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Lapide dei Vettii

lapide Età augustea, fine del I sec. a.C. - inizi del I sec. d.C.

Schede

Provenienza: Calderara di Reno (Bo), località Fabbreria, presso l’antica chiesa di San Vitale


TRASCRIZIONE

Sal(vius) Vettius Sal(vi) f(ilius) Lem(onia)

pater

Praestantia Quarta mater

anucla

L(ucius) Vettius Sal(vi) f(ilius) Primus

Sal(vius) Vettius Sal(vi) f(ilius) Secundus

T(itus) Vettius Sal(vi) f(ilius) Tertius

Filiei patri fecerunt id quod

is rogaverat

TRADUZIONE

Salvio Vettio, figlio di Salvio, (della tribù) Lemonia, padre; Prestanzia Quarta, madre, (la) vecchietta; Lucio Vettio Primo, figlio di Salvio; Salvio Vettio Secondo, figlio di Salvio; Tito Vettio Terzo, figlio di Salvio. I figli fecero per il padre ciò che egli aveva richiesto.

Il testo dell'iscrizione reca la dedica della lapide da parte di tre fratelli al padre, secondo quanto questi aveva chiesto, forse nel testamento o come ultima volontà, e alla madre. Il testo è particolarmente interessante per la storia del costume onomastico romano: il padre non porta ancora il cognomen, mentre la madre e i tre figli hanno cognomina tratti dai numeri ordinali, come se la loro scelta dipendesse solo dall’obbligo di legge di registrarli all’anagrafe. Siamo quindi in un momento in cui il nome personale sta perdendo importanza, per essere sostituito dal cognomen, il quale però non ha ancora assunto la valenza e la carica semantica, evocativa o fisionomica della persona, che assumerà poco più tardi.

Curiosità: accanto al nome della madre è appena abbozzata sulla pietra la parola anucla, cioè “vecchietta”. Si tratta di un appellativo affettuoso, forse un soprannome usato dai figli o dal vicinato per questa donna, aggiunto in maniera quasi furtiva, e perciò non finito, ad un testo che per composizione e lessico ha tutti i caratteri dell’ufficialità amministrativa. Solo più tardi, nella piena età imperiale, si farà spazio ai sentimenti nelle iscrizioni funerarie.

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Descrizione tecnica

Calcare: 59x77,5 cm. Inv. 19121