Modelli per i ritratti di Ginevra Sforza e Giovanni II Bentivoglio

Modelli per i ritratti di Ginevra Sforza e Giovanni II Bentivoglio

1898 -99 ca.

Scheda

I busti di Giovanni II Bentivoglio e Ginevra Sforza conservati presso il Collegio Venturoli di Bologna e restaurati per questa occasione, sono da mettere in relazione con le due statue, a grandezza naturale, in terracotta dipinta, eseguite per la cappella del castello di Bentivoglio nell’ambito dei restauri condotti da Alfonso Rubbiani, tra il 1889 e gli ultimi anni del secolo. L’intervento fu eseguito per conto di Carlo Alberto Pizzardi, ultimo discendente della famiglia che aveva acquistato il castello e le sue dipendenze nel 1817. Fedele alla propria poetica, nutrita equanimemente di rigore scientifico e di virtuosistica ricostruzione del perduto, Rubbiani interviene sulla dimora che fu dei Bentivoglio con l’intenzione di ripristinare l’edificio nelle sue forme originarie. Sulla scia di queste operazioni viene commissionata a Giuseppe Romagnoli - che già aveva collaborato con il restauratore nell’ambito dei lavori di ripristino della chiesa di San Francesco a Bologna - la realizzazione della coppia di sculture, modellate sulla base dei ritratti dipinti da Lorenzo Costa nella Pala Bentivoglio (1488). Le statue sono concepite per essere poste ai lati dell’altare, fronteggiandosi come nella composizione della pala. Due cartigli, per l’iscrizione che sarà riportata sul fronte dell’altare della cappella del castello, si conservano nell’archivio della Fabbriceria presso la biblioteca del convento francescano bolognese, su di essi si legge “L’antica ancona di […] supplicanti essendo perduta[…]” e “[…] Petronio Apollonia astanti Giovanni II Bentivoglio e Ginevra Sforza […] dalla pittura di Fr. Francia nella Capp. Bent. in S. Giac. p. Cap. Pizzardi. L’An. 1899”. Il testo contribuisce a indicare una datazione precisa per il termine dell’intervento e anche, ovviamente, per la realizzazione delle sculture. I due gessi del Collegio non sono la copia fedele delle statue in terracotta policroma, sembrano piuttosto studi preparatori per la definizione minuziosa della parte più elaborata della composizione. Si tratta infatti dei soli busti dei due ritrattati eseguiti a gesso pieno. Non è stato purtroppo possibile rintracciare, nelle carte dell’archivio, documenti che riguardassero le sculture dei due Bentivoglio. Probabilmente lasciati dallo scultore in segno di riconoscenza diversi anni dopo l’uscita dal collegio, i busti devono in ogni caso aver avuto lo scopo di servire come esempio per i suoi più giovani colleghi. Nel candore del gesso spiccano con maggior evidenza i dettagli decorativi delle vesti e la minuziosa modellazione dei volti, delle acconciature e delle mani.

Il “ritratto” scultoreo di Ginevra mette in risalto la grazia composta di una dama matura ma ancora bella: ricordiamo che all’epoca del ritratto di Lorenzo Costa Ginevra aveva quarantotto anni e aveva contribuito in maniera sostanziale alla discendenza della famiglia Bentivoglio. Si coglie nella composta eleganza del gesto delle mani una fierezza gentile. Del resto, Giuseppe Romagnoli doveva essere stato guidato nell’esecuzione dalle indicazioni di Alfonso Rubbiani il quale, nel testo pubblicato a cura della Regia Deputazione di Storia Patria per le Romagne, ci descrive Ginevra in questi termini “figlia di Alessandro Sforza, la famosa Ginevra che, giovanissima, quasi bambina, bella e bionda, aveva destato in Bologna allegrezza universale. In realtà codesta donna che dal 1454 al 1507, vive e primeggia a Bologna, lodata dai poeti e dagli umanisti, fiera e gelosa nel suo amore al casato Bentivolesco, di cera gentile e attraente, virile ed altera nei propositi politici, cara agli amici e crudele coi nemici, infaticabile nell’ispirare energie, simulazioni, valore, tutto attorno a sè nella famiglia, nella clientela, nel popolo per respingere i continui tentativi dei Papi alla diretta Signoria di Bologna e assicurare il primato dei Bentivoglio nello stato libero della città col favore di un Senato di amici e col braccio delle Arti popolane più manesche e pronte al sangue”. Questi attributi, resi mirabilmente nel ritratto del Costa, si rinnovano nell’opera di Romagnoli. La trasposizione plastica da risalto ai dettagli decorativi delle vesti che appaiono enfatizzati e assumono un ruolo determinante nella percezione dell’insieme. La ricchezza dell’abito con copribraccia di Ginevra è studiata minuziosamente nel suo motivo floreale che ricorda gli erbari antichi e pare suggerire una fattura in velluto operato. Questa insistenza sul dettaglio decorativo corrisponde alla sensibilità di fine Ottocento e all’attenzione per la rinascita dell’artigianato, patrocinata a Bologna da Alfonso Rubbiani e dai suoi collaboratori che, in questi anni, si erano gia formalmente costituiti in societa cooperativa prendendo il nome di Aemilia Ars. Esemplare di questa attenzione al dettaglio e di una attualizzazione delle forme legate ai gusti di fine Ottocento e il copricapo della dama; più corto e aderente alla nuca nel ritratto quattrocentesco, nella trasposizione plastica esso allunga i suoi lembi ad incorniciare il collo, appoggiandosi poi mollemente sul petto. Questo dettaglio, solo apparentemente secondario, sottolinea l’andamento curvilineo dell’insieme ingentilendolo e dando più slancio al busto.

