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Panorama di Bologna

1809-1810

Schede

Si ha ragione di credere che il grande disegno sia stato realizzato da Gaetano Tambroni tra il 1809 e il 1810. Tale datazione si può desumere dal fatto che tra i dettagli particolareggiati compaiono, seppur minuscole, le due Piangenti (popolarmente dette “Piagnoni”), ossia le grandi statue poste all’ingresso monumentale del Cimitero Comunale della Certosa, realizzate da Giovanni Putti nel 1809 e che la presenza del panorama sia stata poi documentata l’anno successivo all’Esposizione di Belle Arti di Parigi.
Bologna è raffigurata da un punto di vista non consueto per l’epoca, ovvero dal colle dell’Osservanza, dove cioè la tradizione vuole che nel 1805 – durante una sua visita in città – sostasse Napoleone Bonaparte insieme ad Antonio Aldini, allora ministro del Regno Italico. Da quella imperiale ammirazione ebbe origine la costruzione della villa, realizzata su progetto di Giuseppe Nadi, che ancora oggi domina dalla collina. E chissà che Tambroni stesso non abbia disegnato questo panorama su commissione, proprio per offrire testimonianza di Bologna ai parigini.
Dopo quasi tre secoli di governo pontificio, Bologna viveva infatti una tumultuosa stagione storica. Il 19 giugno 1796 i Francesi avevano preso possesso della città, che alcuni anni dopo (1802), con la proclamazione della Repubblica Italiana fu posta a capo del Dipartimento del Reno. Successivamente, con la trasformazione delle conquiste napoleoniche in impero e con il varo del Regno d’Italia, nel 1805, i pochi spazi di autonomia rimasero circoscritti alla presenza nell’amministrazione di alcuni esponenti della borghesia progressista, ma più che altro con la funzione di avallo locale al disegno dispotico del Bonaparte. Il 21 giugno di quello stesso anno, l’imperatore, come ricordato più sopra, compì una trionfale visita a Bologna confermata, nel frattempo, capitale del Dipartimento del Reno. Il destino della città seguì poi quello di Napoleone fino alla Restaurazione, che la riportò nelle Legazioni dello Stato della Chiesa.
Nel frattempo, nonostante il succedersi di eventi diplomatici e bellici e di continue vicissitudini, la vivacità degli ambienti culturali, artistici e scientifici trovò nuovi stimoli: vennero fondati l’Accademia di Belle Arti e il Liceo Musicale; furono costruiti il Teatro del Corso e l’Arena del Sole; si compirono numerose opere pubbliche quali la sistemazione idrografica del basso Reno, l’inizio dei lavori per la via transappenninica denominata poi Porrettana e la riqualificazione del parco della Montagnola.

Nel 1801, anticipando il napoleonico editto di Saint-Cloud (1804) che avrebbe proscritto la sepoltura nelle chiese e dentro la città con l’ingiunzione di porla in essere fuori le mura, il trecentesco convento certosino di San Girolamo venne convertito a deposito mortuario comunale. Tale evento ebbe sicuramente una notevole portata nella vita economica bolognese: occorreva certamente disporre di una ragguardevole quantità di mano d’opera d’ogni tipo, tesa a soddisfare richieste di committenti, quasi in gara tra loro per erigere ed abbellire la loro ultima dimora. E quanti furono gli artisti coinvolti, sulla cui ispirazione aleggiava il foscoliano carme dei “Sepolcri”? Che dire poi, del progetto (realizzato nel 1811 su disegno di Ercole Gasperini) del portico che dal Meloncello corre sino al Cimitero? Un vero e proprio abbraccio ideale tra la Vergine di San Luca e i defunti.
I cosiddetti “abbellimenti” si estesero, ovviamente, anche al resto della città, dove la decorazione illusionistica tornò nella più sobria progettazione per pareti e soffitti che la nuova borghesia (che iniziava a sostituirsi alla classe nobile delle famiglie senatorie) andava commissionando per abbellire case che si chiameranno sì abitazioni, ma che non dovranno rinunciare al rispetto – appunto – della tradizione del “decoro”. Tra i più famosi artisti chiamati a questo compito compaiono: Flaminio Minozzi, Giuseppe Jarmorini e Antonio Basoli. In ispecie quest’ultimo
documentò luoghi nobili e angoli degradati di Bologna come fossero scene teatrali e descrisse la vita e l’economia della città fissando strade e portici, botteghe e fabbriche, ambienti della realtà quotidiana vissuta dal popolo: una importantissima testimonianza ricca di annotazioni sociali. Ben si inserisce tra questi nomi lo stesso Gaetano Tambroni, fratello della più nota grecista Clotilde, pittore paesista e professore dell’Accademia di Belle Arti che divenne poi, dal 1808 al 1822, il primo Conservatore della Pinacoteca di Bologna.
Questo grande panorama, che con la sua pretesa di vastità rilancia un tema già innovato da Pio Panfili e ancor prima di lui da Annibale Carracci, verrà replicato dall’autore in un olio su tela di minori dimensioni e con alcune varianti, ugualmente di proprietà delle Collezioni d’Arte e di Storia della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna.

Daniela Schiavina

Testo tratto da: Buscaroli B., Martorelli R. (a cura di), Luce sulle tenebre: tesori preziosi e nascosti della Certosa di Bologna, catalogo della mostra, Bologna, Bononia University Press, 2010