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Adelfo Maccaferri detto/a Brunello

17 marzo 1918 - 29 marzo 1945

Scheda

Adelfo Maccaferri, «Brunello», da Aristide e Pia Muzzi; nato il 17 marzo 1918 a San Giovanni in Persiceto; ivi residente nel 1943. Licenza elementare. Muratore.
Prestò servizio militare in artiglieria a Gorizia dall'8 gennaio 1941 all’8 settembre 1943.

Sin dall'inizio della lotta di liberazione fu uno dei primi a organizzare, nella zona di Amola (San Giovanni in Persiceto), nuclei armati e a svolgere attività di guerriglia. Poteva agire e muoversi liberamente perché, lavorando per la Todt, aveva un permesso regolare. Nell'aprile 1944, quando fu scoperto, riuscì fortunosamente a evitare l'arresto. Dovette spostarsi nella zona di Tivoli e Castagnolo (San Giovanni in Persiceto) ed entrare nella clandestinità. Militò nella 63a brigata Bolero Garibaldi e nel novembre divenne comandante del battaglione Sergio, ribattezzato in Marzocchi, dopo la morte di Antonio Marzocchi. Braccato dai nazifascisti in tutto il Comune — l'11 agosto 1944 , per indurlo a costituirsi, erano stati arrestati alcuni familiari, — riuscì sempre a sfuggire alla cattura.
Divenuto vice comandante della brigata nel dicembre, sfuggì ancora alla cattura, durante il grande rastrellamento compiuto dai tedeschi ad Amola, nel corso del quale furono arrestate centinaia di persone. Si spostò nella zona di Calderara di Reno e divenne vice comandante della 3a brigata Nino Nannetti, una formazione assorbita dalla 63a brigata.
Sfuggito a un arresto ai primi del marzo 1945, mentre si trovava a Pieve di Cento con Renato Cappelli, finito, invece, nelle mani dei fascisti, fu catturato il 15 marzo 1945 a Castel Campeggi (Calderara di Reno).
Dopo avere attaccato e distrutto un deposito tedesco, con altri partigiani, non si allontanò dalla zona e passò la notte in una casa colonica.

Mentre dormiva, i tedeschi organizzarono un vasto rastrellamento e lo catturarono con Raffaele Vecchietti e altri partigiani. Venne torturato, unitamente ai suoi compagni, uno dei quali, Luciano Serra, fu ucciso a colpi di pistola perché si era ribellato alle sevizie e aveva preso a pugni un fascista. Fu quindi trasferito a San Giovanni in Persiceto. I partigiani nel tentativo di liberarlo, fecero saltare con la dinamite un'ala della caserma. Ma il colpo non riuscì. Venne portato nelle carceri di San Giovanni in Monte (BO) e in seguito non si sono più avute notizie sulla sua sorte.
Secondo una versione venne ucciso in un tentativo di evasione; secondo altra versione fu ucciso e inumato in una fossa comune a San Ruffìllo il 29 marzo 1945.
Gli è stata conferita la medaglia d'argento al valor militare. Riconosciuto partigiano, con il grado di vice comandante di brigata, dall'1 novembre 1943 alla Liberazione. [O]

E' ricordato nel Sacrario di Piazza Nettuno.