbe interessato la zona intorno all’orto Botanico. La discussione del piano avvenne in un momento di ridefinizione degli equilibri politici cittadini e la sua genesi fu lunga e complessa: dopo anni di lavori, il Consiglio comunale lo approvò nel 1886, ma solo nel 1889 il Parlamento emanò una legge apposita che ne consentiva l'adozione.

Il Prg del 4 febbraio 1889 prevedeva l’apertura di un nuovo asse stradale - le attuali via Irnerio, dei Mille e Minzoni - che, attraversando via dell’Indipendenza, congiungesse porta S. Donato a porta Lame. La strada avrebbe tagliato, formando piazza Umberto I (oggi dei Martiri), un’altra arteria prevista dal piano - l’attuale via Marconi e Amendola -, che avrebbe collegato piazza Malpighi alla ferrovia, completata solo negli anni Trenta del Novecento. Queste realizzazioni avrebbero permesso di procedere all’opera di urbanizzazione degli ex Orti Garagnani, già prevista dal vecchio progetto di Coriolano Monti per via dell’Indipendenza.

Altri interventi che furono realizzati furono l'allargamento dell'asse del Mercato di Mezzo (poi vie Rizzoli e Bassi) e Piazza Minghetti. Il Piano prevedeva anche lo sviluppo di nuovi quartieri esterni alle mura sui lati est, nord e ovest. Di questo progetto vennero realizzati solo lotti parziali nei rioni Bolognina e Costa-Saragozza. Il piano prevedeva una crescita media di 1.200 abitanti all'anno. 

Dal 1803 l’Alma mater si era trasferita dalla sede storica dell’Archiginnasio a Palazzo Poggi, già sede dell’Istituto delle scienze. Nella seconda metà degli anni Ottanta il rettore Giovanni Capellini, consapevole della necessità per l’Ateneo di dotarsi di aule, laboratori e biblioteche, intravide la possibilità di una serie di ampliamenti. Nel 1888 Capellini elaborò il Piano regolatore degli stabilimenti scientifici universitari, su progetto dell’ingegnere Giovanni Barbiani. Nel 1890 lo studio per la sistemazione edilizia dell’Università fu aggiornato dall’ingegnere Flavio Bastiani e via Zamboni fu preconizzata “strada della cultura”. Infine, nel 1903 furono costruiti il nuovo Istituto di anatomia e fisica, in via Irnerio, con terrecotte di Rubbiani, e l’Istituto di mineralogia e petrografia a porta San Donato. 

Oltre alla creazione di una rete di grandi strade per migliorare la viabilità del centro e dei collegamenti ai futuri quartieri borghesi esterni come via Dante, il Prg prevedeva il rafforzamento dell’anello viario posto attorno al nucleo urbano e, parallelo a quello, un viale di circonvallazione esterno delimitante la zona di ampliamento, posto sulla vecchia linea dei forti, ad eccezione della sezione pedecollinare verso la quale non si contemplava l’espansione. Nel Prg l'abbattimento effettivo delle mura e delle porte della città venne rinviato a data da destinarsi. Ma all’inizio del Novecento i tempi furono maturi per attuare il provvedimento. Questo veniva invocato da più parti come passo necessario sulla strada della modernizzazione. Inoltre nel 1901 fu allargata la cinta daziaria, prima delimitata dalle mura, venendo così a cadere definitivamente l'unica funzione pratica che esse svolgevano ancora.

Nel piano, il potere pubblico limitava la sua sfera di competenze alla rete viaria, non poneva vincoli di destinazione alle aree e prevedeva pochissime zone destinate al “verde”. Questa “casualità” dello sviluppo urbano ebbe sul lungo periodo una serie di conseguenze negative per la città: l’espansione si concentrò sul territorio più infelice dal punto di vista climatico; la ferrovia era priva di spazi per un futuro ampliamento; l’area collinare restò priva di vincoli precisi; infine, lo sviluppo della struttura radiocentrica avrebbe comportato uno stravolgimento qualitativo, congestionando la rete viaria. Inoltre, nel piano per molti interventi si rimandava al prossimo futuro, solo quelli più urgenti erano dettagliati, ma la loro applicazione fu lenta: non tutti i provvedimenti previsti furono effettuati, realizzando soprattutto le opere dalle quali si poteva trarre il massimo profitto, e intere aree furono lasciate all'iniziativa privata. Il viale di circonvallazione esterna fu costruito solo per brevi tratti scollegati - tanto più che lo sviluppo della ferrovia aveva completamente occupato la zona fra le vie Emilia e Lame (oggi Zanardi) -, mentre i nuclei abitati si svilupparono lungo le direttrici principali che portavano in città, separati da ampie zone libere. Inoltre, l'amministrazione trascurò di approntare finanziamenti adeguati, pregiudicandone così l'organicità, e il giudizio degli urbanisti sui risultati è spesso severo.

Avvallato durante il fascismo nel 1929, il Piano dell'89 rimarrà in vigore, nei suoi principi ispiratori, fino al 1955.