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Bologna nel Lungo Ottocento

1796 | 1915

Di rilevanza storica

Schede

L’alba del XIX secolo vede la città di Bologna, come il resto d’Europa, alle prese con le grandi trasformazioni sociali, politiche ed economiche che la travolgente impresa napoleonica porta con sé, destinate a rinnovare profondamente il clima culturale spazzando via gli antichi assetti istituzionali ed inserendo la città all’interno di uno Stato moderno e centralizzato. Neppure la Restaurazione pontificia, con il suo pesante fardello di limitazioni, riesce a sopire le vivide speranze di rinnovamento che le idee riformatrici di Francia hanno suscitato negli animi dei bolognesi, desiderosi di uscire dall’immobilismo economico e politico al quale le restrizioni governative, obsolete in un paese in via di modernizzazione, li costringono. Movimenti come la Carboneria e altre organizzazioni politiche minori, aspiranti all’unificazione e all’indipendenza d’Italia o quantomeno orientati verso una politica di progressiva laicizzazione, raccolgono il malcontento sotterraneo alla base dei moti del 1831; il Governo Provvisorio delle Provincie Unite, istituito a Bologna nello stesso anno e affiancato dalla risorta Guardia Nazionale, costituisce in effetti la prima forma di Stato laico creata liberamente in Italia.

Negli anni Trenta Bologna esce decisamente sconfitta dal confronto con le realtà industriali del Nord Italia: fallite le istanze rivoluzionarie, stretta tra la grave stasi economica e la dura occupazione militare austriaca, la città registra per di più un generale impoverimento della vita culturale in seguito al declino del prestigio dell’Università, rigidamente sottoposta all’assidua sorveglianza ecclesiastica. Né migliorate appaiono le condizioni dopo gli anni incandescenti del 1848-1849 e la battaglia dell’8 agosto, quando alla stretta repressiva del governo pontificio si somma il ritorno delle truppe austriache, ambedue costretti definitivamente alla ritirata solo il 12 giugno 1859.

All’indomani dell’annessione al Regno sabaudo, sancita dal plebiscito del marzo 1860, Bologna assiste alla graduale stabilizzazione dell’assetto politico conservatore, promosso dal ceto liberal-moderato che fa capo a Marco Minghetti, e sconta l’esclusione economica dal fiorente mercato del Nord sostenuta da decenni di misure restrittive. Il quadro economico del periodo postunitario subisce un mutamento decisivo grazie alla visibilità offerta dall’Esposizione Emiliana del 1888 – evento contemporaneo alla celebrazione dell’VIII Centenario dell’Università – che testimonia i sensibili progressi tecnico-produttivi realizzati dalle industrie locali nel ramo alimentare e meccanico. Nel corso degli anni, intanto, la città si è dotata delle infrastrutture che vanno diffondendosi sul territorio nazionale e di un piano regolatore (1889) adeguato alle nuove esigenze. In stretto rapporto con il processo di industrializzazione appena avviato sono i primi conflitti di classe e la diffusione di nuovi movimenti e partiti politici: il primato politico conquistato in tutta la regione dal Partito Socialista Italiano, costituito nel 1895, porterà a Palazzo d’Accursio Francesco Zanardi, che assolverà la funzione di sindaco della città nei difficili anni della Grande Guerra.

Mara Casale