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Il XII giugno 1859

12 giugno 1859

Schede

La Seconda Guerra di Indipendenza, scoppiata il 27 aprile 1859, portò al crollo lo Stato Pontificio. Con la battaglia di Magenta persa dagli austriaci contro i franco-piemontesi il 4 giugno 1859 i contingenti di truppe austriache che presidiavano le principali città dello Stato garantendone l'esistenza vennero richiamati oltre il Po a supportare l'esercito imperiale in grave difficoltà. Vennero così rapidamente abbandonati i ducati (Piacenza, Parma, Reggio) e le piazze di Bologna (12 giugno), Imola e Ravenna (13 giugno), Argenta (14 giugno), Forlì (17 giugno), Cesena e Ancona (19 giugno), Ferrara e Rimini (22 giugno). Così Enrico Bottrigari nella sua Cronaca di Bologna (Zanichelli, 1960) racconta gli eventi bolognesi del 12 giugno:

“Suonavano all’orologio del pubblico Palazzo le ore 2 antimeridiane quando il Presidio Austriaco che occupava la gran parte della Piazza, postosi sotto le armi al comando del proprio Uffiziale, senza il solito appello, e senza la debita consegna, l’Ufficiale stesso si limitava a dire agli astanti che trovavansi sulla porta del Palazzo ch’egli se ne partiva... Persuaso e confidente, il popolo aspettò con pazienza la nuova consegna. Di fatti al suono delle ore 3 antimeridiane difilava dalla porta del palazzo del Podestà la guardia municipale, unita ai Pompieri, e schierandosi di prospetto alla barriera, a tamburo battente, riceveva dai gendarmi la consegna della Piazza fra gli applausi e gli evviva del molto popolo accorso. Silenziose, anzi mute, avevano già lasciata Bologna le truppe Imperiali, comprese com’erano da un certo timore, dirigendosi per la via Emilia alla volta di Modena. Nella fretta della partenza, e per essere più solleciti alla corsa, abbandonarono per via alcune suppellettili, delle pagnotte, ed alcuni oggetti di vestiario. Bologna da quel momento fu libera, e tale si mostrava in tutta la sua gioia, dopo dieci anni di schiavitù! … Ognuno intanto aveva ornato il cappello ed il petto della coccarda tricolore, e l’universale entusiasmo si manifestava e si propagava come una scintilla elettrica... Fu fatta discendere dalla porta maggiore del palazzo governativo l’insegna pontificia, e vi fu sostituita la bandiera italiana colla croce di Savoja. Grandissimi evviva accompagnarono questo notevole fatto, che indica la decadenza dell’abbominevole dominio della Corte Romana... Scosso alfine il Legato, e convinto del desiderio della città, sapendo già abbassati gli stemmi Pontificii,..., e sapendo d’altronde che le truppe pontificie avevano fatto causa comune coi cittadini, s’apparecchiò alla partenza, e circa alle ore 9 antimeridiane l’effettuava, dirigendosi verso Ferrara.”

Non era stato sparato un solo colpo. La città, per la prima volta dopo secoli, si ritrovò senza un governo. Fu questione di pochi momenti: negli anni immediatamente precedenti la Società Nazionale, associazione politica segreta costituita a livello nazionale dalle forze moderate del paese, aveva previsto tale possibilità, e predisposto i ranghi di un governo provvisorio, i cui componenti, in poche ore, sarebbero stati in grado di occupare i posti assegnati ed assumere le rispettive responsabilità. Così fu. La Giunta provvisoria di Governo bolognese era composta dal marchese Gioacchino Napoleone Pepoli, dal conte Giovanni Malvezzi de’ Medici, dal marchese Luigi Tanari, dal prof. Antonio Montanari e dall'avv. Camillo Casarini. L'ordine in città era affidato al capitano Pietro Inviti, patriota del 1848-1849, e capo della polizia venne nominato Ulisse Bandiera. Come primo provvedimento la Giunta inviò un telegramma a Cavour esprimendo la volontà di sottomettere la città alla dittatura del re Vittorio Emanuele II. Vennero poi aperti gli arruolamenti per la guardia civica e rifondato il giornale ufficiale: la “Gazzetta di Bologna” cessò e nacque il “Monitore di Bologna”.

Il potere temporale dei papi e la dominazione austriaca per Bologna erano ormai parte del passato.

Mirtide Gavelli