Anche l’abito di Giovanni II differisce nella sua versione plastica per un più alto coefficiente decorativo che, di contro, contribuisce a dare solidità alla figura. La posizione del capo, con il mento appena sollevato, e delle mani giunte esprimono fermezza e decisione, specie nel dialogo con la controparte femminile. Armato cavaliere in giovane età, Giovanni II eredita la posizione di primo cittadino (e la sposa) alla morte dello zio Sante Bentivoglio e, benché Bologna fosse retta da un senato gentilizio, esercita sulla città il potere in modo assolutistico come se ne fosse il Signore. Appassionato d’arte, si circonda di artisti e di intellettuali dando vita ad una corte singolarmente ricercata ed avanzata, affermandosi di fatto come uno dei maggiori principi rinascimentali. Ancora una volta puo essere utile riportare la descrizione di Giovanni II lasciataci da Alfonso Rubbiani, colui che più di ogni altro ha determinato, dal punto di vista ideologico, la formazione di Giuseppe Romagnoli, almeno nel suo periodo giovanile “Ma qualunque siano i meriti e i torti della Rinascenza, i suoi anni migliori in Bologna furono quelli del primato Bentivolesco governando la Repubblica Giovanni II […] si può dire che Giovanni II trovo una città medievale e la lasciò in pieno aspetto di Rinascenza; tanto egli costruì per se, tanto promosse di edifizi pubblici nel nuovo stile, tanto il suo esempio mosse i signori di sua parte a rimodernare le loro case. La viabilità, il regime di scolo, le piazze quasi tutte e la fisionomia artistica che Bologna ha, datano dalla riforma edilizia dovuta al governo di messer Giovanni”. Una tale descrizione, riportata del testo di Rubbiani precedentemente citato, ci restituisce l’immagine di un principe illuminato e saggio, forse eccessivamente idealizzata. Questa visione si riverbera nell’espressione calma ma determinata che Romagnoli conferisce al modellato del viso di Giovanni II, il cui sguardo sulla città sembra travalicare l’umano orizzonte del tempo.

Lo scultore interpreta magistralmente gli insegnamenti di Alfonso Rubbiani improntati al recupero e all’attualizzazione di quell’eleganza formale, non priva di compiacimento tecnico e di raffinatezze decorative, che spesso conferisce agli ambienti (e agli oggetti) Aemilia Ars il fascino immersivo e sinestetico di una rêverie in stile bentivolesco. I gessi, così come le terrecotte, costituiscono dal punto di vista compositivo una curiosa mistura tra realtà e immaginazione. La componente “realista” è legata alla fedeltà con la quale Romagnoli traspone meticolosamente il ritratto dei due Bentivoglio, eseguito da Lorenzo Costa nell’estate del 1488. La “razione” immaginifica invece sembra restare confinata all’elaborazione degli apparati vestimentari e d’ornamento, i cui caratteri sono aggiornati al gusto e agli orientamenti esornativi di fine Ottocento. Il risultato ultimo e improntato ad un gusto romantico ma anche realista, connubio perfetto per rendere con ritmo misurato e sobrietà espressiva il ritratto della nobile coppia.

Elisa Baldini

Testo tratto dal catalogo della mostra "Angelo Venturoli - Una eredità lunga 190 anni", Medicina 19 aprile - 14 giugno 2015.

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Angelo Venturoli - Una Eredità Lunga 190 Anni
Angelo Venturoli - Una Eredità Lunga 190 Anni

Video dedicato alla mostra "Angelo Venturoli - Una Eredità Lunga 190 Anni", 19 aprile - 14 giugno 2015 | Comune di Medicina, Palazzo della Comunità, Museo Civico.

Angelo Venturoli - Una Eredità Lunga 190 Anni
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Video dedicato alla mostra "Angelo Venturoli - Una Eredità Lunga 190 Anni", 19 aprile - 14 giugno 2015 | Comune di Medicina, Palazzo della Comunità, Museo Civico.

Documenti
Esplorando l’archivio del Collegio Venturoli
Tipo: PDF Dimensione: 178.80 Kb

Di Francesca Serra. Testo tratto dal catalogo della mostra "Angelo Venturoli - Una eredità lunga 190 anni" Medicina, 19 aprile - 14 giugno 2015. Copyright © Fondazione Collegio Artistico Venturoli.

Donne all’ombra delle Due Torri
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Tante donne hanno intrecciato la propria vita alla storia della città. Le loro vicende sono tutte legate da un filo conduttore: la passione. Passione per l’arte, per il sapere, per la fama, per un uomo, per la giustizia o la libertà.

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