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Monumento Bertocchi

1863

Schede

La salma dell’ingegnere Innocenzo Bertocchi, morto nella sera del 20 maggio 1855, dopo due giorni giunge al cimitero, proveniente dalla sua abitazione di via Poggiale 717. Il trasporto avviene con cassa e sepolto nel campo comune alla lettera “C” riservata agli uomini, fossa n. 1452. Il 24 maggio viene esumato e tumulato in luogo separato definito 'interinale', e successivamente, il 22 aprile 1862, traslato nella tomba attuale, al n. 855 della Sala del Colombario.

La Regia Accademia delle Belle Arti, il 20 maggio 1862, nella lettera inviata al Sindaco, avente come oggetto il “Voto d’arte” così si esprime: Fatto esaminare da un’apposita commissione accademica il disegno del monumento sepolcrale …lo ha essa trovato plausibile tanto per la semplicità della linea architettonica quanto pel concetto del bassorilievo. Con lettera del 14 dicembre 1863, lo scultore Federico Monti si rivolge all’assessore comunale Montanari Bianchini, comunicando di aver terminato il marmo voluto dal Collegio Bertocchi, richiedendo, come di consueto, la visita dell’Ingegnere Comunale per valutarlo nel suo studio in via S. Donato, dentro il Palazzo Paleotti. Antonio Zannoni, visto il bassorilievo, lo approva e si dichiara 'sicuro del plauso del pubblico'. Primo marmo eseguito dallo scultore per il Cimitero, scolpisce in bassorilievo un Genio colto nell'atto di scrivere su di un fusto di colonna la frase 'riconoscenza perpetua'. Posto sulla colonna è il ritratto del defunto, mentre ai piedi del Genio sono sparsi oggetti simboleggianti le virtù e le qualità intellettuali di Bertocchi. Federico Monti rientra nell’ampio elenco di artisti ancora da rivalutare e studiare, tanto che fino ad oggi sono note solo pochissime opere, di cui tre per la Certosa. Si deve ora alla ricerca di Luigi Samoggia l’attribuzione di sette sculture per la chiesa di Palata Pepoli, nel comune di Crevalcore, che aggiungono una significativa testimonianza del suo percorso artistico.

Il corpo di un defunto, prima di trovare la sua “eterna dimora” segue un percorso ben preciso. Nell’Ottocento si prevede una suddivisione nei campi comuni ove collocare i cittadini deceduti 24-30 ore prima, sia per il loro riposo eterno, sia per quello temporaneo. Se eterno, rimangono sepolti nel campo per circa dieci anni fino alla “rotazione” e successivamente deposti in ossario comune. Se temporaneo si viene esumati e traslati in tombe perpetue di proprietà delle famiglie. I campi comuni, classificati per lettera, vanno dalla “A” alla “Z”. I principali sono riservati a fanciulli, fanciulle, donne, uomini, sacerdoti, carcerati, deceduti in ospedale, religiose, militari, zitelle, impiegati pubblici, di religioni diverse dalla cattolica, israeliti, protestanti, greci non uniti. Le prime salme che entrano nel nostro cimitero si datano al 14 aprile 1801, e sono quelle di due infanti, Giuseppe Venturoli di giorni 3 e Carlotta Marzocchi di giorni 23. Attraverso i permessi di seppellimento dei corpi possiamo trarre utili informazioni sulla popolazione dei residenti all’interno delle mura cittadine tra cui l’età, la paternità e maternità, la professione. Per le persone abitanti fuori delle mura, la sepoltura avviene presso le parrocchie di residenza. Vi sono previste comunque eccezioni per quelle persone che, pur morendo a Bologna, hanno una propria tomba in altro luogo o che, morendo fuori del comune, hanno una loro tomba in Certosa, o ancora che risultano residenti nel comune di Bologna.

William Baietti

Testo tratto dal catalogo della mostra "Luce sulle tenebre - Tesori preziosi e nascosti dalla Certosa di Bologna", Bologna, 29 maggio - 11 luglio 2010.