Salta al contenuto principale Skip to footer content

Alessandro Massarenti

1846 - 1923

Scheda

Alessandro Massarenti (Minerbio, 1846 - Ravenna, 1923), tra 1863 e 1867 si distingue più volte presso l'Accademia delle Belle Arti di Bologna, anche con l'assegnazione del piccolo premio Curlandese per la scultura, dimostrandosi in breve uno degli studenti più promettenti dell'istituto. Le opere più note del suo percorso scolastico, che gli consentono di vincere premi e il pensionato artistico sotto la guida di Salvino Salvini e Massimiliano Putti, sono il bassorilievo con l'Incontro tra Dante e Virgilio (1864) e, nel 1866, Il Primo sonno dell'uomo. La qualità del Primo sonno è tale che, nel 1872, viene acquistato dall'Accademia.
La deliziosa scultura intitolata La fanciullezza di Raffaello, gli consente nel 1876 di distinguersi nuovamente presso l'Accademia bolognese. Il tema viene affrontato dal nostro scultore traendo ispirazione da due identici soggetti eseguiti pochi anni prima da Federico Monti e Salvino Salvini. Il risultato mostra uno scultore trentenne, già maturo e capace. L'opera è oggi conservata nel museo della Casa di Raffaello a Urbino. Un tramite per l'arrivo nelle Marche dell'opera potrebbe essere Pompeo Gherardi, presidente dell'Accademia di Urbino, che nel 1871 viene nominato, insieme al Massarenti, socio d'onore dell'Accademia bolognese.
Presso la Società promotrice di Bologna espone due gessi: nel 1865 Il Trovatore e nel 1879 Abbandonata. A Napoli viene ben giudicato un suo gesso rappresentante Michelangelo e, nel 1880, porta a Torino una scultura dal titolo A Ravenna. A partire dal 1880 viene più volte esposta l'opera Vi ricordate?, che riscuote un vasto interesse oltre la propria città, tanto che sono note  alcune copie non autografe. La popolarità del soggetto deriva dalla forte caratterizzazione e dal tono anedottico, che non può lasciare insensibili la borghesia dell'Italia unificata. Il gruppo scultoreo presenta similitudini, e affinità, con opere di uguale soggetto eseguiti a queste date dal più giovane Tullo Golfarelli. Questo genere di opere del Massarenti raccontano piccole storie di vita, slanci e dubbi sentimentali, spesso enfatizzati dalla punteggiatura: Quando non c'è la gatta i topi ballano, Babbo ho fame!, Povera Piccina!, Tu solo mi ami!, Nessuno mi ama! E' tardi e ancor non torna!, Tornerà?, Lasciarmi per la Guerra!
Nel 1881 è a Milano con tre piccole statue, Fior dei Campi, Presso una caserma e Quando non c'è la gatta, i topi ballano. In occasione dell'Esposizione Emiliana del 1888 espone i modelli di due monumenti funebri, uno dedicato ad Angelo Minghetti, fondatore dell'omonima azienda ceramica bolognese, e l'altro per la famiglia Carapia da collocare nel cimitero di Ravenna. Opera quest'ultima giudicata negativamente, tanto che l'estensore nell'articolo apparso sul giornale della manifestazione scrive tacerò della bizzarra collocazione e tacerò pure dell'angelo che sormonta il monumento.
Il Cippo Cornacchia nella Certosa bolognese, realizzato verso il 1890, racconta una delle storie più drammatiche tra quelle documentate nel vasto catalogo di epigrafi e sculture del cimitero. Sul lato verso il portico l'iscrizione recita: Qui giacciono Mario Cornacchia, poeta sorgente, nobile d'animo e d'ingegno, rapito a 20 anni all'arte all'amore. Silvia Ripa e Fortunato Cornacchia, coniugi, i quali non potendo sopravvivere all'adorato figliuolo, vollero insieme seguirlo nel sepolcro. Quante speranze quanto dolore quanta pietà, questo avello racchiude. Sull'obelisco, in primo piano, è collocato il ritratto del figlio, mentre ai lati sono riprodotti, con crudo realismo, le fisionomie dei genitori dopo l'atto suicida. Su tutto si impone, come mesto guardiano e testimone, un bellissimo angelo che regge un cartiglio con la scritta Ars et Amor.
A Milano nel 1891 è nuovamente presente con un piccolo marmo, Povera piccina!, insieme a Pax e La mia gioia. Sei anni dopo per la stessa manifestazione è presente con un grande gesso dal titolo Ed essi delle loro spade ne faranno zappe ed una nazione. Durante tutto il suo percorso artistico insieme al virtuosismo nella lavorazione del marmo è presente una costante ricerca di coraggiosi effetti pittorici e prospettici, non sempre però risolti in maniera brillante, ma che comunque lo rendono una delle figure più sperimentali nell'ambito della scultura emiliano romagnola dell'epoca.
Significativa la sua produzione di opere funerarie collocate a Bologna, ma ancora più numerose quelle nel cimitero ravennate, che conta di almeno venti marmi eseguiti tra 1888 e 1919, alcuni dei quali composti da gruppi in marmo di dimensioni colossali, che danno il volto monumentale al complesso. La presenza nella città romagnola si deve alla cattedra di insegnamento ricevuta presso l'Accademia di Belle Arti locale, che presiede per decenni.

Roberto Martorelli

Dicembre 2012

Testo tratto da: R. Martorelli, Cento anni di scultura bolognese. L’album fotografico Belluzzi e le sculture del Museo civico del Risorgimento, numero monografico de “Bollettino del Museo del Risorgimento”, LIII, 2008